Grazie alla copertura aerea garantita dai bombardieri e dagli elicotteri russi le truppe di terra di Damasco – affiancate da Hezbollah, dalle milizie volontarie siriane e da quelle iraniane – hanno iniziato nelle ultime ore una operazione di terra volta a riconquistare alcuni dei territori sotto il controllo delle milizie jihadiste. In particolare l’offensiva è diretta a sbaragliare le forze ribelli nella pianura di Ghab, nella parte occidentale del paese martoriato dalla sanguinosa guerra civile, e a rompere l’assedio alla zona di Latakia, roccaforte lealista costiera. Nella regione dalla fine di luglio si è imposta una coalizione di gruppi jihadisti e islamisti denominata Jaish al Fatah (Esercito della Conquista) egemonizzata dal Fronte al- Nusra, la sezione locale di Al Qaeda.
Per impedire un contrattacco da parte delle formazioni islamiste le corazzate russe nel Mar Caspio starebbero continuando a martellare le zone controllate dalle milizie con i missili terra-terra. I missili russi lanciati dal Mar Caspio avrebbero, afferma l’agenzia governativa siriana Sana, colpito vari obiettivi nelle province di Raqqa – roccaforte dello Stato Islamico – ma anche di Aleppo e Idlib. I comandi di Damasco affermano che gli attacchi della propria aviazione in Siria hanno in pochi giorni messo ko “le capacità militari dell’Is e di altre organizzazioni terroristiche”.
In una settimana, i 112 raid realizzati dall’aviazione russa si sono concentrati sul nordovest e sul centro del paese, con l’obiettivo di sbaragliare le milizie ribelli ed obbligarle ad allentare la morsa su Damasco e sulla Costa, le uniche aree ancora saldamente in mano al governo. Ma i bombardamenti russi hanno preso di mira anche la regione orientale di Deir Ezzor, al confine con l’Iraq, per spezzare la continuità territoriale delle aree controllate da Daesh in Siria e in Iraq tagliando così i rifornimenti ai jihadisti che minacciano Baghdad e la regione autonoma curda.
Mentre i paesi occidentali e la Turchia accusano Mosca di bombardare quasi esclusivamente le postazioni dei vari gruppi di opposizione al regime di Assad invece di quelle dell’Isis (sorvolando sul fatto che tanto al Qaeda quanto altre formazioni sono altrettanto fondamentaliste ed estremiste) una organizzazione non governativa statunitense, Physician for Human Rights (Phr), accusa i russi di aver colpito tre strutture sanitarie nel nord –est della Siria. Secondo il quotidiano The Indipendent i raid aerei del 2 ottobre avrebbero colpito l’ospedale da campo di Latamneh nel nord della provincia di Hama, e poi quella di Benin, nelle campagne di Idlib. Il giorno dopo sarebbe stata la volta dell’ospedale di al-Burnas a nord di Latakia. In tutti i casi ci sarebbero stati alcuni feriti ma nessuna vittima.
Contro la Russia continuano a scagliarsi gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Turchia e l’Alleanza Atlantica nel suo complesso, che oggi tiene il suo consiglio proprio per valutare la situazione in Medio Oriente dopo un intervento russo che ha completamente cambiato lo scenario mettendo in seria difficoltà Washington e Ankara. Secondo la Nato la Siria avrebbe bisogno di una soluzione politica del conflitto e di una transizione che possa permettere di formare un nuovo governo che includa tutte le parti in causa, processo che l’escalation di Mosca nell’area starebbe compromettendo. Il segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, a margine della ministeriale Difesa della coalizione militare occidentale, ha invece “chiesto” alla Russia di «svolgere un ruolo costruttivo e cooperativo nella lotta contro lo Stato islamico e a non sostenere il regime di Assad. Perché sostenere il regime non è un contributo costruttivo a una soluzione politica pacifica e duratura in Siria». Per il Paese, dilaniato da quattro anni di guerra, «c’è un rinnovato bisogno di iniziative per trovare una soluzione politica alla crisi. Nel lungo termine non esiste una soluzione militare e per questo bisogna mettere fine agli scontri con una soluzione politica, una transizione. E la mia preoccupazione è che i russi non prendano principalmente di mira l’Is ma altri gruppi di opposizione, sostenendo in questo modo il regime».
Da parte sua, ha minacciato Stoltenberg, la Nato “è in grado e pronta a difendere tutti gli alleati, compresa la Turchia, contro ogni minaccia», riferendosi alle violazioni dello spazio aereo di Ankara da parte di alcuni caccia di Mosca negli ultimi giorni. Stoltenberg ha avvisato: «stiamo costantemente valutando la situazione anche con il governo turco, ho incontrato il ministro degli Esteri turco solo un paio di giorni fa e continueremo a stare in stretto contatto, per valutare se c’è bisogno di qualcosa in più».
Nei giorni scorsi l’amministrazione Obama aveva addirittura affermato di essere in procinto di approntare una difesa militare delle milizie che operano in Siria sotto la regia di Washington e che sono finite sotto il fuoco dei Sukhoi russi.
Fonti del Pentagono avevano riferito al New York Times che Obama aveva ordinato di armare delle milizie addestrate da Washington – che dovrebbero ammontare a circa 5000 effettivi ma che in realtà non superano le poche centinaia di membri – e di intensificare i bombardamenti contro le postazioni dello Stato Islamico a partire dalla base turca di Incirlik. Ma poi l’argomento è stato lasciato cadere e non sembra che gli ordini di Obama siano stati ancora eseguiti…
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