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Fornero e pari opportunità. Persa una nuova occasione per tacere

La ministra Fornero si è improvvisamente ricordata di essere anche titolare delle pari opportunità e, con il solito piglio professorale, ci ha illuminate/i  sul fatto che tale delega “non riguarda solo uomini e donne” ma abbraccia un concetto più ampio che si estende alla “parità di trattamento tra lavoratori privati e pubblici”.  Nel linguaggio del governo tecnico questo significa che, dopo aver ottenuto libertà di licenziamento per i lavoratori e le lavoratrici del privato attraverso l’abolizione di fatto dell’art. 18, stessa libertà di licenziamento deve valere anche per i lavoratori e le lavoratrici del pubblico impiego.

Che l’appartenenza al genere non sia di per se’ garanzia dello sviluppo di una coscienza critica a riguardo è cosa alla quale le donne presenti nella politica di palazzo (e anche nel sindacato) ci hanno da tempo abituate/i,  ma con queste dichiarazioni  la Fornero si distingue non solo per digiuno di cultura e lessico di genere ma anche per l’espressione di una “paccata” di stronzate.

Scorrendo tutta la corposa normativa europea sulle pari opportunità – concetto che richiede sempre un’adeguata attitudine critica – per quanto esso si sia nel tempo dilatato dall’originaria questione  di genere non è mai andato oltre le discriminazioni religiose e convinzioni personali, razza e origine etnica, disabilità, età, orientamento sessuale.
Senza contare che tutta la normativa di riferimento ruota intorno ad un concetto di azione positiva, vale a dire che la discriminazione – qualunque essa sia – va rimossa nella direzione di un trattamento di “miglior favore” si tratti di salario o di elevare i livelli di occupazione delle donne.
Esattamente il contrario della filosofia invocata dalla signora professoressa.

Ma la strumentalizzazione che la ministra fa della concezione delle pari opportunità è inaccettabile e provocatoria in un Paese nel quale il 53% delle donne è inoccupata; dove nonostante la maggiore scolarizzazione le donne svolgono lavori meno qualificati e a parità di lavoro percepiscono in media il 20% in meno di salario; dove quasi un milione di donne sono state costrette alle dimissioni in bianco per la maternità; nel quale  tra coloro i quali percepiscono una pensione  inferiore ai 500 euro il 61% sono donne, percentuale che sale al 91% per le pensioni sotto i 1000 euro; senza contare tutte quelle donne che una pensione non la vedranno mai a causa dell’innalzamento dell’età pensionabile e di tutte quelle giovani sottoposte ad ogni sorta di “flessibilità in entrata”.

I licenziamenti nel Pubblico Impiego, invocati con furore ideologico dalla Fornero, colpiscono in gran parte le donne con punte dell’80% nella scuola e del 60% in sanità; sono donne la maggior parte delle lavoratrici  dei nidi e delle scuole dell’infanzia in via di privatizzazione; appartengono alle donne il maggior numero di contratti precari e part time della Pubblica Amministrazione.
Del resto solo licenziandole e ricacciandole in casa  si può pensare di sopperire alla carenza di servizi sociali e allo smantellamento del welfare di questo Paese.

Non paga di banalità e malafede la ministra ha invocato anche parità di trattamento tra “lavoratori immigrati e nativi” e a ben vedere non ha torto visto che all’espulsione dal mondo del lavoro delle donne “native” seguirà quella delle donne immigrate che nelle nostre case svolgono quel faticosissimo e non riconosciuto lavoro di cura dal quale noi ci siamo negli anni e a fatica parzialmente affrancate.

L’espulsione delle donne dal mondo del lavoro le riporta tra quelle mura domestiche all’interno delle quali solo nei primi 5 mesi di quest’anno ne sono state uccise 60 per mano di uomini a vario titolo parenti.
La violenza sulle donne in questo Paese non solo tende ad aumentare progressivamente ma cresce in maniera direttamente proporzionale all’acutizzarsi della crisi e alla perdita di posti di lavoro e, se il percorso di uscita dalle violenze domestiche è già di per se fitto di ostacoli e rischi, l’assenza di indipendenza economica lo rende definitivamente impraticabile.

Vista da un’ottica di genere la valenza della controriforma del lavoro disegnata dalla ministra assume, se possibile, una portata ben più ampia dello smantellamento dei diritti e delle conquiste dei lavoratori e delle lavoratrici di questo Paese ridisegnando ruoli, relazioni e diritti di cittadinanza.

Di fronte all’inutilità dell’ex ministra delle pari opportunità Carfagna ne avevamo invocato le dimissioni, per  l’orrore e il disprezzo che si prova per le dichiarazioni della Fornero e per la visione del mondo che sottendono, c’è un solo grido: cacciamola!

* Unione Sindacale di Base

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