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NOUS: la multiforme polifonia dei subalterni nel percorso critico di Luciano Vasapollo

Viviamo un periodo della contemporaneità decisamente triste e privo di passioni forti e coinvolgenti. Sembra, almeno nelle metropoli del civile occidente, essere immersi in una grande fabbrica dell’infelicità.

Certo i desiderata di quanti – qualche decennio fa – favoleggiavano sulla fine della Storia e l’avvento di un mondo liscio (la globalizzazione neo/liberista) sono, miseramente, naufragati ma, nel contempo, non possiamo affermare che si stia compiutamente affermando una definita e netta tendenza verso un rinnovato protagonismo delle classi sociali subalterne a scala globale.

Siamo – molto probabilmente – dentro un complicato travaglio storico e politico che informa e scatena tutti i fattori della competizione globale internazionale tra Imperialismi, blocchi militari ed aree monetarie ma tale dinamica, che allude e prefigura nuovi assetti geopolitici mondiali, è ancora tutta in corso e gli esiti non sono – al momento – chiaramente prevedibili.

Mai come ora possiamo parafrasare la riflessione che Antonio Gramsci elaborò nella durezza delle segrete fasciste quando descriveva il suo tempo come un interludio della storia dove le manifestazioni del Nuovo stentano a palesarsi ed affermarsi sul Vecchio Mondo e i suoi retrivi e decadenti rapporti sociali vigenti.

Nel presentare l’importante lavoro politico/editoriale “Nous – Per la filosofia del divenire storico: dalle necessità all’impossibile. Culture politiche ed economiche per la decolonizzazione dei popoli  – di Luciano Vasapollo, edito da L’Armadillo editore, 2025, mi è sembrato utile richiamare la premessa sopraesposta per collocare la poderosa riflessione di Vasapollo nella materialità culturale, politica ed economica di una fase storica complessa e soprattutto di tipo inedito[1]. Una fase che da Gaza all’Ucraina, dall’America Latina all’Indo/Pacifico entra concretamente nelle nostre dinamiche di vita e scuote….la quiete del Giardino euro/atlantico.

Infatti Nous – ma, sostanzialmente, l’intera produzione teorica, culturale e, persino quella accademica, di Luciano Vasapollo snodatasi, in Italia e sul piano internazionale, per oltre 50 anni – non è mai stata segnata da quell’insopportabile astrazione/evanescenza che caratterizza l’operato di tanti studiosi e di gran parte dell’intellettualità del nostro paese.

Non a caso il filone di ricerca e di elaborazione critica di Vasapollo, fin dal suo esordio, rifugge – oserei dire costitutivamente –  dalla Torre d’Avorio in cui amano rinchiudersi alcuni pensatori e, purtroppo, anche tante e tanti che, almeno formalmente, continuano a collocarsi in ambiti progressisti e/o addirittura alternativi. Il lavoro mentale di Vasapollo, il suo contributo allo studio ed alla diffusione delle varie discipline sociali è sempre stato in sintonia dialettica con il divenire sociale e con le dinamiche del nostro presente. Una caratteristica riscontrabile, quotidianamente, attraverso la frequentazione di Luciano delle aule della Sapienza, in quelle di qualche università del continente Rebelde ma, anche, in un corteo per le strade di Roma nei suoi lunghi anni di militanza e di impegno pubblico.

Un testo rigoroso scientifico, multidisciplinare ma anche seriamente divulgativo.

Il testo in oggetto è, prima di tutto, un lavoro rigoroso in cui ogni aspetto della vasta  trattazione non è lasciato al caso, non risente di opinioni impressionistiche o puramente soggettive ma è – organicamente – collocato nel solco della migliore produzione del marxismo rivoluzionario e delle sue categorie interpretative.

Tale organicità originaria, ripresa e sviluppata oltremodo da Vasapollo, è il tratto saliente del metodo d’indagine e della categorizzazione analitica utilizzate, in primo luogo, da Marx ed Engels perché mostra le interconnessioni esistenti tra le varie discipline affrontate, le reciproche influenze e il loro variegato intrecciarsi nell’ambito del corso generale della crisi e nel divenire, storico ed immediato, del Modo di Produzione Capitalistico.

