Il presidente Obama, nel discorso sul Medio Oriente e Nordafrica, annuncia un grande piano economico di «sostegno alla democrazia», a partire da Egitto e Tunisia. Su richiesta di Washington, la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale presenteranno, al summit G-8 del 26-27 maggio in Francia, un piano per «stabilizzare e modernizzare le economie egiziana e tunisina». Gli Stati uniti, dice Obama, non vogliono che un Egitto democratico sia appesantito dal debito del passato: rilevano quindi 1 miliardo di dollari del debito estero egiziano. Non dice però che, se l’Egitto si è indebitato per oltre 30 miliardi di dollari pur essendo un grosso esportatore di petrolio e gas naturale e anche di prodotti finiti, ciò è dovuto al fatto che la sua economia è dominata dalle multinazionali statunitensi ed europee, cui Mubarak aveva spalancato le porte. Tale dominio si rafforzerà, poiché la quota del debito egiziano rilevata da Washington permetterà alle multinazionali statunitensi di ottenere quote di aziende e concessioni petrolifere per un valore di un miliardo di dollari, senza sborsare un dollaro. Sempre per «rafforzare la crescita e l’imprenditorialità» in Egitto, gli Usa garantiranno anche un prestito di 1 miliardo di dollari, stringendo così ancora di più il cappio del debito. Scopi analoghi persegue Washington in Tunisia.
Crollati i regimi di Mubarak e Ben Ali, Washington tenta così di creare una nuova base sociale che garantisca i suoi interessi in Egitto e Tunisia. Che saranno il laboratorio in cui si metterà a punto il piano, che prevede lo stanziamento di 2 miliardi di dollari per «sostenere gli investimenti privati nella regione» e lanciare una «iniziativa complessiva di partnership di commercio e investimenti in Medio Oriente e Nordafrica». Al piano, dice Obama, partecipa la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, pronta a «fornire alla transizione democratica e alla modernizzazione economica in Medio Oriente e Nord Africa lo stesso appoggio dato per l’Europa dell’est». Infine Obama annuncia che «aiuteremo i nuovi governi democratici a recuperare i beni rubati». Un riferimento anche ai fondi sovrani libici – oltre 150 miliardi di dollari – «congelati» soprattutto da Stati uniti, Gran Bretagna e Francia. Quando saranno «scongelati», saranno trasformati in «fondi d’impresa» per impadronirsi dell’economia libica.
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