Con lo sgancio della superbomba (9.800 chili di ordigno, al modico costo di 16 milioni di dollari) sui covi dei ribelli nella provincia di Nargahar, in Afghanistan, si completa la trasformazione di Donald Trump. Ma forse, più che di una trasformazione, si tratta del ritorno verso l’ ovile di quella politica di “esportazione della democrazia” che dal 1989, cioè da quando fu lanciata dal presidente George Bush Senior, costituisce di fatto l’ unica forma di politica estera degli Usa.
Trump, che in campagna elettorale aveva indicato la lotta al terrorismo e all’ Isis come la priorità per garantire la sicurezza globale, ha attaccato le forze siriane di Bashar al-Assad, minaccia la Corea del Nord e bombarda l’ Afghanistan. E’ un Trumpbama, ormai, o un Donald Bush qualunque. Con le relative ricadute.
Si torna a dire che in Siria non si risolve nulla se Assad non se ne va, senza ovviamente dire chi e che cosa dovrebbe prenderne il posto; sprofonda il progetto di distensione con la Russia (e con esso la speranza di fermare la guerra in Ucraina e la destabilizzazione dell'Europa); la tensione globale, che già bassa non era, è alta come non mai.
Hillary Clinton, dalla sua Fondazione finanziata dai sauditi, se la ride soddisfatta. Chi, come chi scrive, pensava che Trump potesse dare un'impostazione diversa alla strategia Usa che negli ultimi decenni ha innescato una guerra dopo l'altra e ha di fatto distrutto il Medio Oriente, deve ammettere di essersi clamorosamente sbagliato.
Gli insuccessi del presidente USA e le origini di Trump-bama
Il parto di Donald Bush e Trumpbama ha avuto diverse levatrici. Esternalizzare i problemi interni è un metodo tipico dei politici in difficoltà. E certo l'avvio di presidenza di Trump non è stato ricco di successi. Soprattutto, il miliardario diventato leader si è dovuto confrontare con una fronda che ha radici nello stesso Partito repubblicano che pure dovrebbe sostenerlo. Emblematica, da questo punto di vista, la manovra parlamentare per abrogare l’Obamacare (la legge di riforma della sanità varata nel 2010), fallita perché le sono mancati anche molti voti repubblicani.
E' chiaro però che i ceppi più pesanti per Trump sono quelli creati dall'indagine dell'Fbi e di altri servizi di intelligence sui suoi presunti rapporti con la Russia di Vladimir Putin. Non si è mai visto, nella storia degli Usa e non solo, che un Presidente democraticamente eletto venisse posto sotto tutela, prima ancora di entrare in carica, da coloro che al contrario dovrebbero proteggere lui e il Paese. Una situazione quasi eversiva (che cosa diremmo noi se, domani, il presidente Mattarella venisse indagato dai servizi segreti e dai carabinieri e la cosa fosse resa pubblica?) che di fatto paralizza Trump. Il quale bombarda la Siria e l'Afghanistan, fa il duro con la Russia e minaccia la Corea del Nord per “comprare” la benevolenza degli ambienti del Partito democratico e del Partito repubblicano che si sono alleati per farlo cadere o, almeno, ridimensionarlo. Non a caso le critiche e le contestazioni si sono molto smorzate dopo che Trump ha cominciato a fare il bravo ragazzo e l'esportatore di democrazia.
Le conseguenze di Moab: poche sul terreno, tante d'immagine. E le vittime…
In tutto questo, com'è ovvio, c'è molta recita. I missili lanciati contro le forze aeree di Assad (59, di cui 23 caduti fuori bersaglio) hanno fatto pochi danni, complice il fatto che i russi erano stati avvertiti. Però ha galvanizzato gli insorti tra i quali, come tutti sanno ma pochi vogliono dire, i cosiddetti “ribelli moderati” e l'Esercito libero siriano sono parte ormai ben poco influente.
La superbomba sganciata in Afghanistan non cambierà di un millimetro la situazione sul terreno. Quella per cui, nel 2016, come ci ha detto l'Unicef, si è avuto il record di vittime civili dall'invasione del 2001 e si è ancora allargata la porzione di territorio controllata da talebani e affini. Quei talebani che, come avvertiva Hillary Clinton nelle mail hackerate da Julian Assange, sono finanziati da ambienti sauditi contigui a quelli che finanziano anche lei e che, come sempre, sono al riparo da qualunque forma di ingerenza o di esportazione della democrazia.
A proposito di vittime civili: gli americani hanno detto che in Afghanistan non ce ne sono state e i media, obbedienti come sempre, hanno ripetuto. Come se fosse possibile che una bomba la cui onda d'urto ha fatto danni a chilometri di distanza non abbia investito altro che i talebani. Come se non sapessimo che, esattamente come in Siria e in Iraq, i guerriglieri si portano appresso le famiglie.
Ma tant'è. Trumpbama e Donald Bush piacciono, finalmente è tornato il gendarme del mondo. Un paio di bombe sulla Corea e, vedrete, andrà bene anche il muro al confine col Messico. Non cambia nulla, i problemi sono sempre quelli, muore un po’ di gente in più, ma che fa? The show must go on.
da http://m.famigliacristiana.it/.
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