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Se due Matteo vi sembran pochi….

La manifestazione del 28 febbraio a Milano promossa dal Forum Diritti Lavoro non ha solo la bellezza plastica della contrapposizione con la Lega. La Lega si trasferisce a Roma, noi conquistiamo Milano. Non è certo questo il senso che ci muove nell’adesione alla manifestazione di Milano.

La Lega sta abbandonando il primitivo federalismo celtico che utilizzava argomentazioni di dubbia natura etnica nella prospettiva di collocare aree produttive del paese, coincidenti per loro con le regioni del nord, nel nuovo polo imperialista europeo. L’impossibilità di questa operazione, per l’incedere della crisi e la gerarchia economico finanziaria all’interno dell’UE, ha spinto la Lega ad aderire al progetto di una destra europea, che ovviamente rilancia la questione nazionale. La manifestazione di Roma lancia questo progetto nazionale della Lega, nel tentativo di catalizzare su se stessa il disagio sociale diffuso a piene mani dalle politiche europee. Così può permettersi di ignorare le problematiche del lavoro, della corruzione e del disastro ambientale prodotto con il consumo di terreno agricolo presenti nell’organizzazione dell’Expo’. Una chiara ammissione di condivisione di quel modello di sviluppo.
La manifestazione di Milano ha invece obiettivi ambiziosi ma concreti per la ripresa dell’opposizione sociale sui temi del lavoro che sono scomparsi dal dibattito nazionale e vengono letti unicamente in funzione dei decreti previsti dalla legge delega sul jobs act.

Svelare il doloroso inganno dell’Expo di Milano
Riaffermare la centralità del lavoro a fronte dell’Expo’ 2015 che è stato un vero e proprio laboratorio per la destrutturazione del mercato e del mondo del lavoro.
L’argomento dell’Expo’ “nutrire il pianeta”, un problema reale che non si risolve con le esposizioni finalizzate all’export e allo sviluppo delle alleanze economiche e che nell’attuale clima di guerra globale rischia di farci  apparire come il paese del mulino bianco.  Secondo la Fao, nel mondo vengono prodotti alimenti sufficienti per una popolazione di 12 miliardi di persone, se consideriamo che la popolazione attuale del globo è vicina ai 7 miliardi, è facile comprendere che il problema non è la produzione alimentare ma la distribuzione di quella già abbondantemente prodotta.  Un’ulteriore considerazione ci porta verso il problema del lavoro, dei 900 milioni di abitanti del pianeta che soffrono la fame, ben l’80% vivono nelle campagne e producono il cibo. Lo sfruttamento  selvaggio delle popolazioni e dell’ambiente, come il condizionamento delle politiche nazionali e delle culture locali sono appannaggio delle 10 multinazionali che controllano il 70 % dei prodotti alimentari consumati nel mondo. Bene queste multinazionali, unitamente agli undici gruppi italiani che operano sul mercato nazionale, li ritroveremo all’interno dell’Expo’, gli affamatori del pianeta ci spiegano come loro intendono vendere i loro prodotti prescindendo dal problema della fame nel mondo. Problema della fame nel mondo che nasce proprio dalla loro esistenza, sono la causa e non la soluzione del problema.
Ma questa, seppure dolorosa mistificazione per i problemi che crea nel mondo, non è solo l’unica, la questione del lavoro nell’organizzazione dell’Expo’ ha una centralità devastante e sperimenta le nuove forme di sfruttamento definito di ultima generazione.
L’Expo’, presentato come evento salvifico dell’economia nazionale, in realtà è una società per azioni creata da Berlusconi nel 2008 e vede la partecipazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze con una quota del 40%, del Comune di Milano con il 20%, della Regione Lombardia con il 20%, della Provincia di Milano con il 10%, della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Milano con il 10%.
A questa società si aggiunge Il 1º giugno 2011  Arexpo, con lo scopo di acquisire le aree del sito espositivo di Expo 2015, metterle a disposizione dell’azienda per l’organizzazione dell’Esposizione universale e gestire lo sviluppo urbanistico dell’area, con particolare focalizzazione sugli utilizzi post-manifestazione. Un affare nell’affare con la partecipazione societaria analoga a quella di Expo’ 2015 con quote differenziate. Costruita la cordata istituzionale è stato fin  troppo facile acquisire gli immancabili cgil csil uil per l’operazione mercato del lavoro con la partecipazione del governo Letta e  del ministro Giovannini. La continuità nelle scelte strutturali tra il governo Berlusconi e quello Letta con la versione aggiornata di Renzi dimostrano per l’ennesima volta che ci troviamo di fronte a politiche cosiddette di sistema che vengono portate avanti prescindendo dalla coalizione che governa. Un elemento importante di comprensione degli eventi che vanno riportati al modello di sviluppo in costruzione.
Il 23 luglio 2013 cgil cisl uil, comune di Milano e expo’ 2015 s.p.a. sottoscrivono un accordo che viene non a caso definito come il contratto di lavoro dell’Expo’. In deroga alle normative fino a quel momento sopravvissute, si prevede la assunzione a termine di 800 lavoratori e l’utilizzo di 18.500 volontari. La settimana precedente Camera di Commercio e Politecnico di Milano sottoscrivono un accordo che prevede l’utilizzo di stagisti con un compenso di 1 (uno ) euro l’ora. Prontamente il governo Letta, tramite il ministro Giovannini predispone un decreto che prevede l’utilizzo dell’apprendistato mantenendo solo il limite dell’età a 29 anni, abolendo  l’obbligo di certificare la formazione svolta e l’obbligo di stabilizzazione della quota del 30%. È bene considerare che la stabilizzazione può avvenire con due livelli inferiori a quello in cui si viene utilizzato e che il 90% dei contributi sociali sono a carico dello stato. Allo stesso modo viene ridotta la pausa tra un contratto a tempo determinato e il successivo, oltre a mantenere l’acasualità. Create le condizioni per la flessibilità totale si passa al lavoro volontario. Vengono previsti 18.500 volontari da utilizzare per l’accoglienza utilizzati su due terni di 5 ore al giorno per un massimo di 475 unità per ogni giorno per un massimo di due settimane ciascuno. Letta dichiarò, soddisfatto del proprio lavoro, che il modello Expo’ poteva essere esteso a livello nazionale definendo quanto si stava facendo come un vero e proprio laboratorio. Tanto è vero che con successivo accordo del 5 giugno 2014 tra cgil cisl uil e regione Lombardia il contratto Expo’ a tutta la Lombardia per le attività correlate all’evento e trasformando la regione in area vasta di riferimento, con validità fino al 31 marzo 2016, poi c’è il jobs act.

