Il braccio di ferro in corso a Roma tra il sindaco Marino e il Pd, conferma la valutazione espressa in questi anni sulla natura e la funzione assunta da questo partito/sistema di cui il modello di governance autoritaria di Renzi è solo l’ultima involuzione. Quando abbiamo affermato che nessuna alternativa era possibile se non rompendo ogni alleanza o aspettativa sul Pd, non era velleitarismo ma consapevolezza e senso della realtà.
Abbiamo chiesto le dimissioni del sindaco di Roma, Ignazio Marino, già dal dicembre 2014 quando esplose l’inchiesta su Mafia Capitale. Undici mesi fa Marino avrebbe dovuto dimettersi non certo perché coinvolto nel verminaio di Mafia Capitale. I fatti dimostrano infatti che gran parte del patto politico-criminale e trasversale esisteva da prima della sua elezione a sindaco, sia tramite le connessioni tra amministrazione di destra e criminalità sia attraverso lo scellerato “Patto della carbonara” nel 2012 tra il Pd romano e Alemanno. Quel patto ha prodotto e legittimato gran parte del malaffare e dell’apparato politico/dirigenziale del Comune che Marino aveva però lasciato al suo posto. Lo stesso Marino si è prestato per mesi a fare da “foglia di fico” rispetto al marciume emerso nel Pd romano. Marino è stato prima il prodotto e poi la vittima dello scontro per bande all’interno del Pd, un partito di potere con componenti definite “pericolose” dalla stessa commissione che ha curato l’indagine interna al partito. Ma l’essere vittima della guerra di bande nel Pd non lo assolve dalle sue responsabilità politiche come sindaco, nè l’ipoteca del Giubileo può diventare la catarsi per gettare sotto il tappeto sia le emergenze sociali che le nefandezze a cui stiamo assistendo a Roma.
Su Marino pesano non solo la comprovata inadeguatezza ed estraneità alle dinamiche reali della città che doveva governare, ma pesano le scelte strategiche che ha adottato sulle questioni poste dai conflitti sociali. Dalla rabbia emersa nelle periferie allo scontro con i dipendenti comunali, dagli autisti dell’Atac alle maestre delle materne e degli asili nido, dai vigili urbani ai dipendenti del Colosseo per finire con il bilancio comunale “lacrime e sangue” impostato sui tagli ai servizi e le privatizzazioni delle aziende municipalizzate. In questo Marino, il Pd e la destra non si sono rivelati affatto diversi tra loro. Essi esprimono una mentalità e una visione delle cose del tutto coincidente con i poteri forti e gli interessi privati che vogliono spolpare ulteriormente la città di Roma, il suo territorio, i suoi abitanti, i suoi visitatori, i suoi servizi pubblici.
Noi “non stiamo con Marino” e non condividiamo affatto le scelte di quella sinistra che lo vede come strumento di un possibile riscatto elettorale. Tantomeno condividiamo le vere e proprie porcate con cui l’apparato del Pd si appresta a fargli le scarpe. Riteniamo infatti che per tenere la destra e il Pd alla larga dal Campidoglio occorra mettere in campo una seria alternativa politica e di contenuti che dia priorità alle esigenze popolari, che rigetti i diktat del Patto di Stabilità, che tenga alla larga non solo i mafiosi e i fascisti del “Mondo di mezzo” ma anche gli appetiti del Mondo di Sopra su Roma. Le esigenze popolari devono e possono contare in modo decisivo nelle scelte in questa città. A questo stiamo lavorando nella metropoli romana costruendo passo dopo passo una vera coalizione sociale, politica e sindacale indipendente.
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