Niente dovrà essere come prima. Ammettiamolo apertamente: abbiamo sbagliato tutti sulla pericolosità del virus. Ciò che successe anni fa con l’infezione SARS non ha insegnato nulla. Infatti in seguito a questa infezione nel 2006 è stato stilato un documento contenenti indicazioni precise e articolate di carattere medico-epidemiologico (stadi di infezione) unite a proposte organizzative anche di carattere politico in linea con i dettami costituzionali (accentramento, commissariamento). Niente o solo una piccola parte di tutto ciò è stato attuato, chiediamoci perché.
La risposta è la globalizzazione. Si pensava di risolvere tutto mettendo dei cerotti su ferite troppo grandi. Mi riferisco in particolare alla chiusura dei voli intercontinentali diretti con la sede dell’inizio della epidemia come unico provvedimento per contrastare la diffusione del virus, ma ci ha pensato la globalizzazione.
Ciò con il fenomeno del ”rimbalzo” vale a dire la libera circolazione di affari e di persone a esse legate ha prodotto un effetto transnazionale. A quanto sembra è stata una cittadina tedesca a produrre il disastro.
Rientrata in patria dalla Cina, quella donna è venuta in Italia per poi tornarsene nel luogo dove abitualmente vive e tutti i paesi “globali”non hanno capito l’entità del problema.
La stessa OMS, depositaria della salute “globale” intesa come fonte di indicazione di previsione e cura delle malattie e la stessa Cina, sede di partenza dell’infezione, hanno sottovalutato il problema. Ricordiamoci il giovane oculista cinese Li Weng Lian che a dicembre del 2019 diagnosticò una congiuntivite con aspetti nuovi, accompagnata da una sintomatologia generale non riconducibile a una “semplice”congiuntivite”.
Li Weng Lian è deceduto per la stessa malattia che aveva denunciato come “atipica”, dopo essere stato diffidato per procurato allarme. Forse è il destino dei neofiti rispetto ai colleghi più esperti. Sappiamo che il governo cinese ha, in seguito, riconosciuto il proprio errore e lo ha riabilitato e consegnato alla storia come un “eroe”. La storia dell’umanità è peraltro costellata di questi esempi.
La lezione è servita? Ci si è messi tutti insieme a collaborare per risolvere il problema?. Non è stato così. Ognuno è andato per la sua strada.
Le industrie private e pubbliche, con interessi nazionali e internazionali, sono partite alla ricerca dello “scoop”medicinale e vaccinale come unico interesse per avere il predominio del brevetto, come leva per i profitti. Stati e capi di stato si sono azzuffati gli uni contro gli altri, sono state diffuse teorie paranoiche sulla presunta “immunità” di gregge pur di mantenere inalterati gli standard produttivi in nome del libero mercato,della competizione e in ultima analisi dei profitti che derivano da decisioni di questo tipo.
Non a caso stati come la Gran Bretagna e la Svezia, depositari in passato d un welfare efficiente sono stati piegati come l’Italia a considerare la salute una merce. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: milioni di infetti che continuano a crescere a livello globale con centinaia di migliaia di morti. L’impatto più grave nel mondo “civile”occidentale si è verificato proprio in quei paesi sottoposti all’austerità, e dove le disuguaglianze sociali sono più accentuate.
Quello che sta accadendo nell’America settentrionale e meridionale, l’una ricca e l’altra povera, tuttavia, è un destino per molti versi comune. È ovvio che ci siano delle eccezioni, come il Venezuela e Cuba, che non si trovano nelle stesse condizioni perché guidate da politiche alternative al profitto.
Anche nella politica della solidarietà ci sono state differenze: non possiamo scordare l’invio di materiale e personale sanitario da Cuba, mentre è stato un atto formale la ricezione di malati gravi da parte della Germania. Alla fine, è stato quest’ultimo un atto di carità del ricco verso il povero, che ha continuato a produrre per il paese capo dell’austerità, nonostante la richiesta di fermare tutte le attività produttive. Il disastro lombardo ne è testimone.
Purtroppo non finisce qui. Abbiamo accusato la Cina di usare metodi ”comunisti” e dittatoriali nel risolvere il problema. La sortita si è dimostrata infelice. Paesi non certo comunisti come la Corea del Sud e il Giappone sono riusciti a contenere i danni tramite una politica di accentramento decisionale e d’ interventi drastici anche in campo sanitario non immaginabili nel ricco e democratico occidente.
Basta ricordare i milioni di tamponi eseguiti in quei paesi. Ma non è tutto. Bisognava trovare il colpevole e il mezzo attraverso cui si è sviluppata la pandemia. Si è arrivati , anche in Italia, ad accusare la Cina di avere mentito sul numero degli infetti e dei deceduti e di avere causato la pandemia tramite la fuoriuscita di materiale virale manipolato da laboratori segreti, destinati a ricerche di carattere anche militare.
E’ noto che quasi tutti i paesi occidentali hanno finanziato, controllato e partecipato attivamente a ricerche specifiche sulle mutazioni virali indotte o naturali dislocate in Cina, poiché sono pericolose e nessuno le voleva sul proprio territorio. Si è partiti da pipistrelli, pangolini, topi e altra fauna sempre partendo dall’estremo oriente “comunista”.
Banalmente, non si ricorda che la spagnola fu portata in Europa dalle truppe statunitensi durante la prima guerra mondiale. La fase due è partita e la vulgata é che la Cina sia responsabile di tutto. Non importa se ha ridotto drasticamente o quasi risolto l’epidemia con una organizzazione territoriale e centrale che non ha precedenti. Bisogna trovare il capro espiatorio perche ci sono egemonie politiche ed economiche da combattere e le bugie ripetute in continuazione si trasformano in verità. Non c’è niente di nuovo sotto il sole.
La sanità è un problema solo occidentale, la fame e la sete invece non lo sono. Nessuno in Occidente mette in discussione che acqua e cibo – che sono beni primari – siano giocati in borsa come una partita a poker: è questione di visioni del mondo.
*Medico
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa