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Primo Maggio a Milano: il problema è l’Expo

La retorica usata per l’avvio dell’EXPO dal primo Maggio ci accompagnerà per i prossimi sei mesi, martellante ed amplificata dai mass media che mai come oggi sono la “voce del padrone”; asserviti  al potere, ma ad un potere che per mantenere la sua egemonia ha bisogno di continue iniezioni di droga ideologica e di droga finanziaria. L’EXPO, l’Alta Velocità e la Val di Susa, le Olimpiadi e, con il Vaticano, il Giubileo straordinario del prossimo anno e tante altre cosiddette grandi opere, ci dicono che il modello economico del capitalismo maturo è ormai “(tossico)dipendente” dalla circolazione di denaro, dalla finanziarizzazione e dalla speculazione fine a se stessa.
Renzi è probabilmente, lo vedremo poi alla prova del tempo, il soggetto migliore per gestire questa operazione dove la “rottamazione” dei residuati della sinistra nostrana ormai inservibili va a braccetto con i poteri economici nazionali, da Marchionne alla Confindustria, e di quelli internazionali. Per l’occasione dell’EXPO sull’alimentazione sono presenti decine di multinazionali più o meno famigerate, ma tutte responsabili, in vari modi e misure, proprio della crisi alimentare di miliardi di persone nel nostro pianeta, delle più feroci devastazioni ambientali alle quali stiamo assistendo.
C’è spazio per tutti. L’Expo di Milano si avvale direttamente, come propri partner, di alcune delle più importanti multinazionali che stanno svolgendo, e svolgeranno, un ruolo primario nella sua preparazione, organizzazione e realizzazione. Ruolo che si farà certamente sentire anche nella gestione della corruzione che ormai inevitabilmente accompagna gli eventi e le grandi opere e che è la vera fonte di profitto per le “imprese”.
Ma la retorica non riguarda solo l’alimentazione, la “modernità”, la “crescita” ma anche la mistificazione che viene fatta sulla questione del lavoro e dei suoi diritti. Il Jobs Act ed il lavoro volontario vengono spacciati come opportunità quando la stessa ISTAT dice che la crisi non è affatto passata, che la disoccupazione aumenta, in particolare quella giovanile, e che la produzione continua a ridursi. La contraddizione è evidente e non superabile ed è con questa che le classi dominanti devono fare i conti; è da questa che nasce l’esagerazione ideologica che intende mistificare la realtà oggettiva ma anche quello che è successo a Milano il primo Maggio.
La manifestazione infatti era contro questa condizione ed ha portato in piazza decine di migliaia di persone, lavoratori del pubblico e del privato, delle fabbriche e giovani precari; insomma quella parte della società che è penalizzata dalle politiche renziane era ben rappresentata nel corteo, nè gli incidenti hanno cambiato la natura ed i contenuti della manifestazione. Questi invece sono stati utilizzati proprio per nasconderli, per praticare quella politica del terrore che è propria della devastante operazione ideologica funzionale al tentativo di contenimento del conflitto sociale. Ideologia e mistificazione che prevede la criminalizzazione di tutte le opposizioni, ma anche la cancellazione dalla comunicazione mainstream di tutte quelle manifestazioni che non “rompono le vetrine” ovvero che non sono manipolabili da lor signori.
E’ stata significativa, in questo senso, la rimozione completa da tutti gli organi di informazione della manifestazione dello scorso 28 febbraio proposta dal Forum Diritti Lavoro, a cui hanno partecipato migliaia e migliaia di lavoratori organizzati dalla USB, dalla sinistra CGIL e del sindacalismo di base proprio contro il Jobs Act e lo sfruttamento che avviene dentro l’EXPO.
Dunque o il silenzio e la rimozione oppure il “Riot”, è questa l’alternativa che ci propone il potere ed è proprio da questa gabbia che il conflitto sociale e di classe deve prendere le distanze nelle proprie scelte.
Per rompere questa gabbia non serve il momento eclatante, simbolico, lungo un solo giorno, dove paradossalmente si seguono le indicazioni dell’avversario pensando di utilizzare a proprio vantaggio quella comunicazione di massa che invece proprio da questo è saldamente gestita. Il ruolo che si assegna ai mass media, mostra invece un elemento di debolezza politica e subalternità culturale che produce un effetto politico esattamente opposto a quello che ci si propone. Il punto, dunque, per noi rimane ancora una volta la costruzione e la sedimentazione dell’organizzazione e dell’antagonismo tra i lavoratori e i settori sociali proletarizzati, radicando il conflitto in quel malessere che si estende sempre più e che non si radicalizza con gli scontri di un pomeriggio milanese o romano. 
Sul primo maggio milanese e sulle giornate seguenti, infine non si può non dare un giudizio disgustato e senza appello sul sindaco Pisapia e quella sinistra perbenista che si appresta a trasformarsi in Vandea, pensando che cancellare le scritte sui muri possa equivalere a cancellare le contraddizioni che queste denunciano.   

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