Scorrendo il testo Nous si nota la certosina attenzione di Vasapollo nell’analisi degli aspetti fondamentali e dell’universo ideologico e materiale su cui fonda l’impianto filosofico che le classi dominanti hanno costruito ed affermato almeno dall’ascesa della borghesia in avanti, si evidenzia la precisione nel comprendere l’andamento della crisi finanziaria, economica e sociale, viene descritta l’evoluzione dei cicli storici del capitalismo e delle sue variegate formazioni sociali. Inoltre viene costantemente monitorata l’analisi dello sviluppo impetuoso (e platealmente parossistico ed antisociale) delle forze produttive fino alla necessità – variamente manifestatesi nelle epopee delle lotte dei subalterni in ogni angolo del mondo – di trovare una positiva soluzione collettiva a questa distruttiva dinamica che attanaglia e mette in discussione il futuro della specie umana tutta.

Insomma Nous non è un opera classificabile in un ordine tematico per quanto rigoroso e ben trattato. Il testo di Luciano Vasapollo è – dichiaratamente – un ricco compendio omnicomprensivo in cui lievitano – sapientemente – richiami alla critica dell’economia politica, importanti concetti di ordine filosofico/logico e persino con incursioni antropologiche fino ad uno sguardo attento a quanto – fuori dal nostro orizzonte teorico fondato sull’Eurocentrismo e sulla centralità della universalistica visione occidentale del mondo – emerge, sul versante dell’innovazione umana, culturale e scientifica negli altri pezzi del pianeta.

Nous, quindi, è un testo multidisciplinare che rompe steccati e cosiddette scuole di pensiero perimetrate, spesso con impianti autoritari e dispotici, nei loro dogmi/certezze, per lo più insediate nelle cittadelle dell’Occidente capitalistico, le quali, a fronte dell’accelerazione oggettiva di tutte le dinamiche in corso a scala globale, mostrano la loro inadeguatezza e la palese sclerotizzazione dei modelli analitici utilizzati e dei loro vetusti approcci alla realtà concreta.

Nous è un testo internazionalista – per davvero – intendendo questa definizione come capacità di farsi intendere e dialogare costruttivamente con culture, storie locali, tradizioni e processi di trasformazione che – frequentemente – si configurano con forme esemplificative, modalità e tempi di disvelamento che sono profondamente diversi dai nostri codici comunicativi impregnati di un occidentalismo di maniera oramai inservibile per comprendere il Nuovo e i poderosi sconvolgimenti in atto. Un profilo internazionalista da intendersi in forma moderna e dinamica oltre ogni utilizzo di tale categoria in maniera ossificata come – purtroppo – è spesso avvenuto. Una deriva, tutt’ora presente anche nel dibattito marxista, la quale – a volte inconsapevolmente – ha reso questa potente funzione propulsiva in una sorta di inservibile icona inoffensiva depotenziandone l’afflato ed il suo portato di rottura e di aspirazione alla trasformazione.

Nous è anche un testo – nonostante la sua corposità – orgogliosamente divulgativo. Frequentemente una accademia spocchiosa ed arrogante disprezza le funzioni pedagogiche le quali – a parere di chi scrive – sono un elemento essenziale verso cui una società che si richiama agli ideali della giustizia sociale e della lotta alle crescenti diseguaglianze dovrebbe investire e sperimentare per migliorare la vita e il complesso, materiale ed immateriale, delle relazioni delle e tra le  persone. Infatti – come rilevano gli stessi indicatori statistici ufficiali – i processi culturali, i moderni sistemi di apprendimento ed alfabetizzazione dei nuovi saperi e il generale concetto di istruzione sono sempre più escludenti, differenzianti e discriminanti verso la fruizione da parte di consistenti settori dei ceti popolari.

Il testo e – di converso – l’intera produzione intellettuale di Vasapollo è – naturalmente – concepito e collocato agli antipodi di tale antistorica, aristocratica e baronale concezione che – in barba a tutte le chiacchiere e le fumisterie sui processi di modernizzazione del sapere – è ancora viva ed agente nelle Università, con esiti nefasti, nei centri di ricerca e nel complesso del nostro sistema formativo e d’istruzione.

Il lavoro teorico di Vasapollo, il suo itinerario di studio e di ricerca collettivo.

Nous – basta scorrere attentamente anche solo il sommario del volume – è un testo rilevatore del background culturale, teorico e politico di Luciano Vasapollo. Questo libro trasuda non solo di riferimenti e richiami ai classici materiali marxisti che costituiscono – senza ombra di dubbio – la base di partenza da cui Luciano ha costruito i caratteri distintivi del suo impegno di studioso – dalla parte del torto – ma anche i caratteri di impostazione di una nuova figura di intellettuale militante partigiano e di parte: quella giusta! Ed è con questa traiettoria di studio, di impegno e di vita vissuta che Vasapollo ha intrapreso un notevole viaggio teorico attraverso un confronto ad ampio raggio che possiamo definire una attività di autentica ibridazione verso approcci e pensieri differenti/diversi ma, comunque, riconducibili alla generale teoria della trasformazione sociale e politica. Insomma alla teoria della Rivoluzione!

