L’attivista controrivoluzionaria Yoani Sanchez, osannata come tanti altri “eroi solitari” e sostenuta ampiamente dai governi degli Stati Uniti, è stata contestata durante un incontro al festival di giornalismo di Perugia. Gli attivisti solidali con Cuba le hanno rimproverato il suo ruolo, le sue strettissime e documentate relazioni con le amministrazioni Usa, il silenzio e l’assenso sulla prigionia di cinque cubani nelle carceri statunitensi. Quella della contestazione diretta non era una scelta imprevedibile, tutt’altro.
Irrompere su una coreografia apparecchiata per celebrare eroi ed eroine ampiamente funzionali e promossi dagli apparati ideologici degli USA, ha significato in questa come in altre occasioni, sparecchiare un po’ il tavolo, porre con forza questioni che suscitano domande e risposte piuttosto che consenso e passività pubblica.
Gli attivisti di Militant, Rete dei Comunisti, Nuestra America che si sono assunti la responsabilità di organizzare una contestazione pubblica e diretta a Yoani Sanchez, hanno scelto la strada che hanno ritenuto e che, almeno fino ad oggi, si è rivelata più efficace di altre per contrastare una melassa mediatica e politica che avvolge con molta destrezza interessi, messaggi e obiettivi molto più confacenti alla politica estera statunitense.
In fondo abbiamo imparato che si può mandare i bombardieri in nome dei diritti umani o destabilizzare e poi invadere interi paesi “esportando la democrazia”. Il problema non è se farlo ma come farlo e in questo gli apparati statunitensi sono stati efficacissimi fino a qualche anno fa.
Non è la prima volta che attivisti solidali con Cuba scelgono la strada dell’azione e della contestazione pubblica contro gli esponenti controrivoluzionari cubani in visita in Italia. Lo hanno fatto spesso con creatività, passione ed efficacia.
Altri (associazioni o personalità pure impegnate con Cuba) hanno sempre scelto strade molto meno dirette puntando sullo scarso rilievo mediatico intorno agli attivisti controrivoluzionari e ai loro sostenitori in Italia. I fatti hanno dimostrato che i primi hanno fino ad oggi avuto ragione e i secondi torto. I contras e gli apparati statunitensi non sono come la Fata Morgana, contro la quale è sufficiente che Merlino volti le spalle per metterla in difficoltà. Al contrario, creare una polarizzazione di punti di vista, di elementi di denuncia, di informazioni divaricanti e portarli alla luce con una forte azione di contestazione pubblica, si è rivelato assai più efficace perché incalza l’avversario su ogni terreno e non gli consente nessuna zona sicura se non quelle blindate dal sistema mediatico.
Sorprende e colpisce negativamente che un mediattivista noto come Gennaro Carotenuto, assai impegnato sull’America Latina, si sia scagliato contro quella che ha definito – assai impropriamente – una “gazzarra contro Yoani Sanchez”. Sorprende anche che la sua proposta alternativa ad una iniziativa di contestazione pubblica consistesse in “un seminario su Chavez… condotto da lui”. Una iniziativa di cui non discuto la competenza del relatore (anche se qualche dubbio emerge prepotentemente), che poteva svolgersi due giorni prima o due giorni prima l’incontro di Perugia con Yoani Sanchez e che, per onestà, occorre ammettere di non aver quella consistenza tale da poter rappresentare un valido appuntamento alternativo al meeting con la Sanchez organizzato dalla direzione del quotidiano della Fiat “La Stampa”. Tant’è che anche le realtà associative e solidali di Perugia non lo hanno ritenuto tale.
Sorprende anche e colpisce altrettanto negativamente che alcuni circoli dell’Associazione Italia-Cuba abbiano sentito l’esigenza di dissociarsi dalla contestazione a Yoani Sanchez di cui nessuno li aveva accusati. Chi ha contestato Yoani Sanchez ci ha messo la faccia e la firma. Un solo rimpianto: non poter essere stato insieme ai compagni e alle compagne che hanno sparecchiato il tavolo apparecchiato per Yoani Sanchez a Perugia. Meritano il nostro sostegno, non dissociazioni che non fanno chiarezza né regalano dignità ai loro autori.
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