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Camp Darby, una macchina da guerra spacciata per “occasione di lavoro”

Gentilissima dottoressa Agnese Pini

direttrice de La Nazione

Abbiamo letto con attenzione la intervista, riportata su La Nazione del 20 dicembre da Emanuele Baldi, da Firenze, al colonnello Daniel J. Vogel, il nuovo comandante di US Army Garrison Italy, la guarnigione statunitense di Camp Ederle (Vicenza) e Camp Darby (Pisa), in sostituzione del colonnello Erik Berdy, chiamato nel luglio scorso ad altro incarico negli Stati Uniti.

L’intervista è interessante, non per “l’incredibile ospitalità” della Toscana che il colonnello dichiara di avvertire, ma perché riflette la personalità del nuovo comandante, molto diversa da quella del predecessore. Tutt’altro che dettagli, come ci indica un semplice confronto con quanto detto sugli stessi temi dal colonnello Erik Berdy, nella visita che fece in redazione il 10 luglio del 2018 al precedente direttore dottor Francesco Carrassi, e riferito il giorno successivo sul giornale da Guglielmo Vezzosi.

Vediamo insieme alcuni punti

1) Consistenza della Darby Military Community.

Nella base ci sarebbero “trecento militari, tra esercito e aeronautica, e circa cinquecento dipendenti italiani”, le dice oggi il colonnello Daniel J. Vogel. “… con i suoi 1.400 addetti tra personale militare e civile, 450 dei quali dipendenti italiani …” le disse il colonnello Erik Berdy.

In effetti, non c’è contraddizione, perché nelle basi all’estero l’Amministrazione statunitense utilizza un gran numero di contractors. In genere sono ex soldati e fanno gli stessi lavori e hanno gli stessi incarichi dei militari, solo che costano meno e vestono abiti civili. Del resto si capisce bene la scelta dell’Amministrazione statunitense, perché un militare all’estero le costa dai 10.000 ai 40.000 dollari in più rispetto a un militare in madre patria.

Si sa, anche, che dal 2018 a oggi non ci sono state nuove assunzioni d’italiani. Quindi, per Camp Darby, si rimane a circa 450 dipendenti italiani, numero arrotondato per eccesso ovviamente: il colonnello Daniel J. Vogel ritocca solo di un 10% almeno il numero dei dipendenti italiani e omette il numero dei contractors.

2) Lavori in corso per il potenziamento della logistica della base.

Le “grandi opere” nella base “nel 2018… annunciate”, “proseguono compatibilmente con le condizioni meteo”, si legge oggi, e apprendiamo che il termine dei finanziamenti è stato spostato al 2022.

A dire il vero “furono annunciate” nel settembre del 2017 e il cronoprogramma allora pubblicato sulla stampa le dava per concluse nel maggio del 2019. Invece sono stati abbattuti 930 alberi dei 937 previsti, ma i lavori non sono neppure cominciati, né alla stazione di Tombolo per il nuovo troncone ferroviario, né sul canale dei Navicelli per il nuovo ponte girevole.

Ma le opere sono tutte affidate tutte a imprese italiane – pone l’accento il colonnello Daniel J. Vogel – “quindi ci sono ricadute molto importanti per il territorio”.

Il colonnello Erik Berdy chiarì opportunamente di quali opere si trattasse e a cosa finalizzate: a “garantire una più rapida ed efficiente movimentazione dei carichi di armi che arrivano o che partono via mare, direttamente dal porto di Livorno”.

Aggiunse, anche, per “più elevati standard di sicurezza”, perché certo la sicurezza deve essere parecchio modesta, quando si spostano dal porto alla base sulla Fi.Pi.LI e poi sulla via Aurelia cinquantadue container pieni di oltre 825.000 articoli di munizioni, come abbiamo recentemente appreso.

3) Ruolo di Camp Darby secondo i militari statunitensi

Per quanto riguarda Camp Darby parliamo di una realtà piccola” anche se “molto vitale e che rappresenta una postazione logistica molto importante”, le dice il colonnello Daniel J. Vogel.

Camp Darby “è il più grande arsenale USA al di fuori della madrepatria”.

Camp Darby “è prevalentemente una santabarbara e dispone di 125 bunker … pieni di bombe, razzi, munizioni, esplosivo ad alto potenziale oltre a centinaia di tank, blindati, jeep e camion”.

Camp Darby “svolge un ruolo di supporto logistico fondamentale e assicura capacità di rifornimento di armi ed equipaggiamenti completi alle truppe in tempi molto brevi, sensibilmente ridotti a quanto richiederebbe un trasferimento diretto dagli USA”.

