Davanti il palazzo, l’apparato istituzionale, politico, sindacale. Grigi, nonostante i colori squillanti delle pettorine CGIL-CISL-UIL e l’inedito arancione di quattro “madamine” SI TAV, giachino-accompagnate, spaesate perché, evidentemente, non avvezze alle piazze dei lavoratori. Non bastano le marcette della banda musicale ad animare questa esigua sfilata di morti viventi.
La vita e la lotta vengono dopo, nella parte sociale, infinitamente più partecipata: migliaia di volti belli, giovani e anziani, di ogni sesso ed età, e un mare di striscioni, di bandiere NO TAV, di storie resistenti. Voci e musica sparati dai furgoni.
Qui è lo spirito del primo maggio, giornata di conflitto e non di festa: non può esistere festa del lavoro, caso mai dei lavoratori; non c’è nulla da festeggiare se il lavoro devasta e uccide, se è lavoro da schiavi, sfruttamento, precarietà.
Tra questi due mondi una barriera di armati, celerini e digos in quantità, spudoratamente organizzati per usare come arma di offesa scudi e manganelli, al fine di impedire che la piazza dei padroni sia disturbata dalla presenza di quel popolo meticcio e solidale che inalbera la rabbia del presente insostenibile e la rivendicazione di un futuro diverso possibile.
Quei manganelli vengono usati per provocare e offendere. Cariche e teste spaccate. Qualcuno tenta di pulirsi il sangue con l’acqua minerale, altri sono portati in ospedale. Un contingente di sbirri arrivati da una via laterale avanza fin sotto i portici, tra la folla che fa ala al corteo. Una donna invalida in carrozzina piange spaventata. Un compagno non più giovane si porta in viso la striscia violacea di una cinghiata infertagli da un energumeno appartenente al servizio d’ordine del PD.
Quando, dopo ore, arriviamo al palco del comizio finale, non c’è più traccia della gente di palazzo.
Piazza San Carlo, finalmente libera, si riempie delle vite, delle istanze, della rabbia di coloro che, da sempre, non hanno altro da perdere se non le proprie catene, ma hanno un mondo intero da conquistare.
Il sole fa splendere di bagliori inattesi gli antichi selciati, gli edifici centenari, mentre il vento di primavera gioca con le bandiere, portando il messaggio di una Valle dove il TAV non passerà.
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