Nell’attuale lessico della disinformazione deviante del capitale accostare un argomento alla figura di Stalin è il massimo dell’offesa possibile e dell’esposizione alla gogna mediatica.
Questa volta, sotto la mannaia dei nipotini di Joseph Goebbels che siedono nella redazione de “la lettura” il sobrio settimanale culturale, in allegato domenicale con il Corriere della Sera, è finito, in un trafiletto firmato da tale Antonio Carioti, il professor Ugo Mattei pacato costituzionalista noto ai più come uno degli estensori dei quesiti referendari che chiedevano il ripristino del principio della proprietà pubblica sull’acqua.
A detta degli eccellenti allievi dello stratega della propaganda nazista il professor Mattei si sarebbe macchiato di lesa maestà verso la superiorità naturale della democrazia occidentale per aver espresso – nel suo testo appena pubblicato “Contro riforme” – alcuni giudizi lusinghieri verso la struttura giuridica della Russia post Ottobre la quale sarebbe stata in grado di reggere agli effetti deflagranti della crisi economica globale del 1929.
Inoltre – e qui il livore anticomunista di costoro ha toccato l’apice dell’odio possibile – il professor Mattei avrebbe definito Lenin, tra l’altro, un ottimo giurista.
Di fronte a tali affermazioni le vestali del “Corriere/la lettura” sono esplose di rabbia ed hanno invocato la censura preventiva del testo del professor Mattei chiedendo esplicitamente alla casa editrice Einaudi che ha pubblicato il suo testo come mai sia stato possibile editare un simile libro nel 2013.
Questo è quanto ci è dato di apprendere dalla lettura di simile fogliaccio.
Ci chiediamo, quindi, fino a quando tollereremo questi rigurgiti da Inquisizione i quali – dentro il palesarsi della crisi e dei suoi diversificati effetti nella società – stanno affermandosi ad ampio raggio facendo emergere la necessità di una battaglia culturale e politica a tutto campo in difesa della democrazia, della ricerca e del complesso degli spazi di lotta e di organizzazione sociali.
Ciò che è certo, però, è che da Via Solferino spareranno a palle incatenate contro questo anelito di libertà, di verità e di giustizia sociale riconfermando la loro funzione storica ed immediata ossia quella di supini esegeti del pensiero unico del capitale.
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Mario Cipollini
Vi segnalo due testi ‘essenziali’ che ha dato alle stampe Antonio Carioti da (purtroppo) Reggio Emilia:
“Gli orfani di Salo. Il ‘sessantotto nero’ dei giovani neofascisti nel dopoguerra, 1945-1951″ e, il secondo ‘indispensabile’ reca come titolo: ” I ragazzi della fiamma. I giovani neofascisti e il progetto della grande destra, 1952-1958″.
Anche da/per questo si capisce perché tema Josif Dzugasvili Vissarionovic.