Il 4 ottobre in Campidoglio ci sarà una assemblea popolare che chiede discontinuità e di cambiare davvero nelle scelte strategiche su Roma. Le reazioni, in larga parte stizzite e scomposte, del mondo affaristico-politico e pseudo-sportivo alla definitiva bocciatura del consiglio comunale alla candidatura di Roma per le Olimpiadi 2024, predispone ad alcune considerazioni sulla partita politica legata alle vicende della giunta Raggi. Il No alla candidatura di Roma propone aspetti, per la natura degli interessi e dei soggetti economici coinvolti e forse aldilà della stessa consapevolezza della Sindaca, non solo di discontinuità con decisioni già assunte, ma di rottura con un modello di relazioni fondamentalmente affaristico e speculativo in cui la città di Roma è stata progressivamente sprofondata, senza soluzione di continuità e in modo trasversale alle amministrazioni succedutesi, da almeno un ventennio.
La candidatura di Roma per le Olimpiadi 2024 avrebbe obiettivamente rappresentato un salto di qualità della città nella rete degli investimenti e dei flussi finanziari per i prossimi anni, avrebbe consentito su ampia scala quanto già attuato con l’Expo milanese, offrendo il territorio metropolitano, la sua immagine nel mondo, quale palcoscenico dell’evento globale per antonomasia. Insomma, un’occasione sfumata per il mondo degli affari nostrano nella rete della globalizzazione.
La scelta della giunta Raggi equivale allora ad una sfida ai poteri ed interessi dominanti con il rischio di una paralisi non solo del programma di giunta ma della stessa gestione cittadina. Lo stato dell’arte ci mostra una Sindaca ancora alle prese, tra contraddizioni non di poco conto, con la composizione della squadra, che interpreta le mosse sulla direttrice della discontinuità, riflesso delle vicende di mafia-capitale, ponendo in primo piano il tentativo “legalitario” di blindare ruoli chiave, bilancio in primis, con figure, anche qui con esiti opinabili, “con trascorsi al di sopra di ogni sospetto” . Le difficoltà evidenti in cui si dibatte la Sindaca, tra rifiuti e dimissionamenti, dovrebbe rendere chiaro che la sfida per il governo della città di Roma, al di fuori di quel mondo di affari e speculazioni, non è di natura tecnico-amministrativa, ma politica nel senso di individuazione degli interessi e criteri gestionali da porre in primo piano nella gestione della vita cittadina.
Uno sguardo allo stato della città rivela la prostrazione profonda delle condizioni di vivibilità, dai servizi alle politiche abitative , tutto indica un territorio deturpato, saccheggiato ed espropriato dagli interessi privatistici, dall’incapacità della gestione pubblica di porsi a tutela dell’interesse generale. La mercificazione dei bisogni della città, la loro assunzione in funzione dei profitti conseguibili, è la trama che lega le vicende amministrative, non solo quelle dell’illegalità acclarata di mafia-capitale, del ventennio trascorso.
La logica dell’emergenza permanente a cui si vuole condannare la vita dei cittadini per la mancanza di una visione complessiva della metropoli è il terreno di coltura degli affari e delle speculazioni in cui si compongono interessi e disegni il cui unico effetto è un aggravamento crescente del degrado conseguente alla logica di esproprio del patrimonio pubblico. Il superamento della logica emergenziale si pone di conseguenza come condizione necessaria, la cui attuazione richiede strumenti di programmazione pubblica degli interventi, a partire dalle emergenze a maggior impatto: rifiuti, trasporti, casa, decoro urbano, quelle su cui la logica delle privatizzazioni non solo ha contrassegnato i dissesti gestionali ed amministrativi ma su cui pesa la spada dei progetti di ulteriore appropriazione privatistica.
Il No alle olimpiadi del 2024 rischia di disperdere il suo potenziale intrinseco di cambiamento, alimentando gli argomenti dei detrattori della Sindaca, se non accompagnata dall’affermarsi di un modello metropolitano in cui la valorizzazione delle risorse e del patrimonio pubblico siano un fattore di crescita per le condizioni di vita della maggioranza della popolazione, insediata nelle periferie è protagonista del mandato popolare alla Sindaca e al Movimento 5 Stelle.
Uscire dall’emergenza vuol dire ristabilire il primato dell’interesse generale nella gestione della cosa pubblica, la logica della sussidiarietà del pubblico alle incapacità del privato di trarre profitto e del finanziamento a interventi in cui il ruolo del pubblico è puramente ausiliario se non inesistente, è alla base della spirale della crescita del disavanzo di bilancio in cui le risorse pubbliche non solo sono il volano dell’appropriazione privatistica ma ricadono sulla cittadinanza in termini di maggiore tassazione per gli obblighi di bilancio imposti dai patti di cosiddetta stabilità.
Nella relazione perversa debito-privatizzazioni si celano quegli interessi affaristici e speculativi che stanno precipitando la città verso la paralisi. Recuperare risorse per dare avvio ai piani di recupero dei servizi chiedendo che vengano comunque resi disponibili gli stanziamenti previsti per le olimpiadi o attraverso una ricontrattazione del debito sono passaggi ineludibili per dare concretezza al cambiamento. L’istituzione capitolina, come dimostrano i primi cento giorni di “governo”, senza un rapporto vero e organico con la città, con le istanze del cambiamento che ne hanno decretato il successo elettorale, è impossibilitata a sostenere lo scontro con gli interessi trasversali agli schieramenti politici coagulatesi intorno all’appropriazione privatistica. La gestione di un simile progetto di cambiamento ha bisogno di una partecipazione diffusa e popolare e l’interlocuzione seria con chi in questi anni è stato protagonista, su più versanti, delle lotte contro il modello di città privatizzata può rappresentare quell’elemento di concretezza nello scontro con i poteri e gli interessi forti della città.
Questo primo scorcio di esperienza amministrativa dovrebbe aver fatto suonare qualche campanello d’allarme ai nuovi inquilini del Campidoglio e averli resi consapevoli che in caso di fallimento non ci saranno prove d’appello.
Martedì 4 ottobre in Campidoglio le realtà del conflitto sociale e sindacale, i comitati territoriali e di scopo, in tutta la loro varietà tematica riprendono il loro percorso consapevoli che le loro istanze possono realizzarsi stabilmente solo in un processo di cambiamento del modello di città. L’interlocuzione con la nuova giunta comunale è un passaggio imprescindibile del nostro percorso, per comprenderne la vera natura del progetto di cambiamento e di tollerabilità e permeabilità alle richieste di partecipazione attiva e popolare.
* Ross@ Roma
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