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Neoliberismo e città ribelli. Il caso Napoli

Due avvenimenti mi spingono a tornare sulle caratteristiche dell’esperienza napoletana: da un lato, l’approvazione, lo scorso mese, del bilancio di previsione, dall’altro, l’uscita del nuovo libro di de Magistris sul “caso Napoli”.

Il 20 aprile il Consiglio Comunale ha approvato un bilancio di previsione molto duro anche per far fronte alla “tegola” di debiti pregressi provenienti dalle gestioni commissariali dell’emergenza terremoto e di quella rifiuti.

Nel documento contabile per il triennio 2017-19 si prevede, tra l’altro, la vendita delle rete gas, di buona parte del pacchetto azionario della GESAC (servizi aeroportuali di Capodichino) un sensibile abbassamento dell’esenzione IRPEF da 15.000 a 8.000 euro, vendita di beni patrimoniali.

Insomma un bilancio pieno di provvedimenti ad impostazione liberista seppur con la giustificazione che occorre pagare la parte di competenza comunale del debito dei due commissariati straordinari delle due citate emergenze.

Al bilancio del 20 aprile, c’è stata una sorta di prologo costituito dall’approvazione del piano di risanamento ANM non contestuale ad una prospettiva di rilancio dell’Azienda all’interno di una visione metropolitana e a gestione pubblica della riorganizzazione del TPL.

Come si può immaginare, la durezza delle misure adottate ha generato un certo malcontento su cui occorre avviare una riflessione che vada oltre gli specifici contenuti delle stesse.

Neo-municipalismo ed antiliberismo

L’interrogativo da porsi è se e come una città che voglia rifiutare le politiche di austerity e le annesse privatizzazioni dei servizi pubblici abbia effettive possibilità di resistere all’accerchiamento concentrico dei governi nazionali e regionali.

Qui subentrano prospettiva e quadro politico, oltre all’inevitabile valutazione sui rapporti di forze dentro e fuori dell’attuale equilibrio politico-istituzionale.

Nel volume del Sindaco su “La città ribelle” si fa la proposta del “quarto polo”, ossia di un’aggregazione autonoma ed alternativa sia al centro-destra che al centro-sinistra e ai Pentastellati.

In linea di principio una simile proposta, per ciò che resta della sinistra alternativa, penso si possa condividere, tuttavia occorre fare la solita attenzione a tagli politicisti o ad una prevalenza del contenitore sui contenuti.

Il quarto polo immaginato da de Magistris oscilla tra un discorso neo-municipalista ed un giusto rifiuto di ricostruire una forza di sinistra attraverso la sommatoria delle varie sigle.

Tuttavia, nella pratica, si osserva un’alleanza con forze di centro e, spesso, nemmeno tra le più qualificate.

Il “collante” del Movimento popolare delineato dal Sindaco nelle sue diversità presuppone che si regga attraverso la presenza di un forte leader, insomma, per dirla con Gramsci, siamo difronte ad un progetto che ha degli indubbi elementi di “cesarismo” anche se di tipo progressivo.

E’ ovvio che le teorizzazioni contenute nella prima parte del volume, quella definita un po’ pomposamente della “proposta politica”, risentano dell’esperienza napoletana, soprattutto nella fase del “Sindaco di strada” che nella sua complessiva positività ha, però, portato ad un’accentuazione della funzione leaderistica del primo cittadino con un’esaltazione, a volte eccessiva, del rapporto diretto col popolo.

In queste concezioni – frutto avvelenato della personalizzazione della politica e dei Partiti come “sistema”- è da ricercare una certa avversione al ruolo delle organizzazioni politiche tradizionali in quanto tali e non contro la degenerazione delle stesse, o tuttalpiù la tolleranza verso i “partiti piccoli” (espressione usata nel libro con riferimento alle formazioni che hanno appoggiato e appoggiano l’Amministrazione) e sempre a queste concezioni va ascritta la posizione del “più potere ai Sindaci” che va aldilà della condivisibile critica al centralismo governativo, del resto anche l’uso che fa il governo del maggior potere ai primi cittadini col decreto  Minniti è un altro fattore che induce a maggior prudenza su questa parola d’ordine mentre non va mai dimenticata, accanto alle forme di democrazia partecipata e diretta, anche l’importanza del ruolo consiliare.

Altro punto su cui riflettere è che nel libro c’è, a volte, una ricostruzione troppo lineare dei passaggi da magistrato a parlamentare europeo fino alla candidatura a Sindaco, invece il “secondo” de Magistris, quello del Sindaco di strada, ha corretto alcuni aspetti eccessivamente legalitari della prima parte del mandato con influenze giustizialiste dovute anche alla militanza nell’Italia dei Valori di Di Pietro che si sono riflessi nella prima parte del mandato quando in giunta c’era il giudice Narducci.