Luciano Vasapollo è – prima di tutto – un calabrese, un uomo del Sud che, fin da ragazzo, è dovuto emigrare al Nord. Una condizione che è stata vissuta da milioni di meridionali nel corso dei decenni e che oggi è mutata, probabilmente, nei numeri, nella composizione sociale di chi lascia il Sud ma che permane in forme strutturali come testimoniano le stesse rilevazioni statistiche ufficiali ed istituzionali.

Questa sua origine non è un dato meramente anagrafico o casuale ai fini della propria strutturazione culturale ma – per una persona che decide lucidamente di assumere uno sguardo critico verso il mondo in cui vive e sceglie di impegnarsi per cambiarlo – è una sorta di collocazione, oserei dire immanente, da un punto di osservazione particolare. Un luogo, non esclusivamente fisico, spaziale o meramente geografico, da cui si percepisce come i dispositivi di oppressione, di sfruttamento e di alienazione possono essere introiettati[2], compresi e, magari, combattuti anche attraverso quella che, correttamente, viene definita: contraddizione/questione meridionale.

Una grande tematica la quale affascia non solo il nostro Mezzogiorno e le modalità – di rapina e di spoliazione – con cui si è costruito storicamente lo stato unitario nazionale d’Italia ma che si riproduce, ovviamente in forme molteplici e diversificate, in ogni parte del globo attraverso faglie geo/politiche, linee di sviluppo/sottosviluppo storiche ed antropologiche, soglie di dipendenza neo/coloniale dettate dalle nuove filiere delle catene del valore capitalistico e attraverso l’inverarsi di un rinnovato dualismo Nord/Sud che è tipico, nonché necessario per la dispotica riperpetuazione a tutto tondo, dell’attuale forma e maturità del dominio imperialistico.

Luciano Vasapollo – quindi – da intellettuale militante che conosce la originaria ricerca gramsciana ma anche le successive elaborazioni (e le vere e proprie accentuazioni teoriche, a parere di chi scrive) di Nicola Zitara[3] a proposito di alcuni effetti pratici e dell’ulteriore complessificazione dei meccanismi di rapina del Nord verso il Sud che Antonio Gramsci aveva indicato negli anni ’20 e ‘30 del Novecento – si mette in viaggio per arricchire il suo bagaglio teorico, per confrontarlo con altri apporti teorici e scientifici ma anche per conoscere gli usi, i costumi, le lotte, le aspirazioni e le ragioni politiche e sociali di popoli e paesi oltre l’asfissiante orizzonte eurocentrico che permea le nostre coscienze, i nostri codici comunicativi e i nostri linguaggi/comportamenti.

Nel processo di ulteriore formazione ed arricchimento dello sguardo teorico/interpretativo di Vasapollo è da registrare ed evidenziare – agli inizi degli anni 2000 – l’incontro con un autentico maestro di teoria, un fine conoscitore del pensiero di Karl Marx e delle sue scientifiche innovazioni, il professore Alessandro Mazzone[4].

La frequentazione di Alessandro Mazzone è stata una felice combinazione perché ha contributo al lavoro di chiarificazione scientifica e di ricostruzione teorica di cui è stato un protagonista importante. In particolare le precisazioni e l’approfondimento, offerti da Mazzone, della nozione storica di egemonia e la ripresa della categoria del MPC (Modo di Produzione Capitalistico) hanno aiutato Luciano nella comprensione del mondo moderno, delle nuove frontiere della produzione/riproduzione e delle infinite gamme con cui si configurano, attualmente, le variegate e diversificate modalità dello sfruttamento.

A questo punto – e il libro Nous è pienamente intriso in ogni capitolo di queste suggestioni e di tali significative contaminazioni e successive elaborazioni – si squaderna, per la ricerca teorica di Vasapollo, un oceano da navigare attraverso tappe ideali e materiali che raccontano delle lotte dei popoli contro il vecchio ed il nuovo colonialismo in ogni continente. Un percorso, che Luciano ha compiuto per decenni, subito dopo la stagione politica degli anni Settanta, da cui emergono figure umane e politico/teoriche di grande rilevanza ma – soprattutto – evidenziando, nella materialità dei conflitti sociali per come  variamente si sono declinati e si declinano in queste latitudini, l’allusione e la prefigurazione di una possibile nuova umanità alla ricerca del proprio riscatto collettivo e della propria liberazione.

