Da pochi giorni è arrivato nelle librerie il nuovo lavoro editoriale di Giorgio Cremaschi, “Solo il Socialismo ci può salvare” – Mimesis Edizoni che segue il testo, uscito circa due anni fa, “Liberal/Fascismo” sempre per i tipi di Mimesis.
Si conferma, dunque, una attitudine di riflessione e di approfondimento su temi e questioni che Giorgio, nel suo instancabile attivismo militante, incrocia ed impatta, quotidianamente, nelle vertenze, nei cicli di lotta e nel complesso del suo impegno politico a tutto tondo.
Una ricerca ed una discussione che – oggettivamente – riflette l’attuale condizione della lotta di classe (in primis nel nostro paese), i riverberi teorici e culturali che derivano da una prassi (individuale e collettiva) dentro il conflitto e i problematici nessi politico/pratici che, inesorabilmente, né derivano per chi sceglie di collocarsi attivamente dalla parte giusta della Storia.
Una riflessione, oltremodo necessaria – in questo inizio dicembre 2025 – mentre in Palestina e per i popoli mediorientali non c’è nessuna pace e nel momento in cui le classi dominanti europee interpretano la funzione degli apprendisti stregoni interventisti e bellici. Un testo che giunge ai lettori mentre si esplicita l’arroganza del gangster Trump che minaccia il legittimo governo del Venezuela Bolivariano e mentre nel quadrante indo/pacifico vanno addensandosi ulteriori fattori di crisi e di scontro con l’altro grande competitore globale internazionale, la Cina.
Il lavoro di Giorgio, però, arriva in libreria anche dopo una straordinaria fase di mobilitazione che ha, positivamente, segnato questo autunno italiano. Un tornante di lotte e di manifestazioni che ha registrato la presenza attiva di settori sociali che – per la prima volta – hanno scelto la strada del protagonismo collettivo cominciando ad incrinare quella narcotizzante condizione che, in più occasioni, abbiamo definito letargia della classe. Una condizione oggettiva e strutturale la quale è, non una maledizione della sorte, ma un fattore complesso e costitutivo delle vigenti modalità dei fattori di governance del moderno capitalismo.
Ovviamente il raggio di sole di questo autunno non preannuncia – automaticamente – nuove primavere ma ci offre una materia sociale viva da indagare e da inchiestare per cogliere i caratteri nuovi dei processi di politicizzazione delle contraddizioni e le varie conseguenze che si scaricano nelle attuali pieghe della composizione di classe.
In tale contesto il libro di Giorgio può essere un utensile di questo nuovo cimento collettivo a cui dobbiamo concorrere per essere in grado di affrontare le nuove sfide del presente. Un attrezzo utile che aiuta a fare il punto, ad osservare criticamente i processi politici nella loro azione totalizzante e ovviamente – quando si rende necessario – richiamarci ad un uso intelligente e creativo degli strumenti afferenti alla Dialettica (Materialismo Dialettico) per conoscere, disvelare e combattere la complessa realtà che abbiamo di fronte.
In questo libro, quindi, non troverete dotte dissertazioni filologiche o iperbole suggestioni astratte e generaliste ma – sul filo di un metodo materialista ed attraverso un uso rigoroso delle principali categorie del marxismo – Giorgio passa in rassegna momenti topici degli avvenimenti internazionali, fa il punto sull’attuale congiuntura politica che stiamo attraversando, traccia – come è giusto che sia – alcuni forti e corposi elementi programmatici (evidenziando, credo, volutamente, una lettura di classe delle contraddizioni di genere e di quelle derivanti dal parossistico rapporto capitale/natura) che costituiscono – in sé – momenti di rottura e di contrapposizione al modello sociale dominante. Inoltre delinea – di nuovo – la necessità del Socialismo, definendolo con una esemplificazione molto chiara e netta: politicamente attuale.
Il richiamo all’attualità del Socialismo – anche conoscendo la biografia umana e politica di Giorgio – è un obiettivo non millenaristico ma è una autentica idea/forza che viene richiamata a fronte dell’evidente fallimento, storico ed immediato, di tutte le ipotesi che, soprattutto nel cuore delle cittadelle imperialistiche, hanno inteso, nel corso delle variegate esperienze del Novecento ed oltre, sminuire gli elementi di rottura sistemica privilegiando, invece, ricette e soluzioni riformiste (in tutte le salse e le declinazioni possibili).
Il Socialismo a cui rimanda Giorgio non è il socialismo di Zohran Mamdami e dei suoi circoli newyorkesi o quello dei cosiddetti socialisti che siedono al Parlamento Europeo ma è, prima di tutto, un approccio che contiene una concezione/visione del mondo e una teoria/prassi che rifugge da ogni ossificato impianto ideologico/dottrinale dogmatico o puramente affidato al determinismo.
