Quando uno dei “potenti della terra”, il presidente francese Hollande, arriva a fare affermazioni che non escludono la possibilità dello scatenamento, nello scenario ucraino, di una guerra dalle proporzioni inimmaginabili tra l’Occidente imperialista e la Russia, non occorre essere particolarmente ferrati in politica internazionale per capire che ormai si corre il rischio di essere arrivati a un punto di non ritorno.
L’ipotesi di una spaventosa guerra globale non viene avanzata più solamente dalle voci isolate di qualche esperto preveggente, come quelle di coloro che già tempo fa la ipotizzavano nelle prime fasi del conflitto del Donbass, attribuendo all’imperialismo statunitense persino la volontà di utilizzare le armi più devastanti per affermare definitivamente il proprio progetto egemonico nell’intero spazio post-sovietico.
Ora, di fronte a quanto sta accadendo, con l’intenzione ormai dichiarata dell’amministrazione USA di scendere in campo prepotentemente a fianco dell’esercito dei golpisti di Kiev, rendendo esplicito il sostegno di armi e istruttori che già, sottobanco, era stato garantito fin dall’inizio alle operazioni “antiterroriste” nell’Ucraina sud orientale avviate dai dirigenti nazional-fascisti della giunta ucraina e sfociate in un autentico genocidio delle popolazioni dell’Ucraina sud orientale, si precisa un quadro che dovrebbe terrorizzare l’opinione pubblica dell’intero nostro continente.
Nella prospettiva dell’eventuale fallimento degli ultimi tentativi di composizione negoziata del conflitto, in grado di garantire almeno una parziale distensione della situazione, e della evidente determinazione degli Stati Uniti (e dei vertici della NATO) di procedere con le soluzioni estreme, le conseguenze più catastrofiche rischiano di investire anche l’Italia che sarebbe inghiottita nel vortice di un’avventura pianificata nell’altra parte dell’Oceano. E non bastano certo le dichiarazioni dei nostri ministri, di allineamento alle posizioni più possibiliste di Francia e Germania. Nel momento in cui le operazioni più aggressive verso la Russia fossero avviate, i vincoli che legano noi (e tutti gli altri alleati) alla NATO non lascerebbero alcuno spazio di manovra anche ai più riluttanti. Come afferma, senza timore di essere smentito, il presidente francese Hollande, “noi sappiamo che l’unico scenario può essere la guerra”. Del resto, a cosa, se non a una guerra micidiale, servirebbe ora la forza di intervento rapido di 30.000 soldati della NATO, che si sta dislocando nella regione baltica e nell’Europa orientale?
Ce ne sarebbe a sufficienza per rabbrividire e apprestarsi a una mobilitazione capillare delle coscienze in difesa della pace e per scongiurare un conflitto che già nelle dimensioni attuali comporta costi umani e materiali terribili, nel cuore stesso del nostro continente. Eppure i segnali che arrivano in merito alla reazione dell’opinione pubblica, nel nostro paese e in Europa, non sono certo confortanti.
A questa desolante inerzia non si sottrae neppure la sinistra. E nel nostro paese la sua sottovalutazione della pericolosità della situazione assume contorni persino deprimenti.
Stendiamo un pietoso velo sul comportamento della sinistra oggi presente in parlamento. Mentre quella interna al PD sembra allineata, senza particolari distinguo, alle posizioni ufficiali del partito di sostegno esplicito al golpe di Kiev e ai suoi dirigenti nazional-fascisti e di demonizzazione della Russia (è di pochi giorni fa la sconcertante esibizione televisiva della stessa segretaria generale della CGIL a giustificazione delle sanzioni alla Russia, con l’utilizzo degli argomenti propagandistici dei settori più oltranzisti dell’imperialismo), “Sinistra ecologia e libertà”, dopo avere inizialmente simpatizzato per i protagonisti del golpe di Kiev, continua a mantenere il più rigoroso (e complice) silenzio sulle vicende che sconvolgono le terre violentate dall’aggressione nazista ai confini della Russia, come se la cosa non la riguardi o le crei imbarazzo.
