Gli abitanti dell’Unione Europea sono oltre 300milioni, 30mila migranti che giungono all’improvviso dall’Africa costituiscono lo 0,01 percento della popolazione europea. Che i principali governi europei e la Commissione dicano all’Italia ributtateli a mare perché non c’è posto è qualcosa di più di una vergogna sociale e morale, è la dimostrazione che l’Europa ha finito di esistere.
Non serviranno allora le battute di sapore razzista con cui il segretario del Partito democratico accusa il governo di voler uscire dall’Unione europea per entrare nell’Unione africana. Questo modo di parlare è un altro segno della crisi culturale e politica del Pd.
Il 9 aprile scorso una grandissima manifestazione di lavoratori convocata dalla tentennante confederazione europea dei sindacati, si è svolta a Budapest. In quella grande manifestazione rappresentanti del mondo del lavoro di tutto il continente hanno messo sotto accusa tutta la politica dell’Unione europea.
Quella politica che ha portato al massacro sociale della Grecia nel nome della stabilità dei conti delle banche tedesche, e che preannuncia analoga cura per l’Irlanda, il Portogallo, la Spagna e, domani, per l’Italia. Il nuovo patto di stabilità sottoscritto recentemente nel silenzio della politica italiana, ha stabilito una cura da strozzini per la riduzione del debito pubblico. L’Italia, se dovesse adottare davvero, a partire dal 2012, quelle misure di rientro dal debito, si troverebbe costretta a tagli sociali e civili di una dimensione mai vista e protratti nel tempo. Il che, con la follia in arrivo del federalismo, porterebbe alla frantumazione sociale, civile e forse anche politica del Paese.
Questa Europa pretende che tutti lavorino fino a 67 anni, ma non ha preso nessuna misura per tutelare l’occupazione e anzi ha sposato totalmente le più bieche ricette liberiste. Questa Europa auspica la distruzione dei contratti nazionali e il legame d’acciaio del salario con la produttività.
Questa Europa ha salvato le banche, ma vuole la concorrenza selvaggia fra i lavoratori per il posto di lavoro ed esige la privatizzazione di ciò che resta dei sistemi sociali. Questa Europa non è stata in grado di affrontare, come invece era stato fatto nel passato, con un disegno comune crisi industriali come quella dell’auto. Si è così dato il via libera alla concorrenza selvaggia tra le multinazionali, alle delocalizzazioni, alle politiche di potenza degli Stati più forti, prima di tutto la Germania. Questa Europa non esiste più da tempo con un disegno civile e sociale unitario: è diventata solo un’area di esercizio delle più stupide ricette del libero mercato. Con la crisi economica mondiale tutto questo si è accentuato e si è rafforzato il disegno dei poteri economici di far pagare tutta la crisi ai lavoratori e ai cittadini europei.
Così, mentre alimenta burocrazia e retorica, l’Europa si piega agli aspetti più brutali della globalizzazione e mette in discussione proprio i suoi beni e le sue conquiste più importanti, lo stato sociale, il diritto del lavoro e i contratti nazionali, i diritti civili e l’accoglienza. Questa Europa ha paura di 30mila migranti che vengono da quell’Africa che ha colonizzato e depredato per secoli perché ha paura di sé stessa, della propria democrazia, dei propri diritti. Per questo non serve a niente contrapporre al leghismo la vuota retorica europeista, così come a nulla serve l’improvviso riutilizzo della retorica risorgimentale. Non si afferma la solidarietà con l’ipocrisia. Bisogna invece riconoscere la crisi sociale politica e morale di questa Europa che ci chiede di buttare a mare i tunisini. Questa Europa fa schifo. Noi dobbiamo solo pensare a come metterla in discussione dal lato della democrazia e dei diritti sociali e civili. Altrimenti l’edificio europeo crollerà dal lato dell’egoismo e della barbarie per colpa della meschinità e delle politiche antisociali dei governi e delle classi dirigenti.
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