Con l’approvazione della legge regionale definita “piano casa”, si darà il via libera nel Lazio a una colata di cemento pari a 50 milioni di mc; si perderanno 1.500 ettari di parchi, 500 ettari di aree agricole, oltre 3.000 ettari di aree attualmente destinate a verde e servizi. Si danneggeranno le aree pregiate del territorio, le città storiche, le attività agricole. Si autorizzeranno 6000 condoni. Sarà possibile costruire nei parchi e in aree con vincolo paesistico. Il tutto senza prevedere aree per nuovi servizi pubblici, ma riducendone la dotazione che a Roma passerebbe da 18 mq per abitante, previsti per legge, ai 10 mq per abitante. Ci troviamo davanti alla solita indiscriminata politica di sostegno all’economia del mattone che favorisce i rapaci poteri forti della finanza e dei costruttori, a discapito del patrimonio culturale, dal paesaggio ai centri storici. Altro che piano casa per l’emergenza abitativa. Non si prevede alcun intervento per la costruzione di nuovi alloggi popolari o a canone concordato, non porterà nulla alle 60.000 famiglie iscritte alle graduatorie dei Comuni del Lazio e alle 3000 famiglie che ogni anno subiscono lo sfratto (80% per morosità) spesso con l’uso della forza pubblica. Con le scandalose deroghe a tutti i vincoli paesaggistici, il Piano se applicato, devasterà le aree verdi con vincolo paesistico a tutela integrale, portando pesanti cementificazioni all’interno dei parchi e delle riserve naturali. Inoltre, si applicherà non solo alle opere già realizzate, ma anche a quelle in fase di realizzazione, consentendo di modificare il progetto in corso d’opera aumentando ogni unità abitativa di 70 mq. Facendo due conti, dato che a Roma e provincia sono in costruzione duemila unità, si avrà un aumento totale di 140 mila mq di costruzioni, con una plusvalenza di 280 milioni di euro, che finiranno nelle tasche dei costruttori. Nelle aree di grande pregio storico-architettonico come Coppedè, Garbatella, Monteverde, Prati, si potranno ampliare e modificare edifici alterando e snaturando il progetto originale architettonico. Nel piano è anche prevista la demolizione e ricostruzione di casali costruiti dopo il 1930. Questo vuol dire che edifici storici saranno sostituiti da case ben più grandi, con il 35% di cubatura in più. Il nuovo Piano casa consentirà la cementificazione delle aree agricole attraverso l’ampliamento e la modifica di ville e seconde case che nulla hanno a che vedere con la normale attività agricola. Per quanto riguarda la periferia, si prevede la realizzazione di nuovi quartieri senza variante urbanistica con cambio da “non residenziale” a “residenziale” fino a 90mila mq per 550 abitanti senza urbanizzazione secondaria (scuole, parchi, servizi). Stessa modifica per le aree libere non edificate, con rilascio del permesso di costruire fino ad un massimo di 80mila mc. La cementificazione prevista è come un “fiume in piena”. Si prevede la costruzione di decine di porti turistici per un milione di mc nelle zone a tutela integrale. Un caso su tutti: il Porto di Tarquinia sul fiume Paglia in un’area a forte rischio idrogeologico che è esondato più volte. Inoltre, si mette in atto una vera e propria disarticolazione del litorale tirrenico: gli edifici situati nelle fasce di rispetto della costa saranno spostati in aree attigue con altissimi premi di cubatura. Ad esempio, da 50.000 mc esistenti si passerà a 125.000 mc. Stessa aggressione per la montagna, con la previsione dell’abbattimento di oltre 10.000 faggi secolari in area a tutela integrale SIC (sito di importanza comunitaria) del Monte Terminillo. Questo piano continua con la regolarizzazione degli impianti sportivi realizzati per i Mondiali di nuoto anche se realizzati in aree protette, riapre il condono edilizio nelle Zone di Protezione Speciale (Aree protette d’interesse comunitario) con migliaia di domande di condono ripescate in aree di grande pregio ambientale. Il Piano Casa è stato definito come incostituzionale dal ministro dei Beni Culturali, Giancarlo Galan. La tutela ambientale essendo materia statale, le Regioni possono soltanto aumentare le tutele e non il contrario. Quindi, ancor prima della raccolta di firme per il referendum abrogativo, si dovrà fare ricorso alla Corte Costituzionale e contestualmente all’Unione Europea. Questa legge si delinea come un piano senza regole, un “sacco regionale”, che devasterà Roma e tutto il territorio laziale. Tutte le comunità e le amministrazioni locali sono chiamate a resistere e a lottare con il fine di contrastare un provvedimento dagli effetti catastrofici per la qualità della vita dei cittadini e per l’ambiente.
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