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Il PD stravince, ma c’è 40 e 40, per cui … resistere, resistere, resistere!

Diversamente da altre elezioni con più bassa affluenza rispetto alle elezioni politiche, il risultato delle ultime europee offre spunti di riflessione che vanno ben al di là dello specifico appuntamento elettorale.
Dati i valori assoluti, infatti, pur in presenza di una tornata elettorale che ha segnato un nuovo record negativo di partecipazione, dal 66,43% al 58,69%, il confronto con le elezioni politiche del 2013 risulta particolarmente interessante.
A prescindere dalla diversa distribuzione interna, ad esempio, l’insieme della coalizione di centrodestra perde sicuramente: da 9.923.600 elettori nel 2013, a 8.495.627 del 2014. Ma per l’appunto, alle ultime europee ha votato solo il 58,69%, contro il 75,20% delle politiche del 2013.
A ben vedere, quindi, tenuto conto della bassa partecipazione, un risultato che in termini assoluti conferma una tenuta; una tenuta sostanzialmente oscurata, però, dalla vittoria schiacciante del PD.

Rispetto alle ultime politiche il PD cresce, infatti, non solo in termini percentuali, ma anche per numero di voti assoluti. Si passa da 8.646.034 del 2013, a 11.172.861 del 2014.
In altre parole, le forze politiche che avrebbero dovuto pagare maggiormente la bassa partecipazione al voto, in termini assoluti non solo tengono, ma anzi, come nel caso del PD, si fa un forte balzo in avanti.
A registrare una forte flessione in termini assoluti, invece, il Movimento 5 Stelle: circa 2.900.000 voti in meno.

Appurata con i numeri assoluti la vittoria schiacciante del PD, in buona parte dovuta ai timori indotti dalla sconsiderata campagna elettorale condotta dal duo Casaleggio-Grillo (#vinciamonoi e poi si scatenerà un inferno fatto di processi sul web e marce su Roma), quanto e come, però, l’attuale maggioranza parlamentare che sostiene il Governo Renzi, potrebbe vantare la tanto ambita legittimazione popolare che prima, tanto più tenuto conto dei numeri falsati dall’incostituzionale Porcellum, non aveva?
Il Pd, non c’è dubbio, ottiene un risultato percentuale che va oltre il 40%; quasi come la DC dei tempi migliori.
Peccato, però, che la DC otteneva queste percentuali quando votava oltre il 90% degli elettori, mentre ieri l’altro ha votato solo il 58,69%. E checché ne dica anche Grillo, in democrazia i crescenti livelli di non partecipazione non sono un problema da rimuovere abolendo i quorum o nascondendo il tutto con il trucco delle astratte percentuali che tengono conto dei soli votanti, ma un termometro che misura l’incapacità dell’offerta politica di dare risposte ai problemi reali.
Ma non solo.
Questa presunta super legittimazione non arriva ad eguagliare neanche il risultato degli oltre 12 milioni di voti del perdente Veltroni nel 2008; meno che mai i 19 milioni di voti conseguiti dalla coalizione di centrosinistra  nel 2008 (12 milioni di voti il solo Ulivo).
In termini assoluti, pertanto, il PD guidato da Renzi ottiene sì un risultato superiore al PD guidato da Bersani, ma nulla di nulla in riferimento ai numeri necessari per poter parlare di una presunta legittimazione popolare che, da oggi, dovrebbe zittire ogni forma di resistenza al programma di riforme avanzato dal nuovo salvatore della Patria.

Con i numeri veri in mano, piaccia o no ai novelli vincitori, se ci sarà da pernacchiare alle riforme renziane, visti gli attuali contenuti, pernacchieremo, e questo perché forti della consapevolezza che 11 milioni di voti sono sì tanti, ma nulla più!


* coordinatore di www.riforme,net

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