Ieri venerdì 6 maggio alle 5 del mattino i carabinieri hanno bussato alle porte di 6 persone di Rimini, alcuni compagni antifascisti, altri semplicemente amici e conoscenti, hanno perquisito le loro abitazioni
non trovando nulla, e li hanno posti agli arresti domiciliari con l’accusa di rissa aggravata.
Altri 11 compagni e amici sono indagati a vario titolo di percosse, lesioni personali, danneggiamento, invasione d’edificio e favoreggiamento.
Sono 4 invece i nazisti indagati a piede libero per rissa aggravata, tra i quali colui che ha ammesso di aver accoltellato gravemente due compagni e quello che ha ammesso di avergli ceduto il coltello per farlo.
L’episodio a cui fa riferimento il teorema della procura riminese risale infatti alla notte dell’8 marzo 2014, quando due compagni, Marsu e Bullo, furono feriti gravemente (e uno rischiò la vita subendo due
difficili operazioni chirurgiche a seguito della fuoriuscita dell’intestino). Loro stessi adesso si trovano agli arresti domiciliari restrittivi (non possono vedere e sentire nessuno), mentre chi ha cercato di ucciderli si trova, di fatto, libero.
La sproporzione repressiva verso gli antifascisti e le loro amicizie è oggettiva, palese e incredibilmente enorme ed è una precisa scelta politica della procura e dei carabinieri verso chi vive cercando di creare un’alternativa in città attraverso aggregazione non mercificata e solidarietà tra proletari.
Questo è il prodotto della protezione istituzionale verso la presenza di partitini fascisti sul territorio che, con una spinta dall’esterno, ormai da anni cercano di inserirsi in Romagna e a Rimini: continue
ordinanze di polizia e una cappa asfissiante fatta di militarizzazione, inchieste viziate e misure cautelari verso chi quotidianamente cerca di costruire un mondo migliore.
Le etichette di “anarcoantagonisti” o “autorganizzati ultras”, mai utilizzate dagli stessi eppure sparate ai quattro venti dagli inquirenti e riportate in maniera ossessiva e persecutoria da tutti gli organi di stampa locale e non, dimostrano la malafede dei torquemada che conducono queste inchieste da caccia alla streghe.
In questi due anni sono state interrogate come informate sui fatti decine di persone, sono stati fatti rilievi su impronte e prelievi di dna, intercettazioni di ogni tipo e non è stata trovata alcuna prova a
parte i riconoscimenti eterodiretti di quattro fascistelli infami che hanno cercato di uccidere e che per sgravare le loro colpe giudiziarie hanno fatto accordi con la procura.
Ma forse questa parzialità ha qualcosa a che fare anche con il fatto che la PM titolare dell’inchiesta, Paola Bonetti, ci risulta essere parente stretta di quel Bonetti che fu l’iniziatore di Forza Nuova Rimini e che
in passato fu arrestato insieme all’attuale segretario Ottaviani per aver cercato di incendiare uno spazio occupato?!
Quel che è certo è che si tratta di un processo farsa fatto di congetture e di “due pesi e due misure”: basta dire che il coltello usato dai fascisti e ritrovato insanguinato inizialmente era stato “dimenticato” e non messo a verbale tra le prove.
Forse è sempre per questo che partecipare a una palestra popolare di boxe in questa inchiesta significa avere un’indole violenta che emerge dalla pratica di uno sport da combattimento, e semplici manifestazioni antifasciste di paese come quella di Cattolica del 15 gennaio scorso così come la contestazione a Salvini dello scorso 9 aprile per gli inquirenti rappresentano episodi allarmanti.
Quello che sappiamo è che questi sono episodi ed esperienze di cui è pieno il paese e che ci auguriamo continuino a crescere senza paura, insieme all’autogestione di spazi sociali, alle occupazioni di case,
alle lotte dei lavoratori e dei migranti, a quelle in difesa dei territori e contro infrastrutture dannose, perché questa finta democrazia in drammatica crisi di consenso sta sempre più mostrando il suo volto fatto di sfruttamento e autoritarismo.
Questa inchiesta rappresenta inoltre anche un grave attacco alla tifoseria riminese, vengono infatti citati alla rinfusa o distorti episodi di vita di curva per giustificare una criminalizzazione da rotocalco scandalistico stile “sbatti il mostro in prima pagina”.
A questa campagna di terrore risponderemo in tanti a testa alta e col sorriso sulle labbra, come abbiamo sempre fatto perché non riusciranno mai a farci prigionieri del loro mondo da incubo.
MARSU, BULLO, ZAGO, SURGE, VESCO E TANIA LIBERI! TUTTE E TUTTI LIBERI!
Rimini Antifascista
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