Del resto, proprio la provenienza magistratuale è uno degli elementi di differenza da altri Sindaci di Città Ribelli con una provenienza più spiccatamente di Movimento (si pensi al noto esempio di Ada Colau);

Comunque, occorre constatare che su questo aspetto “Giggino” ha saputo recuperare e non bisogna dimenticare che ci sono anche casi di Amministrazioni antiliberiste con Sindaci che provengono dalla Magistratura, sempre restando al parallelismo con La Spagna – che pure ricorre in qualche passaggio – c’è, ad es., il caso di Madrid.

Positivi, invece, aspetti dell’attività internazionalista dell’Amministrazione con la cittadinanza onoraria ad Ocalan, oppure gli accenni all’anima mediterranea del Movimento con un affinamento delle posizioni sul tipo di meridionalismo da ricercare evitando i toni quasi da “Lega del Sud” che, a volte, sono usciti fuori soprattutto a ridosso di campagne elettorali,  anche se si accetta, in maniera un po’ estemporanea, una cornice macro-regionale su cui andrebbe fatta una maggior riflessione per non cadere nelle ipotesi di “Stato leggero” tipiche del pensiero liberista (si veda l’affermazione: ”La mia personale idea è che l’Italia possa essere strutturata in tre grandi aree: Nord, Centro, Sud e Isole”).

Il ruolo centrale della figura del Sindaco emerge molto anche nella seconda parte del volume più specificamente dedicato ad un meticoloso bilancio del mandato politico-amministrativo dal problema rifiuti, ai vincoli del Patto di stabilità, allo scontro con la burocrazia (l’esempio dell’attrito col Direttore Generale pro-tempore a proposito del diritto allo studio) alla delibera sui beni comuni, alla lotta contro il commissariamento di Bagnoli, ai primi passi del Movimento Dema.

Un capitolo che nel volume manca è quello relativo alla Città Metropolitana che, invece, si sarebbe dovuto scrivere per le interazioni che ha il governo dell’ex-Provincia con l’attività comunale e perché questo Ente può dare un contributo positivo all’esperienza napoletana oppure una spinta al suo snaturamento.

Sinora sembra che il Sindaco Metropolitano abbia in parte adoperato l’Ente di P.zza Matteotti per riequilibrare incarichi nella coalizione comunale (soprattutto verso la componente centrista) e, in parte, per sperimentare una sorta di clima da “solidarietà nazionale” anche se spinti dal fatto che non esiste una maggioranza antiliberista.

Su questo versante le forze di Movimento e della sinistra alternativa hanno cercato di essere da stimolo con la campagna di massa sull’utilizzo del consistente avanzo libero di bilancio o cercando di spingere- allo stato con scarsissimi risultati – per una riorganizzazione su scala metropolitana e a gestione pubblica dei servizi locali in alternativa a processi di privatizzazione strisciante che pure esistono.

Del resto, anche il livello sovracomunale rappresentato dagli organi di gestione degli Ambiti Territoriali Ottimali nel campo di servizi come quelli dell’acqua o dei rifiuti sembra essere stato abbastanza sottovalutato nell’esperienza di governo e, invece, è un altro elemento importante per il rafforzamento o l’indebolimento/accerchiamento dell’interessante esperienza cittadina che molti di noi stanno vivendo.

Conclusioni provvisorie

In questa primavera 2017 l’esperienza napoletana (preferisco non adoperare il termine “laboratorio” – pure usato nel volume – perché abbastanza inflazionato e, nel passato, riferito anche ad esperienze che poi si sono rivelate deludenti) sembra essere giunta ad uno snodo decisivo: fondamentale sarà l’aspetto finanziario per avere la possibilità di alleggerire le pesanti misure del bilancio di previsione precedentemente richiamate, così come l’esito della prossima scadenza elettorale.

Il miglioramento della situazione dipenderà, in buona misura, dall’atteggiamento governativo se sarà favorevole o meno al raggiungimento di un accordo sulla questione dei debiti pregressi, le elezioni amministrative dell’11 giugno, invece, saranno una specie di “battesimo del fuoco” per il Movimento del Sindaco e, in vari casi, per le forze che l’hanno appoggiato soprattutto per quelle della prima ora (diverso sarà il caso degli alleati più recenti).

Necessario appare il rafforzamento di una Rete delle Città Ribelli sull’esempio spagnolo, non meno importante l’autonomia dei Movimenti, del sindacalismo conflittuale e della sinistra alternativa non soltanto per la diversità di ruolo con l’Amministrazione ma anche perché una funzione costruttivamente critica è utile per controbilanciare fattori di ambiguità e contraddittorietà tra narrazione ed effettiva pratica amministrativa dell’anomalia napoletana.

Perciò, fuori da intenti propagandistici, è importante fare un bilancio dell’esperienza sinora maturato e in questo senso il volume di de Magistris, pur con alcuni limiti che ho cercato di descrivere, è sicuramente utile.

  • segreteria provinciale della Federazione di Napoli del P.R.C

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