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Elezioni. Toscana rossa… di livore

Note sui risultati elettorali per il rinnovo del consiglio regionale toscano.

I dati che emergono dalle elezioni regionali in Toscana evidenziano alcune caratteristiche riguardanti una vastissima area elettorale che, con sempre maggior fatica, è racchiudibile nella definizione di “bacino elettorale di sinistra”.

Pur distante dall’impressionante astensione dell’Emilia Romagna alle elezioni regionali del novembre 2014 (62,3%), la Toscana conquista in questa tornata elettorale lo scettro della regione con il più alto tasso di elettori che non si sono recati alle urne, il 51,8 %.

Le regioni “rosse”, celebri storicamente per protagonismo elettorale, oggi si caratterizzano per il fenomeno opposto. Le ragioni di questa vera e propria fuga di massa dalle urne in quest’area del paese sono molte e richiedono analisi approfondite, che faremo.

Queste brevi note intendono commentare molto sinteticamente i principali dati elettorali emersi, inserendoli nel solco di un processo che – parafrasando una celebre frase del defunto PCI – “viene da lontano” ma che rischia di portare l’attuale leadership del PD molto vicino a una débâcle.

Dalle europee 2014 alle regionali 2015 i voti al PD in Toscana sono passati da 1.972.406 a 1.441.510. In dodici mesi 530.896 elettori in meno. Nello stesso periodo Il PD passa da 1.069.179 voti agli attuali 614.406, oltre il 42% in meno. Enrico Rossi, con il 48% dei votanti, governerà con una percentuale effettiva del 23% degli aventi diritto. Anche nella sua terra d’origine, Renzi non riesce a realizzare due dei suoi obiettivi principali: da una parte trasformare e dall’altra cambiare la propria base elettorale.

L’elettorato di destra in “libera uscita” dal moribondo popolo delle libertà o si astiene o è intercettato dal lepenismo in salsa italiana, quell’alleanza tra la Lega di Salvini e i fascisti doc che consolida le proprie posizioni. L’impressionante 20% di Lega (16%) e Fratelli d’Italia (4%) posiziona quest’alleanza al secondo posto dopo il PD. Un risultato da leggere soprattutto all’interno dello spostamento biblico dell’elettorato di centro destra, ma che evidenzia alcuni preoccupanti segni di cedimento nel corpaccione dell’elettorato una volta ancorato al PD.

In una battuta: l’operazione di Salvini per la costruzione di un movimento reazionario di massa segna un punto a suo favore, in Toscana come in altre regioni del Centro – Nord.

Il Movimento 5 Stelle, pur perdendo una imponente fetta del proprio elettorato (in questa tornata i grillini si attestano al 15% con 200.000 voti, cioè 332.000 in meno rispetto alle elezioni politiche del 2013, quando in Toscana presero il 24%, ma l’affluenza alle urne in Toscana fu del 79%),  si conferma ancora un elemento di “tenuta” rispetto al dilagare della destra. Un risultato non scontato, che testimonia una volta di più l’instabilità dell’attuale quadro politico, per cui un fenomeno magmatico ed estremamente differenziato territorio per territorio non si sgonfia, ma continua ad essere una scialuppa alla quale si aggrappano “disperatamente” centinaia di migliaia di elettori.

Infine, il risultato della Lista Si, Toscana a Sinistra, alleanza di forze espressione di quella che una volta veniva definita sinistra “radicale”, espulsa malamente dalla Giunta Rossi (il PRC un anno fa) o uscita da essa solo alcuni giorni prima di queste elezioni regionali (SEL).

L’assemblaggio di partiti, liste civiche, comitati e cittadini espressione della cosiddetta “società civile”, per l’ennesima volta, non ha sortito quell’effetto moltiplicatore sempre atteso.

Con il 6,3% la lista prende 85.000 voti, cioè 52.ooo in meno del 2010, quando PRC e SEL si presentarono in coalizione con il PD di Rossi.

Un dato che conferma in pieno il trend negativo che dal 2008 in poi ha decimato un bacino elettorale una volta di tutto rispetto, oggi alla mercé dell’astensionismo, dello spostamento verso il M5S o, peggio, di derive governiste.

L’elettoralismo evidentemente è una malattia senile inguaribile che attanaglia irrimediabilmente questa sinistra, espressione di una cultura e di una prassi politica che non intercetta assolutamente il malessere prodotto da una crisi che da economica si trasforma sempre di più in politica.

Di fronte ad un evidente vuoto di rappresentanza delle istanze popolari, l’esorbitante astensionismo emerso in queste elezioni, espressione di un livore sordo proveniente dalle viscere di una Regione piegata dagli effetti concreti di licenziamenti e disoccupazione di massa, dal taglio sistematico dei servizi essenziali e dei redditi reali, rischia di essere interpretato e monopolizzato da forze populiste, xenofobe, reazionarie e fasciste, di cui il risultato leghista è espressione.

Occorre che la sinistra di classe, gli anticapitalisti, i comunisti si pongano molto seriamente il problema del rilancio del conflitto politico e sociale, evitando di attardarsi nelle ridotte di un para-sindacalismo territoriale minimalista, che troppo spesso si piega al livello della coscienza media, che mai come oggi – parafrasando la famosa frase di Gramsci – è reazionario.

Le lotte di tutti i giorni dovranno ritrovare respiro strategico, di alternativa di sistema ai diktat di una Unione Europea guerrafondaia e imperialista, che impone ai governi nazionali micidiali tabelle di marcia contestate strumentalmente dalla destra, ma che non trovano ad oggi altrettanta determinazione nelle nostre fila, divise tra il minimalismo del “sociale” e le illusioni riformistiche, queste ultime senza alcun spazio se non di copertura “a sinistra” dello stato di cose presenti.

Come sempre nella storia, le crisi sono foriere di profondi cambiamenti, il segno dei quali viene condizionato dalle soggettività in campo. A noi il compito di orientarne il percorso, evitando il ritorno a periodi di barbarie che rischiano di essere ben peggiori di quelli determinatisi nella prima metà del secolo scorso.

Rete dei Comunisti – Pisa

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