Articolo interessante di Giavazzi e Alesina sul Corriere della Sera dell’altroieri (24/4). Interessante perché nella narrazione economara (non crederete di capire davvero di “sostenibilità del debito pubblico” perché ripetete a pappardella le sciocchezze che vi propinano da trenta anni sul rapporto debito/pil?) finalmente viene introdotto il concetto di “debito estero”, ammettendo che l’Italia ha una Posizione Finanziaria Netta in sostanziale pareggio come vado a dire (umilmente) io da qualche anno.
Cito testualmente il duo bocconiano: «L’Italia non ha un debito estero netto perché i prestiti che Stato e aziende private hanno contratto fuori dall’italia sono compensati da altrettanti titoli esteri acquistati dalle famiglie e dalle nostre banche. Basterebbe azzerare queste posizioni — cioè vendere i titoli esteri che possediamo e ricomprarci i Btp detenuti all’estero — per diventare il Giappone. A quel punto potremmo permetterci di aumentare la spesa pubblica e al tempo stesso ridurre le tasse, lasciando crescere il debito». E poi ancora: «Tutto ciò è possibile, ma vorrebbe dire uscire dall’euro che è nato per fare il contrario: integrare i mercati dei capitali dell’Eurozona e diversificare il rischio distribuendolo nell’area».
Dunque i due finalmente ammettono che la chiave di volta per capire la reale situazione della nostra condizione finanziaria è quella di valutare correttamente la situazione dei conti con l’estero (Bilancia Commerciale, Saldo delle Partite Correnti e Posizione Finanziaria Netta).
Al secondo punto, correttamente, sostengono che 1) ricreare le condizioni degli anni 70/80 del secolo scorso per riportare in patria i capitali allocati all’estero significa uscire dall’Euro (verissimo) e con serafica tautologia inoltre sostengono 2) che l’Euro è nato con l’unico scopo di diversificare il rischio al quale sono esposti i capitali grazie alla libera circolazione dei capitali all’interno dell’area euro.
Ah? L’Euro sarebbe nato con questo unico scopo? Quello di diversificare il rischio? Non per garantire la crescita dell’area? Non per evitare pericolose guerre commerciali fatte di dazi e svalutazioni competitive ma in un quadro di crescita e cooperazione tra stati in tutta l’area?
Bene, allora cari Chiarissimi Professori voi state dicendo che abbiamo smantellato l’industria pubblica (con relativa deindustrializzazione) e svenduto gli assets bancari pubblici solo per consentire ai nostri capitalisti di investire all’estero legalmente?
Voi state dicendo che abbiamo accettato una politica monetaria di deflazione istituzionalizzata solo perché Agnelli possa portare i suoi danari (poi ci sarebbe da dire anche sull’aggettivo possessivo appropriato) in Lussemburgo?
E tutto questo per ottenere il risultato straordinario di aver ridotto l’area economica più ricca e istruita del mondo in una zona a rischio caduta nel “secondo mondo” a causa dell’assenza di investimenti in ricerca che l’hanno tagliata fuori dalla Rivoluzione Digitale in corso?
Ci sarebbe inoltre da dire che i capitali italiani investiti in altri paesi dell’area (imprimis in Germania) sono sottoposti ad una tosatura che di fatto è una patrimoniale imposta da stati esteri a causa di tassi reali negativi: effetti paradossali.
In pratica cari ed illustri Professori ci state spiegando che abbiamo preso la fregatura del millennio?
Poi molto altro ci sarebbe da dire sull’autolesionismo della Germania guidata dalla Merkel.
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