Nell’immigrazione italiana in Francia tra la fine degli anni ’30 e e l’inizio degli anni ’40, i comunisti, per un lungo periodo, si trovarono isolati. Almeno fino all’invasione dell’URSS da parte dei nazisti, i rari documenti dell’Internazionale Comunista indicavano con nettezza che occorreva rifiutare ogni alleanza con le forze della borghesia (e con i socialisti) limitandosi a condurre una lotta contro il fascismo interno al proprio paese in maniera totalmente autonoma e indipendente.
Pesava ovviamente il recente fallimento dei fronti popolari in Spagna e Francia, il patto di Monaco tra il governo francese e il governo tedesco votato dai socialisti e la stipula del patto Molotov-Ribbentrop attraverso il quale l’URSS prendeva tempo e riorganizzava le file convinta dell’imminente attacco tedesco.(1)
Molti anni dopo, Giorgio Amendola in “Lettere a Milano”(2) ragiona su quel periodo e ricorda la fedeltà del gruppo dirigente (almeno di quel che ne restava in condizione di dispersione e isolamento) alle direttive internazionali non nascondendo un certo scetticismo personale.
Non a caso, l’invasione dell’URSS viene ricordata dal dirigente del Partito Comunista come una tragedia, che però metteva fine a un periodo di incertezza e schierava nettamente i comunisti dalla parte dell’unità contro il pericolo fascista.
Le svolte dell’Internazionale Comunista negli anni a cavallo tra le due guerre mondiali sono oggetto di studio del movimento comunista da anni. Su di esse si concentrano molte critiche e le analisi divergono. Ma non è questo il punto. Ciò che qui si vuol sottolineare è come, ad un certo punto, la politica dei comunisti cambia radicalmente in virtù di una situazione in cui occorreva mettere da parte la specificità comunista (nessuna alleanza né con la borghesia né con i traditori socialisti) e lavorare per riunire l’antifascismo.
Oggi diventa interessante rileggere quelle pagine di storia per effettuare qualche confronto con il presente. Ovviamente occorre rileggerle non per ripetere meccanicamente le azioni intraprese allora, ma per capire quali fossero le forze in gioco e in che modo la situazione venne analizzata.
In particolare Amendola si soffermava sulle direttive internazionali che spiegavano che era in corso una guerra tra imperialisti e che i comunisti non dovevano schierarsi né da una parte né dall’altra. Col senno di poi, scrivendone anni dopo, il dirigente del PCI osservava che in quegli anni il fascismo in Italia aveva già dimostrato ampiamente la propria ferocia politica instaurando una dittatura, incarcerando buona parte dei dirigenti politici dell’opposizione, avviando le leggi razziali e stringendo l’alleanza con il nazismo. Per Amendola, nonostante la fedeltà alle direttive dell’Internazionale, la situazione avrebbe richiesto un diverso approccio.
Più che nel merito delle scelte ci interessa qui capire come si sia svolto il ragionamento, osservando da un lato la natura dei regimi fascisti e la loro forza, dall’altro la natura di chi si opponeva, considerando la forza del movimento comunista e la sua possibilità di incidere, difendersi e riattaccare. L’unione di queste tre analisi porta poi al da farsi. Si badi bene che molto spesso, le analisi entrano in contraddizione tra di loro. E ogni azione da intraprendere potrà avere effetti negativi o positivi da valutare con attenzione.
Soffermarsi sul metodo delle scelte ci sembra particolarmente importante visto che è necessario un paragone con la situazione odierna.
Ovviamente è cambiato decisamente il contesto in cui agiscono i vari soggetti. Esistono quindi analogie e differenze che però possono portare a esiti totalmente differenti.
E’ quindi necessario chiedersi non solo se Salvini e altri (compresi i vari assi con le destre reazionarie in Europa) siano pericolosi o meno, ma capire bene il contesto in cui si muovono e prosperano, capire la natura delle proposte alternative in campo e quindi agire di conseguenza.
