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Non c’è niente da festeggiare

La crescita del PIL del 16% per il periodo luglio-agosto, superiore alle previsioni,  ha scatenato commenti positivi e ottimisti. Il fatto è che non solo l’Italia, ma anche la Francia e la Spagna hanno avuto una crescita economica alta per quel periodo, quello nel quale in Europa erano saltate tutte le regole di controllo e contenimento del Covid-19.

Oggi noi paghiamo tutti, con il dilagare incontrollato del contagio, quella ripresina senza regole, quando si dimenticarono i 35.000 morti appena appena registrati.

A giugno si è deciso che l’economia veniva prima della salute, anche perché tanti esperti che non erano tali annunciavano la fine della pandemia. Così è ripresa la crescita del PIL prima, quella del virus subito dopo.

Ora, con il disastro sanitario in arrivo, e in alcuni territori già in corso, non solo avremo tante nuove vittime, ma una nuova caduta dell’economia.

Questo anche se le pubbliche autorità per opportunismo e viltà continueranno e rinviare il necessario lockdown. Perché siamo entrati in in circolo vizioso nel quale ci sono il contagio acuto, poi il rilassamento e la ripresa economica, che a sua volta provoca una pandemia più grave e una nuova depressione economica.

È il fallimento del modello liberista sia della gestione della salute che di quella dell’economia. Perché se non si mette la salute al primo posto e non si pianifica l’economia in funzione di essa, alla fine saltano tutte e due.

Non c’è quindi nulla da festeggiare per i numeri del PIL di settembre: li pagheremo con gli interessi sia nella salute e nella vita delle persone, sia nello sviluppo economico.

Senza salute non c’è economia.

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