Con i suoi compagni di seconda elementare, distanziati con mascherine indossate quasi con fierezza, il mio nipote più grande oggi è entrato a scuola nell’orario scaglionato previsto; mentre fuori dai cancelli la mamma o il papà accompagnatori – uno solo per bambino – sotto le mascherine celavano commozione e anche preoccupazione.
Tra pochi giorni toccherà anche al mio nipote più piccolo di entrare alla scuola materna, con una organizzazione ancora più rigorosa, con percorsi di entrata definiti e con il necessario accompagnamento da parte di mamma o papà, segnato da continui momenti di controllo e sanificazione, fino al punto di incontro con la maestra, che accoglierà il bambino e lo porterà, senza più la presenza del genitore, in classe. Tranne i piccoli tutti mascherati.
È una condizione che nessuno di noi ha mai vissuto, sembra di vivere in uno scenario di fantascienza e ogni momento di questa nuova realtà va misurato, meditato, sofferto. Noi non sappiamo quanto durerà questa scuola e per questo dobbiamo al tempo stesso sviluppare comprensione, affetto, solidarietà, ma anche pensare bene a come si sta organizzando il momento più importante della nostra società.
Questo modo di organizzare la scuola impone contemporaneamente responsabilità individuale e sociale, organizzazione e pianificazione. E i sentimenti che proviamo di fronte ai nostri bambini e ragazzi che entrano in un mondo che nessuno di noi ha mai visto, che ci fa naturale paura ed angoscia, non possono essere usati come mascheratura per coprire ciò che colpevolmente non va.
Come quando durante i momenti più duri della pandemia e dell’isolamento dominava lo slogan “andrà tutto bene”. Che era un sentimento spontaneo e profondo nato affrontare l’angoscia e la paura, ma che poi veniva usato da chi ha il potere per tacciare di insensibilità chiunque lo criticasse.
Oggi le immagini dolci, luminose e commoventi dei nostri ragazzi che nonostante tutto entrano a scuola, questa affermazione del meglio della nostra organizzazione sociale, non devono essere strumentale pretesto per assolvere le responsabilità di chi quella scuola la governa.
Domani nella scuola elementare di mio nipote le entrate scaglionate già finiranno, si tornerà alla campanella per tutti alla stessa ora, quindi il distanziamento andrà a farsi benedire. Inoltre il servizio mensa, come in quasi tutta Italia, non ci sarà e con esso il tempo prolungato. A meno di non pagare.
Sì, perché al modico prezzo di 100 euro a settimana per bambino la direzione scolastica autorizzerà un servizio mensa privato con educatori. Servizio al quale potranno accedere anche bambini di altre scuole, con il crollo di tutte le misure di contenimento e isolamento tanto sbandierate.
Che però continueranno al mattino, perché per riorganizzazione degli spazi nella scuola elementare la classe di mio nipote sarà trasferita nella limitrofa scuola media.
Le misure straordinarie della scuola materna, dove andrà il mio nipote più piccolo, sono invece destinate a continuare, peccato però che le maestre e le bidelle, con un carico di lavoro quadruplo rispetto a quello già pesante di prima, siano lo stesso numero di prima. Con classi di 25 e più bambini.
Invece nella classe elementare del mio nipote più grande gli alunni sono un poco diminuiti, ma solo perché alcuni sono stati iscritti a scuole private.
Alla scuola pubblica italiana mancano 250.000 insegnanti e quasi 100.000 lavoratrici e lavoratori ATA, bidelli e inservienti oggi necessari come il pane.
13.000 insegnanti sono già stati individuati come positivi e quindi lasceranno le cattedre vuote non si sa per quanto, anche se questo numero almeno è servito a stroncare nella sua vergogna la già montante polemica sui “furbetti” e “fannulloni”, che non volevano tornare a scuola.
Abbiamo gli insegnanti più anziani d’Europa per colpa della Fornero e di anni di mancate assunzioni di giovani.
Una volta esistevano i medici e i presidi sanitari scolastici che funzionavano da tutela e prevenzione, poi tutto il servizio è stato tagliato, né si pensa minimamente di ricostruirlo. E poi le aule, gli edifici, i trasporti, tutto ridotto tagliato, quando non a rischio.
Gli appelli alla fiducia e alla responsabilità delle famiglie sono vuota insopportabile retorica, se fatti da governanti che non sono neppure in grado di organizzare nelle scuole quei termoscanner, che sono onnipresenti nei supermercati.
E continuano a mancare le mascherine, a cui debbono provvedere ancora le famiglie nonostante i reiterati sbandierati annunci del governo.
Non ci sono autisti e autobus, così i governanti hanno deciso che i trasporti siano comunque “sani” se salgono 4 persone su 5.
Come per la sanità pubblica quando è esplosa la pandemia, ora che si torna a scuola dopo 7 mesi di chiusura si riscopre il peso insopportabile di anni e anni di tagli e privatizzazioni, durante i quali le scuole sono state trasformate in aziende come gli ospedali, con gli stessi pessimi risultati.
La classe politica si divide tra i governanti di oggi, che danno tutta la colpa a quelli di ieri, naturalmente vantando di aver fatto tutto il possibile, e i governanti di ieri che danno addosso alle incapacità di quelli di oggi.
Nessuno di loro che sappia dire: “scusateci, abbiamo sbagliato tutto e ora cambiamo davvero, taglieremo le spese militari, le grandi opere, i soldi alle imprese, prenderemo i soldi a ricchi ed evasori e metteremo tutto ciò che serve nella scuola e nella sanità pubbliche, per le quali è subito abolita ogni politica di austerità e privatizzazione”.
Durante i momenti più duri del lockdown imperversava la retorica sugli eroi della sanità, per altro rapidamente abbandonata. Ora arriverà quella sugli eroi della scuola, insegnanti e personale, famiglie studenti. Che tra un po’ farà la stessa fine della precedente.
È vero che tante persone normali, facendo il proprio dovere nei momenti più duri, diventano eroi; ma questo non giustifica, anzi, rende ancora più insopportabile la cialtroneria del sistema.
Essere consapevoli delle difficoltà e dei problemi di tutti non significa accettare passivamente che i governanti continuino ad obbedire alle leggi del mercato e del rigore di bilancio, invece che ai bisogni reali della popolazione.
Quando le cose non vanno bisogna lottare, non subire il danno come se fosse frutto del destino. Per questo faranno benissimo i lavoratori della scuola, dei trasporti e gli studenti a scioperare il 24 e 25 settembre, con il sostegno di tutte le famiglie sulle quali ancora una volta si scarica il peso di tutte le colpevolezze di chi governa.
È paradossale, da un lato i governanti fanno appello continuo alla responsabilità dei cittadini, a cui si chiede di supplire alle mancanze pubbliche con l’ impegno personale, ad esempio prendendo la febbre ai bambini a casa.
Poi però se queste persone si mobilitano, affinché davvero le cose vadano meglio e si faccia ciò che è necessario, allora queste stesse persone diventano “insensibili disturbatrici del manovratore”.
Basta! Come diceva Brecht, beati i popoli che non hanno bisogno di eroi e non non abbiamo bisogno di eroi nella scuola e nella sanità.
Abbiamo bisogno di un sistema pubblico, universale e sicuro per il quale bisogna lottare.
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