Quando i comunisti, a livello internazionale puntarono al fronte unico antifascista (e in Italia ciò pose le basi per il C.L.N.)(3) si era in situazione di guerra dispiegata; il regime fascista e quello nazista erano propriamente dittature e non governi di coalizione. Per limitarci al solo fascismo italiano, si arrivava da vent’anni in cui si era condotta una guerra di annientamento contro l’opposizione con carceri e uccisioni. La libertà di stampa era stata abolita e il regime controllava ogni forma istituzionale.
Pur non sottovalutando i pericoli odierni, siamo in quella situazione?
Per noi la risposta è no. Basta guardare alla vicenda dell’immigrazione o della crescita degli atti intimidatori dei neofascisti. Qui non si tratta di negare il salto tutto propagandistico in senso reazionario portato dalla Lega Nord, si tratta di vedere i dati reali.
Le morti in mare e la strage di inermi nel Mediterraneo non sono una novità e i governi precedenti, al netto di una retorica diversa, non si muovevano in modo differente, così come i profughi che venivano accolti andavano a riempire i centri di accoglienza in condizioni assolutamente inaccettabili, anche prima dell’avvento dei “nuovi barbari”.
Per quanto riguarda le aggressioni e le intimidazioni neofasciste non nascono qualche mese fa, ma sono una costante da anni. Vorremmo capire la differenza tra un governo a guida PD che non muove un dito quando un neofascista spara a Firenze(4) o a Macerata(5) e un Salvini che si limita a girare la testa da un’altra parte oggi. Tra l’altro, qualche mese fa, a Genova un compagno dell’Assemblea Antifascista è stato accoltellato alle spalle(6), ma allora né il Viminale di Minniti né La Repubblica ritennero opportuno lanciare una qualsivoglia campagna contro i fascisti (7).
Oggi ha senso manifestare in piazza il proprio dissenso a Salvini facendosi accompagnare da questi personaggi? Ha senso lottare contro il “sovranismo” chiedendo “più Europa” quando la stessa Unione Europea tace per tutto il periodo dell’emergenza Diciotti e non riesce a venire a capo di una revisione del trattato di Dublino? Ha senso chiedere l’intervento del Presidente della Repubblica, che ha sollevato un caso istituzionale contro Paolo Savona perché ministro non gradito alla UE e non ha detto una parola quando un pericoloso razzista come Salvini diventava Ministro dell’Interno?
Macron, che dichiara la propria inimicizia nei confronti di Salvini e Orban, è veramente alternativo a questi ultimi? Ha senso lottare contro la sovranità nazionale, feticcio delle destre in Italia e in altri paesi d’Europa, riproponendo un sovranismo allargato, i cui confini si estendono all’intera Unione, come proposto da Francia e Germania? Quale è la fondamentale differenza tra un ministro che usa 170 poveri eritrei come arma di ricatto e il PD che ha firmato accordi per creare lager in Libia dove le condizioni sono ancora più inumane?
Vi è poi la questione della coerenza che si dimostrerebbe alleandosi con partiti e movimenti i quali, con politiche di austerità che alimentano la diseguaglianza, hanno effettivamente spianato la strada alla crescita delle destre reazionarie. Anche qui, a ben vedere, sono possibili analogie con gli anni ’30 del secolo scorso, ma anche grandi diversità.
Come è noto, lo sviluppo del fascismo negli anni ’20 e ’30 è stato sostanzialmente causato da due fattori principali: lo sfacelo economico dovuto al primo conflitto mondiale, con le enormi sofferenze che colpivano duramente le classi popolari in alcuni stati, e la necessità di difendere alcuni interessi padronali contro l’offensiva del movimento operaio e socialista.
Per quanto riguarda la situazione economica e sociale, sono evidenti le analogie con quello che stiamo vivendo oggi. Inoltre si possono osservare altre analogie tra il ruolo nefasto esercitato dalle socialdemocrazie negli anni tra il primo e il secondo conflitto mondiale e quello esercitato in questi anni da una sedicente “sinistra” che, in Europa, ha lavorato ovunque contro le classi popolari(8).
