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Ricordo Carlo Giuliani: Genova per noi!

* Rete dei Comunisti

Sulle inaudite violenze poliziesche di quelle giornate sono state prodotte inchieste, film, rappresentazioni teatrali e sono stati scritti libri e controinchieste che, puntualmente, hanno smontato e demistificato la narrazione dominante di quel sussulto di lotta che percorse Genova e, nel periodo precedente, le principali città dell’occidente capitalistico.

Da Seattle, nel cuore del capitalismo statunitense, nel dicembre del 1999, partì un input che innescò un meccanismo sociale di generale contestazione all’iniziale palesarsi dei primi effetti di ciò che, allora, definivamo la compiuta globalizzazione capitalistica dei mercati e dei capitali.

In molte latitudini del pianeta si accesero focolai di protesta che – seppur con modalità e schemi di esemplificazione differenti tra loro – ribadivano la crescente contraddizione tra lo sviluppo violento ed antisociale delle forze produttive e la non possibile ulteriore compressione delle esigenze di vita, di ritrovata dignità e di emancipazione della stragrande maggioranza dell’umanità.

Da qui lo slogan, l’idea/forza e l’allusione della parola d’ordine: un altro mondo è possibile!

A Genova, in quelle giornate di contestazione al summit dei grandi – il G/8 dei paesi più industrializzati del mondo – convennero diverse centinaia di migliaia di persone che provarono ad assediare la zona rosa, ossia la parte di città blindata e trasformata in fortilizio inespugnabile, per esprimere il loro dissenso verso misure economiche, provvedimenti strutturali ed una idea del mondo che provocava, e continua provocare, crescente sofferenza sociale, grandi disuguaglianze e una generale svalorizzazione della forza lavoro e delle forme di vita umane.

Negli scontri che si accesero – particolarmente il 20 ed il 21 Luglio – Carlo Giuliani cadde colpito dalle pallottole sparate da un carabiniere, tanti compagni furono feriti, centinaia di persone furono fermate, torturate (..la vicenda della Scuola Diaz, di Bolzaneto, dei tanti buchi neri della cosiddetta democrazia…) da una gestione dell’ordine pubblico che assunse i caratteri della aperta repressione militare.

Infatti per le strade genovesi il governo Berlusconi di allora, che aveva sostituito da poche settimane quello D’Alema (che pure alcuni mesi prima, nel Marzo 2001, aveva mostrato a Napoli, il suo pugno di ferro), coadiuvato da un pool di tecnici e di teste d’uovo afferenti alle polizie ed ai servizi segreti dei paesi della N.A.T.O. dispiegò un dispositivo bellico, dai caratteri inediti, che produsse un impatto durissimo e privo di qualsivoglia mediazione contro l’insieme dei manifestanti.

L’utilizzo dei reparti speciali dei Carabinieri – quelli impiegati nelle missioni di guerra in Bosnia e in Somalia – l’esautoramento e la sospensione di tutte le ordinarie procedure d’ingaggio, la sperimentazione di nuovi strumenti di repressione (dal gas CS dei lacrimogeni ai manganelli Tonfa) e l’uso di luoghi inaccessibili dove trattenere e violentare i fermati furono le tappe concrete di una sorta di stato di eccezione giuridico e normativo che rese possibile lo scatenamento di quell’enorme carico di violenza che si abbatté contro i manifestanti.

Da quelle giornate è trascorso molto tempo e, oggi, sembra vivere in un’altra epoca.

Il movimento No/Global, nonostante le sue enormi potenzialità, in Italia come altrove, non riuscì a reggere alla nuova dimensione politica, a scala internazionale, che si affermò subito dopo le giornate genovesi.

L’11 Settembre (sempre del 2001), l’avvio della fase della Guerra Globale Permanente, l’aggressione all’Irak ed alla masse arabe islamiche, il configurarsi delle forme politiche e pratiche della competizione globale interimperialistica sedimentarono una nuova fase politica che scompaginò e disorientò le fila del movimento No/Global.

In Italia, poi, a tutto ciò, si aggiunse, il meglio definirsi e l’aperto esplicitarsi di un catastrofico corso politico teorico e pratico di una sinistra che immaginò (a partire da Bertinotti, da Revelli, dai guru de ”il Manifesto” e da alcune suggestioni di Toni Negri) di poter permeare e/o condizionare le istituzioni ed il centrosinistra dei D’Alema, dei Veltroni e di Romano Prodi.

Ma questa è un’altra storia, molto squallida, politicamente amara, di cui non vogliamo parlare oggi.

Oggi ricordiamo Carletto Giuliani, ricordiamo le giornate di lotta genovesi e l’entusiasmo dei tanti che parteciparono e ribadiamo la nostra la nostra irriducibilità a questi schifosi e vigenti rapporti sociali dominanti.

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1 Commento


  • Giuseppe Aragno

    Ineccepibile e appassionato. Valido e condivisibile oggi come anni fa.

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