A questo punto si rappresentano le vicende umane, culturali e politiche di grandi personaggi che hanno accompagnato, arricchito, sostenuto, articolato e – quando hanno ritenuto fosse necessario – criticato i movimenti di lotta anticoloniali, di liberazione nazionale, di riscatto indigeno e di rottura dello strapotere euro/atlantico in Africa, in Asia o in America Latina. Storie e processi di rottura e di liberazione, ancora in corso, che stanno attraversando quella parte dell’umanità ritenuta dalla cultura neo/coloniale ed eurocentrica una sorta di mondo alla rovescia.

Dal patriota cubano José Marti a Fidel Castro, dall’epopea di Ernesto Guevara a quella di Ugo Chavez: grandi protagonisti che  hanno saputo maneggiare la grammatica della rivoluzione e del riscatto sociale nel continente ritenuto il cortile di casa degli Stati Uniti fino all’attuale costante rapporto di amicizia, di cooperazione e di scambio politico e scientifico con i governi progressisti e rivoluzionari e le facoltà universitarie di Cuba, Venezuela e Bolivia. Un percorso complesso compiuto da Luciano sempre con un approccio scientifico ma parimenti curioso di cogliere anche le peculiarità specifiche di eventi, esperienze ed elaborazioni da comprendere nel loro tempo e forma storica e non da assumere come miti estetizzanti e/o esotici e, quindi, inservibili all’obiettivo del cambiamento e del riscatto politico e sociale.

A tale studio ed attività accademica, militante e internazionalista occorre aggiungere ed intrecciare le lezioni e gli insegnamenti di compagni[5] come Hosea Jaffe, Samir Amin, Enrique Dussel che hanno – veramente – arricchito in maniera dialettica e creativa il lungo e complicato cammino delle battaglie anticoloniali, per una vera emancipazione dei Sud del Mondo e contro ogni interpretazione teorica meramente deterministica e dogmatica incapace di cogliere le complesse sfaccettature di specifici contesti continentali.

Aree del mondo e scenari di una diversa/particolare/specifica lotta di classe dove un certo marxismo bianco, astratto e cattedratico si è rivelato inefficace ed ininfluente ai fini dei processi di emancipazione e di liberazione. Una autentica deriva che – inconsapevolmente o meno – ha, ripetutamente, condotto importanti esperienze di riscatto e di avanzamento sociale in un cul de sac programmatico e politico, in America Latina, in Africa e non solo.

Lode, dunque, a questi studiosi, ai movimenti politici e sociali, ai governi progressisti e socialisti che hanno costituito la materia sociale in cui tali personalità si sono potute enucleare ed affermare fornendo un notevole contributo al percorso dei Subalterni nel Sud, per il Sud ma anche per la battaglia internazionalista ed internazionale della futura umanità.

In tale crogiuolo il viaggio eretico ed anomalo di Luciano Vasapollo – di cui il libro Nous è uno scrigno prezioso in cui sono custodite le esperienze politico/pratiche di tale vissuto – è un percorso da conoscere, da studiare e da diffondere. Un lavorio collettivo necessario per assestare un colpo alla devastante comunicazione deviante del capitale che ammorba, narcotizza e depotenzia le nostre coscienze. Uno stimolo per continuare a….forzare l’orizzonte!

[1] Il termine Inedito è da intendersi in maniera seria e in una forma filologicamente netta. Quando si fa riferimento a possibili esiti strutturali e politici di “tipo inedito” magari in relazione a possibili nuovi scenari e condizioni sociali impreviste vogliamo affermare una necessità di un lavoro teorico supplementare.

Gli sconvolgimenti di vario tipo verso cui impatteremo per essere adeguatamente scandagliati ed interpretati, avranno bisogno di un arsenale teorico il quale – pur incardinato alle fondamentali lezioni di Marx ed Engels e sulle migliori esperienze del Movimento Comunista del Novecento – dovrà rinnovarsi, attualizzarsi e dialettizzarsi con le nuove tipologie di contraddizioni derivanti da tali esiti;

[2] Nella ampia letteratura critica del dualismo Nord/Sud si collocano alcuni studi e ricerche che, specie nel Meridione del nostro paese, fanno riferimento alla cultura ed agli sguardi meridiani. Ricercatori importanti come Franco Cassano (1943-2021) o, precedentemente, come Manlio Rossi Doria (1905- 1988) hanno saputo interpretare la storia del Sud Italia e le variegate ricadute in ogni comparto della società con una grande precisione di dati e di riferimenti.

