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I cinque furbetti: l’orrore è il dibattito

Non pensavamo che, alla tradizionale scuola di vita cui vengono iniziati i deputati del nostro Parlamento, nessuno più insegnasse certi fondamentali.

Molti deputati italiani conoscono fin troppo bene cosa voglia dire il privilegio, l’arroganza, il delirio d’infallibilità da “eletti dal popolo sovrano” (in realtà, sappiamo che sono solo dei nominati, dopo imbarazzanti votazioni al buio su un sito di poche decine di internauti, o – peggio – dopo sanguinose lotte a coltello fra valvassori e valvassini per entrare nella “lista” buona, a rimorchio del Dominus di turno).

Non importa: da lotte intestine, non necessariamente escono nomine di merda. Spesso – e parlo dei “buoni” – si tratta di persone pressoché prive di esperienza e inadatte al ruolo, che però si applicano, studiano, si fanno consigliare, si documentano. E fanno un buon lavoro.

Altri purtroppo seguono la traccia indelebile lasciata dai democristiani e loro alleati a partire dagli anni ’50, diventando loro degni eredi nell’arte di dissimulare l’interesse privato o di partito nella cosa pubblica.

Ma anche in questi ultimi casi, vale la prima delle regole non scritte: se proprio devi rubare, malversare, favorire ingiustamente, raccomandare, bisogna essere cauti e bisogna che ne valga la pena. Stupido correre rischi per approfitticchiare, quando con un solo Grande Latrocinio si può ottenere molto di più: meglio essere integerrimi, o perlomeno fingersi tali.

I cinque deputati “furbetti del sussidio” da 600 euro, invece, non hanno rispettato neppure questa regoletta minima di decenza.

Quello che però fa orrore, ed indica il degrado morale desolante di parte dell’intellighenzia e dell’opinione pubblica italiana, è il dibattito di questi giorni: in sostanza, “dato che la Legge non vieta espressamente a un deputato del Parlamento di chiedere un sussidio destinato alle Partite Iva sul lastrico, beh allora ‘tecnicamente’ potevano farlo, la colpa è a monte, di chi fa la legge, non di chi trova l’inganno“.

Ecco: questo ci fa orrore e lo ripudiamo.

In un paese civile, è appena ovvio che almeno i rappresentanti in Parlamento debbano comportarsi “con disciplina e onore” (art. 54 della Costituzione). Ci sono regole minime di morale e di decenza. Oltre che nei deputati e ammimistratori pubblici, anche nei cittadini e nella pubblica opinione.

Non c’è cavillo, interpretazione o scusante. Se guadagni 12mila euro al mese, non rubacchi 600 €. È immorale. Costoro devono dimettersi. E noi dobbiamo imparare che – come in certi paesi anglosassoni o del nord Europa – deve esserci la presunzione automatica di buona fede ed onestà.

Non dobbiamo avere leggi dettagliate fino al minimo codicillo che ci costringano a comportarci correttamente, sorvegliati da occhiuti controllori. Deve essere già scritto a fuoco nella nostra coscienza di cittadini: sono passati oltre due secoli dal 1789, ma ancora, evidentemente, “non ci siamo”.

La prima volta che viaggiai per lavoro a spese di una Università statunitense, al rientro mi preparai a chiedere il rimborso delle spese sostenute, esibendo una lunga collezione di ricevute e pezze d’appoggio varie.

L’amministrativo dell’università (era il MIT) mi spiegò con pazienza; fai il calcolo di quanto hai speso e scrivi: tot di trasporti, tot di albergo e tot di pasti, poi fai la somma, e quello ti rimborsiamo. E “gli scontrini”? Beh, mettili in una busta e tienili lì per un po’, nell’improbabile caso che servano.

Va da sé, però, che se io avevo speso 1500$ e ne chiedevo 3000 di rimborso, e se per caso veniva fuori, non è che mi dicevano “ahi, ahi, cattivo bambino: restituisci le caramelle e non farlo più“. Mi licenziavano.

Quindi, in automatico, ma senza tanti isterismi o crocifissioni pubbliche in sala mensa, i cinque si dimettano, e finisce lì.

Non possiamo più permetterci né di essere governati o rappresentati da mariuoli, né di trovare naturale che – se un pertugio in una legge lo permette – ci si comporti da mariuoli.

Se no, è inevitabile che dei mariuoli eleggano e si ritrovino rappresentati da mariuoli.

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