Ma, a essere obiettivi, non è che la sinistra extra-parlamentare se la passi meglio. Neppure da queste parti, con qualche lodevole eccezione, il tema della pace messa a repentaglio nel cuore dell’Europa sembra riscuotere un particolare successo. In tutte le ultime iniziative allestite all’insegna dell’unità della sinistra, pur caratterizzate da temi importanti e pregnanti come quelli del lavoro e della difesa della Costituzione, minacciata dalle manovre del governo Renzi, non sembra essercene traccia. Se si prova a leggere gli interventi di autorevoli dirigenti delle organizzazioni della sinistra extraparlamentare, di sue personalità storiche, a esaminare i contenuti di molti siti web di riferimento di partiti e componenti della cosiddetta “sinistra radicale”, si rimane colpiti dalla quasi completa assenza di contenuti che vadano oltre la semplice e sporadica registrazione delle notizie su quanto accade sul fronte di guerra del Donbass.
Fanno eccezione e meritano la massima considerazione e rilievo le iniziative messe in campo da tenaci personalità del giornalismo e della cultura (come Giulietto Chiesa, Manlio Dinucci, Domenico Losurdo e Vauro Senesi), da gruppi informali e da alcuni siti web (oltre al nostro Marx21.it che ha dato ampio spazio a materiali e campagne promossi dai comunisti ucraini e russi, ricordiamo quelli di Contropiano e del CIVG), le campagne di sensibilizzazione come quella che ha visto come protagonisti i musicisti della Banda Bassotti con i loro concerti nelle zone interessate dalla guerra, i presidi e le manifestazioni di comitati locali spesso purtroppo scollegati dalle forze più organizzate della sinistra, numerose pagine facebook (come “con L’Ucraina antifascista” e “Fronte Sud”) e, tra le forze politiche, il Partito Comunista d’Italia e la Rete dei comunisti che, fin dall’inizio, hanno messo a disposizione le loro strutture e i loro militanti per manifestazioni e dibattiti su quanto accade in Ucraina, che hanno coinvolto alcune migliaia di cittadini. Spicca poi il lavoro straordinario di Pandora TV che ha garantito una quotidiana controinformazione che ha cercato di contrastare il torrente di menzogne rovesciatoci addosso dall’apparato mediatico dominante. E mi scuso se ho dimenticato qualcuno.
Ma è la questione della nostra appartenenza alla NATO quella che ormai non può più essere derubricata dall’agenda dell’iniziativa politica di quella che si suole chiamare “sinistra” nel nostro paese. E’ la parola d’ordine dell’uscita dell’Italia dall’alleanza militare imperialista che oggi dovrebbe essere posta all’ordine del giorno della più grande mobilitazione di massa. E non è più giustificabile che iniziative come quelle che, negli ultimi mesi, sono state avviate con la proposta della creazione di un Comitato No Nato (http://www.marx21.it/internazionale/pace-e-guerra/24863-perche-dobbiamo-uscire-dalla-nato.html) siano delegate a un gruppo di attivisti volonterosi e determinati. Attorno a questa iniziativa non è più rinviabile la partecipazione e l’adesione di un vasto schieramento di forze che hanno a cuore la pace.
E invece la questione che più dovrebbe essere all’ordine del giorno, non solo per il popolo italiano ma per tutti i popoli del nostro pianeta, la questione della pace compromessa dalle guerre, dalle aggressioni e dall’ingerenza sfacciata dell’imperialismo e dei suoi disegni egemonici, che rischiano di trasformarsi in catastrofe globale, è quasi completamente assente nel confronto di chi si propone di chiamare a raccolta le forze della sinistra. Come se le sorti dell’umanità su cui incombe questa minaccia non riguardassero gli uomini e le donne del nostro paese, più di ogni altro problema.
E’ invece venuto veramente il momento di prendere piena consapevolezza della gravità della situazione che stiamo vivendo in queste ore. La guerra globale è alle porte. Non ci sono più giustificazioni. I comunisti, la sinistra, tutti i democratici si mobilitino finalmente, con tutte le loro forze, in modo corrispondente alle gloriose tradizioni del movimento per la pace del nostro paese, contro la scalata aggressiva di USA e NATO nel Donbass, contro la guerra imperialista. Prima che sia troppo tardi.
*Marx XXI
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