Tuttavia manca, in questa fase, l’elemento storico della lotta contro l’offensiva del movimento operaio che fu decisivo per la creazione del blocco sociale reazionario che portò al proseguimento della guerra mondiale.
La possibile “grande alleanza antifascista”, o antisovranista e antipopulista, come si suole chiamare, che si vorrebbe oggi costruire con coloro che si aggrappano a quel residuo di potere (economico e mediatico) che gli ha permesso, in questi anni, di approfondire quel solco sociale che è la principale causa del risentimento popolare alla base del successo della destra(9).
D’altronde che cosa ci si può aspettare – anche ritenendo l’antifascismo l’unico valore in campo – da coloro che ancora oggi, dopo il crollo di Ponte Morandi, si attardano in difesa di privatizzazioni e liberalizzazioni, da coloro che rivendicano le riforme del welfare, del lavoro e della scuola di fronte a timidissime ipotesi di ripensamento? Da coloro che oggi si vantano del fatto che quando governavano respingevano più migranti?
Come vediamo ci troviamo di fronte a un crinale insidioso. La manifestazione di Milano contro il vertice Salvini-Orban ci segnala che molta gente ha voglia di mobilitarsi contro i possibili rigurgiti reazionari. Così come si può andare molto fieri della mobilitazione di Catania, dove è stato giusto rispondere immediatamente e fare chiarezza politica allontanando il PD dal corteo. Ovviamente non si può tacere che, almeno a livello mediatico, la piazza di Milano sia stata usata strumentalmente da chi non può essere nostro alleato.
Qui non si tratta quindi di derubricare l’antifascismo e l’antirazzismo ad armi di distrazioni di massa, ma di capire esattamente la fase politica nella quale ci si trova a operare.
Proprio perché ci troviamo di fronte alle avvisaglie di un pericolo reale occorre lavorare rendendo chiaro l’antirazzismo e l’antifascismo che pratichiamo. Renderci conto che non viviamo in una società in cui, improvvisamente, una maggioranza di cittadini è impazzita, ma semplicemente che stiamo raccogliendo i primi frutti di una politica condotta in modo scellerato.
Siamo in una fase in cui occorre ancora distinguere e rivolgersi a quel blocco sociale fatto di proletari, disoccupati e semplici cittadini che devono essere recuperati a una politica che finalmente si preoccupi dei loro interessi e non degli interessi di banche, padroni o organismi antidemocratici, guerrafondai e irriformabili come l’Unione Europea e la NATO.
A Salvini, Orban e a tutti gli altri che soffiano sul fuoco del razzismo, del cinismo e della xenofobia, dobbiamo rispondere in modo diverso.
Fornendo una diversa idea di futuro e non certo proponendo il ritorno a un passato che ha creato l’incubo e non ha nessuna possibilità di combatterlo.
A tutti coloro che, anche in buona fede e sinceramente preoccupati, credono sia necessario accantonare le differenze in nome del rispetto della civiltà e della democrazia, rispondiamo che oggi un fronte unitario è necessario, ma lo si ricostruisce dal basso tra i lavoratori e gli sfruttati. Ai generali senza truppe dei partiti di “sinistra” non ha nessun senso fornire alcun appiglio.
Nel 1941, al culmine di un processo drammatico e nel pieno di una guerra mondiale, i comunisti si allearono – sì – con i nemici di un tempo, ma quei nemici erano in carcere, in esilio e nei fronti della resistenza. Noi dovremmo oggi allearci con un gruppo di signori ai quali del pericolo fascista e razzista non è mai importato niente e che in questi anni, più che le carceri, ha frequentato i circoli ristretti del capitale e della finanza? E che non vede l’ora di recuperare quel consenso che i lavoratori gli hanno giustamente negato per continuare con le medesime, criminali, politiche antipopolari?
