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Camminare sulla testa dei re

 

“Oh gentiluomini, il tempo della vita è breve!
Trascorrere questa brevità nella bassezza
sarebbe cosa troppo lunga.
Se viviamo è per camminare sulla testa dei Re.
Se moriamo, o che bella morte, quando i Principi muoiono con noi.
Ora per le nostre coscienze le armi sono giuste.
Quando l’intenzione nel portarle è ragionevole.”
[William Shakespeare, Enrico IV]

Sono moltissime le analisi proposte in questi giorni, di cui alcune estremamente brillanti; hanno seguito affannosamente il corso degli eventi, le repentine azioni e le concitate dichiarazioni di entrambe le parti in lotta. Non vi è molto da aggiungere da un punto di vista economico, anche perchè si naviga a vista in “acque inesplorate”, come ha detto Draghi. La rapidità degli eventi, incrementata ancor di più dalla velocità degli scambi della finanza globale, rende vetusti commenti scritti solo poche ore prima. Del tutto impossibile prevedere i comportamenti degli operatori finanziari, legati molto più all’emotività che all’economia. Semmai, ora sappiamo che le tesi sull’indifferenza dei mercati rispetto alla Grecia servivano solo a privare Tsipras di una delle sue poche armi. Inoltre, a livello teorico, sarà ancora più difficile difendere la teoria dell’efficienza dei mercati finanziari (ma si sa, gli uomini di fede sono, per l’appunto, di fede, e non di ragione). Ma questi, ora, non sono problemi rilevanti. Ci troviamo di fronte ad un momento storico di rottura, che non era nemmeno immaginabile pochi mesi fa. In ogni caso, la continuità rispetto al percorso, che si è provato a definire e costruire come immutabile, è frantumata; si è provato ad imporre la realtà dell’Unione Europea ai popoli dello spazio europeo come forma a priori, alla quale adeguarsi, trasformando il dover essere in essere. Ora un popolo ha finalmente osato lanciare una sfida all’ontologia di questa Unione. Comunque vada, il referendum ha interrotto le strade consuete e ne aprirà delle altre. Se vince il no, ci troveremo a costruire un percorso di rottura dell’Unione Europea che non avremmo nemmeno potuto sognare poco tempo addietro. Se, invece, il terrorismo finanziario riuscirà a svolgere la propria funzione disciplinare, il popolo greco è destinato ad una recessione infinita. Tuttavia, cadrà completamente (anzi, dovrebbe essere già caduta) la maschera dell’Unione Europea come presunto spazio di libertà e democrazia, la retorica sulla comunità di popoli cooperanti per il raggiungimento del benessere. In secondo luogo, sarà evidente a tutti che chiunque pretenderà di farsi portatore di istanze popolari, non potrà che porsi in un’ottica determinata di rottura dell’UE. Questa UE, dove miliardi e miliardi vengono versati ogni settimana nelle casse delle banche grazie al quantitative easing, ma dove è possibile ridurre l’insostenibile debito greco, o allungare un piano di salvataggio di qualche giorno, affinché un popolo possa decidere del proprio futuro. Non si potrà più rimanere nella foschia del discorso sulla fine dell’austerity; ogni proposta, per essere anche solo presentabile, dovrà essere chiara ed esplicita. Sarebbe bellissimo se il boato della democrazia partecipativa mandasse in frantumi la gabbia dell’Unione Europea. A noi piace sognare che i greci decidano di camminare sulla testa dei re…

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