Camp Darby “è un imponente arsenale dunque quasi sempre movimentato in occasione dei diversi conflitti in atto”.

Da Camp Darby “sono partite ad esempio le munizioni per la Guerra del Golfo, le operazioni nei Balcani, in Iraq e in Afghanistan”.

… La missione della struttura non è sostanzialmente cambiata”.

Si conferma il ruolo chiave come supporto alle operazioni internazionali della Difesa statunitense”.

Ricordiamo bene anche il titolo di quel pezzo, quando il col. Erik Berdy le fece visita in quel 10 luglio 2018: “Nuovi obiettivi per le basi Usa. Camp Darby e la lotta al terrorismo”.

Da quel che dice (e non dice) il colonnello Daniel J. Vogel il lettore è indotto a credere che la base (questa “realtà piccola”, anche se “vitale”), fra dipendenti e grandi opere, sia solo sostanzialmente una grande opportunità di lavoro, così che “l’ospitalità” che il colonnello riferisce è, anche se “incredibile”, in fondo dovuta.

4) Ruolo di Camp Darby incrociando le fonti ufficiali e di stampa

A Camp Darby c’è “il principale hub di stoccaggio di esplosivi in Europa”, per quanto riguarda la “mission” del 731st Munitions Squadron.

L’839th Transportation Battalion (SDDC) fornisce da Camp Darby supporto strategico alle forze militari statunitensi in “tutto il Mediterraneo, il Mar Caspio e il Mar Nero, nonché la grande maggioranza del continente africano”, con la spedizione di materiale bellico in oltre 180 porti di 22 Paesi, avvalendosi anche di un distaccamento in Grecia e un altro in Turchia.

Concludendo, al di là di quanto detto o non detto dal col. Daniel J. Vogel, la realtà è che Camp Darby è una poderosa macchina bellica.

Camp Darby fa del nostro territorio una vera e propria RETROVIA del fronte delle guerre statunitensi in Europa, Africa, Medio Oriente, Asia, con tutti i rischi che questo comporta.

Si tratta dei rischi per il transito su strada di enormi quantità di “munitions”; dei rischi per lo stoccaggio in 125 bunker delle stesse “munitions” e forse di testate atomiche, visto che 731st Munitions Squadron di stanza a Camp Darby è di supporto al 31st Fighter Wing, cioè lo stormo Caccia inquadrato nella Third Air Force, con quartier generale presso la Base aerea di Aviano, per il quale è stato confermato anche di recente l’armamento con bombe nucleari B-61; dei rischi per i sommergibili e le portaerei a propulsione nucleare che per rifornirsi da Camp Darby possono accedere nelle aree portuali di Livorno; dei rischi della vulnerabilità in un eventuale conflitto, anche quando non si trattasse di conflitto con una grande potenza come la Russia, ma con una media potenza regionale come l’Iran.

Sono finiti i tempi di quando Livorno nella seconda guerra mondiale divenne “Decimo porto” e i tedeschi si erano ritirati sulla Linea Gotica, distante non meno di quaranta chilometri, con cannoni con una gittata che non arrivava ai trenta chilometri e la superiorità aerea degli angloamericani era schiacciante. Oggi i missili di cui dispone l’Iran hanno una gittata di 3000 chilometri e quelli russi anche di 10/12.000 chilometri, con testata multipla anche di oltre il megatone ciascuna.

5) Quello che nessun giornale o TV dice

Ovviamente dal frame sono messi fuori insieme ai rischi – e le responsabilità morali per i morti, le distruzioni, le sofferenze immani, che quelle armi vanno a portare di là del mare – anche i condizionamenti e i vincoli alla crescita economica del territorio.

Livorno è il principale scalo oltre Atlantico delle navi della flotta del Maritime Security Program, che dal 1996 è la parte chiave delle capacità di trasporto marittimo di materiale bellico degli Stati Uniti, riconosciuto dal Congresso come la quarta arma cruciale del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti.

Non ci possiamo davvero stupire, se rimangono “vox clamantis in deserto” gli appelli all’alleanza fra la Torre Pendente e i Quattro Mori affinché si faccia del crocevia logistico fra il porto, l’interporto, l’aeroporto, il nodo ferroviario costiero, il terminale nel mare Tirreno settentrionale della Nuova Via della Seta. Queste sono “le vere ricadute” sul territorio della presenza di Camp Darby.

La ringraziamo per l’attenzione, con i migliori saluti e auguri di buone feste.

 

https://www.facebook.com/Rete-Civica-Livornese-contro-la-Nuova-Normalit%C3%A0-della-Guerra-279033179134699/

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