Ed è da questa baricentratura metodologica e politica che – a parere di chi scrive questa recensione – occorre riprendere vigorosamente il filo della ricerca per andare più a fondo nel dibattito sull’attualità del Socialismo e le possibili forme di transizione nel XXI° Secolo.
Il testo di Giorgio, anche per il taglio discorsivo con cui è stato realizzato, si limita a sfiorare questo autentico rompicapo teorico e non approfondisce l’insieme delle questioni attinenti a tale enorme obiettivo dell’umanità lavoratrice. A tale proposito resto convinto che chi come Giorgio e quanti, cocciutamente, rivendicano la necessità di sovvertire gli antisociali rapporti sociali dominanti hanno – se vogliamo rilanciare il tema dell’alternativa di società – un compito non eludibile ossia quello di rinverdire, per davvero, lo studio e il dibattito sulla Rivoluzione in Occidente.
Certo dall’altra parte dell’emisfero diverse esperienze di progresso, di giustizia sociale e di (lenta) trasformazione sociale sperimentano percorsi di sottrazione dal gioco imperialista e neo/colonialista e danno vita a prime forme di sussidiarietà, di cooperazione e di relazioni statuali ed economiche non incardinate ad una filosofia predatoria e soggiogante. E’ un processo lungo, non privo di contraddizioni ma – soprattutto – possibile di fenomeni di reversibilità e di arretramento rispetto all’attuale positivo corso espansivo. Non a caso seguiamo questa dinamica con grande attenzione, con il rispetto che merita e ci mobiliteremo – alla bisogna – ogni volta che la bestia imperialista tenderà di schiacciare questa interessante dinamica storica e sociale.
Chi, però, come noi, che viviamo ed agiamo in un paese capitalisticamente maturo, collocato in un area geo/politica con caratteristiche imperialistiche, se intende riattualizzare e riqualificare la lotta per il Socialismo deve, necessariamente, problematizzare la discussione e provare ad assumere un atteggiamento teorico/politico meno impressionistico.
In tal direzione potrebbero aiutarci le riflessioni elaborate da Antonio Gramsci dopo il rinculo del Biennio Rosso, l’avvento del fascismo e la sconfitta della rivoluzione in Germania, in Ungheria ed anche in Italia. Riflessioni e ricerca di nuovi itinerari per la trasformazione riscontrabili in Americanismo e Fordismo (dove Antonio studia e commenta la potente Rivoluzione del Capitale) oppure nell’elaborazione della categoria del Blocco Storico (una attualissima elaborazione attorno al tema e alle caratteristiche del soggetto e della indispensabile forza necessaria per la trasformazione).
Rilanciare una ricerca a ridosso di tali snodi in una società complessa, articolata, profondamente antisociale e che ancora sopravvive anche in virtù dei sovra/profitti derivanti dai dispositivi di spoliazione imperialista verso i Sud del Mondo, deve tenere in grande considerazione la dinamica struttura/sovrastruttura che regge non solo la sfera del dominio economico ma anche quella della generale egemonia culturale e ideologica della borghesia.
Ed è su questo, particolare, aspetto che mi piace richiamare il G. Lukacs di “Storia e Coscienza di Classe” dove il compagno ungherese si concentra sul concetto di egemonia del capitale e sulle categorie filosofiche, ma anche spietatamente materiali, della reificazione e dell’alienazione. Ragionamenti che Lukacs sviluppa delle riflessioni del giovane Marx, in polemica con un certo hegelismo, ma, soprattutto, le sottolinea ed argomenta ulteriormente come specchio e riflesso attuale della ferocia delle forme contemporanee del comando capitalistico in tutte le pieghe, materiali ed immateriali, delle nostre società.
Ho citato questi due rimandi a Gramsci ed a Lukacs per segnalare l’arduo compito che ci tocca affrontare quando vogliamo rilanciare l’orizzonte del Socialismo e non nascondo la nostra inadeguatezza circa una comprensione vera e le conseguenti difficoltà che né scaturiscono ad organizzare una lotta contro le nuove soglie della maturità del capitale (a cominciare dall’incredibile sviluppo dell’Intelligenza Artificiale e il suo uso dispotico ed antisociale a tutto campo).
Insomma il libro di Giorgio Cremaschi è un salutare sasso scagliato nelle acque stagnati del dibattito maistream e di quello di una sinistra sempre più compatibilizzata ed integrata con il capitale. Giorgio ha prodotto un manufatto che definisco salutare e politicamente utile in questo particolare periodo. Una traccia di lavoro da sostenere, generalizzare ed ulteriormente arricchire con il massimo della nostra intelligenza e passione collettiva.
Acquistate il libro e buona lettura!
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