Tenerli lontani dai nostri cortei non solo è giusto, ma assolutamente indispensabile se il pericolo fascista e reazionario lo si vuol combattere sul serio.
Collettivo Comunista Genova City Strike
Note:
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La storia delle direttive dell’Internazionale Comunista tra gli anni ’20 e il periodo della seconda guerra mondiale è nota. Scolasticamente si possono distinguere i vari periodi. Dalla nascita dell’Internazionale Comunista agli anni ’30 i comunisti erano invitati a non allearsi con i socialisti definiti come “l’ala sinistra della borghesia”. Questo periodo è noto con il termine coniato per definire la politica dei socialisti come “socialfascismo”. Negli anni ’30 l’avanzata dei regimi fascisti portò l’Internazionale ad appoggiare la nascita dei Fronti Popolari in Francia e Spagna fino alla sconfitta definitiva nella guerra di Spagna nel 1938. Da quel momento si ritorna a una politica di totale autonomia dei comunisti almeno fino all’invasione dell’URSS da parte dei tedeschi.
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Ci si riferisce al testo di Giorgio Amendola “Lettere a Milano” Editori Riuniti, 1973
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Il fronte si concretizzò nella lotta partigiana con la creazione del Comitato di Liberazione Nazionale. Dopo la liberazione assunse anche una forma politica elettorale con la presentazione del Fronte Popolare che univa Partito Comunista e Socialista alle prime elezioni politiche del dopoguerra.
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Ci si riferisce al 13 giugno 2011, quando l’estremista di destra Gianluca Casseri affiliato a Casa Pound uccise due senegalesi Samb Modou e Diop Mor ferendo anche Moustapha Dieng. Gianluca Casseri si suicidò per sfuggire alla polizia
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A Macerata il 3 febbraio 2018, il fascista Gianluca Traini spara ripetutamente sulla folla ferendo 6 cittadini stranieri. Traini era stato candidato nelle liste della Lega Nord nel 2017. In casa aveva il Mein Kampf di Hitler e, prima di sparare con il tricolore legato al collo, avrebbe fatto il saluto romano. In quell’occasione il PD decise, attraverso il Sindaco di Macerata, di minimizzare provando a vietare la manifestazione antifascista indetta da altre forze politiche sociali e sindacali alcuni giorni dopo.
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Ci si riferisce all’attacco portato da alcuni militanti di Casa Pound durante un volantinaggio antifascista, attacco avvenuto a qualche centinaio di metri dalla sede neofascista il 12 gennaio 2018. Anche in questa occasione il PD decise che era il caso di votare insieme alla destra cittadina un testo del Consiglio Comunale che attaccava e stigmatizzava atti di una “imprecisata” violenza politica generica, senza alcun riferimento al neofascismo.
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In realtà la mappa delle aggressioni neofasciste in Italia è molto più ampia. Per una idea si consulti, ad esempio, questo link https://www.panorama.it/news/cronaca/mappa-aggressioni-fasciste-italia-2018/ che riporta le aggressioni, almeno quelle più note, dal 2014.
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Per chiarezza: anche il rapporto tra la socialdemocrazia di un tempo e quella di oggi meriterebbe un confronto dialettico. Negli anni tra le due guerre mondiali, pur macchiandosi di varie vergogne (a cominciare dal voto ai crediti di guerra nel primo conflitto mondiale fino al soffocamento della rivolta spartachista con l’assassinio di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, solo per citare i due casi più eclatanti), la socialdemocrazia manteneva un forte rapporto con le classi popolari attraverso i sindacati. La socialdemocrazia odierna, almeno in Italia, non può vantare neppure quello.
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Solo per rimanere ai casi più recenti, è evidente come la manifestazione di Milano sia servita al PD per rilanciare l’unità della sinistra senza provare alcuna vergogna. Citando, tra l’altro, come riferimenti Obama e McCain, definito da Walter Veltroni un galantuomo.Gli appelli all’unità della sinistra contro il pericolo populista sono comunque numerosi e si ripetono incessantemente da settimane.
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