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Il razzismo inconsapevole del “progressista medio”

“Negra da cortile” è l’espressione che più ho letto nei post sotto questa foto. Ovviamente l’espressione non viene utilizzata in maggioranza da africani o afrodiscendenti, ma da parte di democratici o quello che rimane del movimentismo di sinistra.

Malcolm X la usava per descrivere le condizioni storiche di sviluppo dei lavoratori neri africano-americani negli Stati Uniti.

Il colonialismo francese e inglese, sperimentando l’ingegneria sociale nel Terzo Mondo, ha sempre creato una borghesia locale che potesse facilitare il controllo sociale e rappresentare il modello di sviluppo capitalistico per i popoli “barbari e incivili”.

L’utilizzo sconsiderato del termine “negro da cortile” mi ha portato a ragionare sul possibile utilizzo che ne potrebbero fare i bianchi in un contesto come quello europeo.

A forza di rileggere lo stesso commento mi sto convincendo che per chi continua ad utilizzarlo con tanta leggerezza vi sia un legame epidermico tra pensiero politico, etico e morale.

Se è vero che il colore della pelle è presente e costitutivo nella definizione di categorie e segmenti sociali nazionali e internazionali, è altrettanto vera la tesi che associare graniticamente una categoria politica al colore della pelle scivola indubbiamente nel trappola della razzializzazione.

Un po’ come le mode orientaliste contemporanee e alcune forme di terzomondismo che, a forza di semplificare le questioni delle categorie di razza su un piano meramente geopolitico, finiscono per creare una realtà astratta o, meglio ancora, ideologica.

Una forma di disumanizzazione che schiaccia la complessità di una persona sul proprio colore della pelle (ovviamente mai il colore bianco) e ne rimuove tutte le contraddizioni che appartengono all’essere umano.

Una persona non bianca può essere razzista, reazionaria e avere aspirazioni borghesi. Dovrebbe essere una banalità, ma nel momento in cui chi la utilizza come strategia comunicativa riesce a raccogliere lo sdegno dei presunti progressisti allora assistiamo ad una visione complementare.

Il negro buono e il negro cattivo esistono sia per il “progressista” che per il reazionario. L’utilizzo che ne viene fatto dalle forze politiche di governo è pressoché uguale.

Non riuscire a costruire un discorso di autodifesa e attacco sui contenuti che i candidati non bianchi portano, e soffermarsi sulla contraddizione inaccettabile che “sei nero devi fare il nero” come stabilisce la visione razzistica del momento, è sintomatico del fatto che lo spazio di rappresentanza delle persone non bianche in questo paese non esiste e quando esiste è il semplice specchio dei rapporti di forza delle forze e delle ideologie dominanti.

In questo Paese esistono molti esempi di rappresentanza di percorsi reali e radicali, persone che provengono da lotte e comunità in lotta come mia sorella Mariema Faye. Il problema è che le rivendicazioni che porta avanti con Potere al Popolo sono incompatibili con tutti i partiti dell’arco parlamentare e per tanto non potranno mai godere della stessa visibilità e attenzione mediatica di cui godono gli attori assoldati dal PD o dalla Lega o dai 5S.

Sono incompatibili perché hanno una visione sociale e umana radicale e di rottura con lo stato attuale di cose. Perchè non vi è alcuna differenza tra la candidatura del PD, Hilary Sedu, o della Lega, Christine Mariam Scandroglio, per le regionali in Campania, essi sono portatori della stessa visione politica e ideologica del mondo.

Il “negro buono” e il “negro cattivo” dei progressisti e dei reazionari si distruggono quando arriva una persona non bianca che non fa la performance per cui viene reclutata, ma rovescia l’ordine del discorso e dei significanti.

Si riappropria della propria condizione umana e rompe la narrazione pacificata politicante del sistema ideologico dominante, non mendicando o chiedendo il permesso di esistere in quanto il processo di assimilazione è andato a buon fine, ma esistendo a prescindere e occupando lo spazio ovunque.

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1 Commento


  • Mario Galati

    Anche un operaio può essere un conservatore e un reazionario. Se boicotta lo sciopero, si impegna a farlo fallire, sostiene le ragioni del padrone e il sistema di sfruttamento, fa il leccapiedi e magari si fa ricevere, solo nell’anticamera però, dal padrone, facendosi fotografare soddisfatto del suo apprezzamento, lo si può chiamare crumiro e servo del padrone?

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