Il lavoro sfruttato, non pagato, non rappresentato
L’impatto occupazionale di questo evento consentirà l’assunzione a tempo determinato per 800 lavoratori assunti per 6 mesi suddivisi in 340 apprendisti con età inferiore ai 29 anni, altri 300 saranno a tempo determinato e i restanti utilizzati per disoccupati e lavoratori in mobilità. 195 stagisti con un compenso di 516 euro e 18.500 volontari da utilizzare come sopra esposto.
In base alle previsioni di Expo’ che conteggia circa 20 milioni di visitatori, è stato commissionato uno studio dalla Camera di Commercio di Milano all’Università Bocconi i cui esiti sono stati diffusi all’inizio del 2013. Tale studio prevede la creazione di 200.000 posti di lavoro. Di fronte alla realtà la segreteria milanese della cgil è costretta a denunciare il flop occupazionale, a maggio 2014 gli avviamenti al lavoro erano circa 3400, ad ottobre 2014 il dato è aumentato di circa 700 unità, raggiungendo il numero di 4185. La deregolamentazione non produce affatto occupazione.
Se questa è la condizione occupazionale dell’Expo’, possiamo immaginare quello che può accadere nell’indotto prodotto dall’evento e nei servizi pubblici che dovrebbero, a detta degli organizzatori, assorbire l’impatto di 20 milioni di presenze i 6 mesi.
L’Expo’ presenta una serie di elementi che è bene riassumere  e che riaffermano l’importanza della manifestazione del 28 febbraio a Milano. È evidente che il contratto dell’Expo’ rappresenta il primo evento che realizza e materializza le politiche di destrutturazione del mercato del lavoro in grande scala. Renzi sta completando l’opera iniziata dal governo Letta e sta realizzando l’estensione del modello expo’ su tutto il territorio nazionale dal punto di vista legislativo. La precarizzazione del rapporto di lavoro è un elemento strutturale del nuovo mercato del lavoro, basta pensare che un contratto di apprendistato dura 4 anni e, se stabilizzati, si conquistano altri 3 anni di sospensione contrattuale, si ha un totale di 7 anni di precarietà. La flessibilità mansionaria completa il quadro e consegna il lavoratore nelle mani del datore di lavoro senza alcuna difesa. La sospensione delle prerogative sindacali giustificate con l’eccezionalità dell’evento annullano ogni potere contrattuale. Al lavoro flessibile si aggiunge il volontariato strutturato a vera e propria componente fondamentale dell’impresa. Il progetto della riforma del servizio civile e del terzo settore va in questa direzione, utilizzare il volontariato come elemento di socializzazione lavorativa per costruire rapporti e relazioni che potrebbero dare un domani seguito ad un posto di lavoro. Il modello è quello dei boy scout, una formazione preventiva di subordinazione gerarchica, culturale e ideologica che consente una fidelizzazione il cui grado consente l’acquisizione di un posto di lavoro.
L’indotto, che già vive di precarietà e flessibilità è destinato, a caduta, a realizzare sulla propria pelle le innovazioni del mercato del lavoro, un modello già ampiamente sperimentato nelle grandi imprese. I servizi pubblici, sottoposti a tagli devastanti si troverà a sostenere un impatto di utenza senza precedenti, se si realizzano le previsione degli organizzatori. Esistono dunque tutti gli elementi per la ripresa di un’opposizione sociale che rimetta la questione lavoro al centro dell’attenzione pubblica, il problema dei servizi e dell’esercizio delle garanzie sociali. È un condizione unica per contestare il nuovo modello di sviluppo nella sua interezza.   
La manifestazione di Milano è un segnale al paese per ricomporre un fronte sociale di opposizione al governo Renzi e alla sua devastazione del mercato del lavoro e dell’intero modello sociale. La mobilitazione di Roma ha l’obiettivo di contenimento di una deriva di destra che tenta di costruire un proprio percorso di legittimazione politica e sociale.

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