Quando – però – tali analisi incrociavano le dinamiche politiche questi autori accettavano, di fatto, una subordinazione culturale alle dinamiche della governance sacrificando e, praticamente, mortificando anche i risultati del loro impegno di studio e di inchiesta.

L’esperienza – invece – di Luciano Vasapollo, ma potremmo dire anche del compianto Franco Piperno, rappresenta un esempio significativo di una figura di intellettuale/studioso la quale anche nel confronto/scontro con il piano della Politica sceglie di partecipare, in prima persona, ai processi sociali dei ceti subalterni. Ed è in questo legame virtuoso che collocano la loro elaborazione;

[3] Nicola Zitara (1927- 2010) è stato uno storico meridionalista importante. I suoi libri, scritti attraverso l’assunzione di un metodo marxista di indagine sociale e con forti richiami alle lezioni di Antonio Gramsci, hanno bene descritto la configurazione sociale e di classe della società meridionale.

Il suo testo più importante è: “L unità d’Italia. Nascita di una colonia” edito nel 1971 dalla casa editrice Jaca Book il quale può essere annoverato tra i testi classici per comprendere correttamente la moderna Questione Meridionale. Purtroppo Zitara, negli anni della sua maturità, pagò il costo di non essere incardinato ad una tendenza politica di classe e – frequentemente – nella foga di affermare i suoi concetti o per spingere al massimo la vis polemica incappò in una serie di errori di valutazione politica accentuando alcuni elementi analitici che lo fecero debordare da una impostazione classista. Infatti un Suddismo interclassista e reazionario ha frequentemente usato – in mala fede – pezzi del patrimonio teorico di Nicola Zitara contribuendo ad offuscare la sua figura di studioso e di valente meridionalista;

[4] Alessandro Mazzone (1932-2012) per molti anni ha operato come docente di filosofia della storia all’Università di Siena. Per Luciano Vasapollo e per il gruppo originario della Rete dei Comunisti l’incontro con Mazzone è stato utile e proficuo per la ricostruzione di un riqualificato punto di vista della realtà sulla base della teoria marxista. Insieme ad altri studiosi di diversi paesi stava lavorando all’opera omnia Mega 2. Un enorme lavoro di ricerca e sistematizzazione di scritti andati perduti o introvabili che sono un patrimonio enorme del movimento operaio e del movimento comunista internazionale. Vari scritti di Alessandro Mazzone sono riportati dalla rivista Proteo, edita dal CESTES/USB, in alcuni opuscoli tematici della Rete dei Comunisti e in testi editi dalla casa editrice Laboratorio Critico, curata dallo studioso Roberto Fineschi;

[5] Ognuno di questi autori meriterebbe una seria trattazione specifica per indicarne i meriti analitici e scientifici e i loro originali contributi alle lotte di liberazione del Sud del mondo. Purtroppo i tre autori citati sono deceduti da alcuni anni.

Mi limito a ricordare che – per quanto riguarda Hosea Jaffe – sono ancora in catalogo, presso la casa editrice Jaca Book, alcuni testi collettanei di questo autore con la partecipazione anche di Luciano Vasapollo, alcuni suoi interventi sono stati pubblicati dalla rivista Proteo, edita dal CESTES, Centro Studi dell’Unione Sindacale di Base ed altri ancora sono riportati in alcuni opuscoli in cui sono pubblicati gli atti di alcuni Forum della Rete dei Comunisti a cui Hosea aveva partecipato.

Per ciò che attiene Samir Amin occorre riconoscere a questo autore alcune felici intuizioni politiche – particolarmente quelle indicate nel testo “La teoria dello sganciamento” (1987) da cui, in anni più recenti, Luciano Vasapollo e la Rete dei Comunisti hanno attinto per elaborare, all’indomani dell’avvento dell’Austerity nell’Unione Europea e lo strangolamento finanziario del governo greco di Tsipras, la proposta politica dell’ “ALBA Euro/mediterranea”. Una articolata elaborazione che Luciano Vasapollo assieme a Rita Martufi e a Joaquin Arriola hanno precisato nel libro “Il risveglio dei maiali” 2011, edizioni Jaca Book.

Lo studio e il contributo di Enrique Dussel è – invece – fondamentale per criticare le radici e la generale concezione del mondo eurocentrica. E’ stato tra i fondatori del movimento della Filosofia della Liberazione in America Latina con importanti interlocuzioni in Europa. Un impegno che costò a Dussel l’esilio dal Messico, il paese in cui viveva, a causa di attacchi ed attentati da parte di bande paramilitari ed elementi fascisti legati ai servizi segreti statunitensi che avevano aperto una vera e propria caccia all’uomo nei suoi confronti.

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