L’intera regione attende il nuovo presidente Joe Biden, attende di conoscere i suoi obiettivi, i pilastri dei suoi orientamenti per il Medio Oriente. L’intera regione, da Israele agli stati del Golfo, Iran e Siria, sta osservando cosa farà e come saranno i suoi passi in politica estera. Di certo sappiamo che Biden ha una lunga esperienza nella commissione esteri al Senato, arricchita da otto anni come vice presidente di Obama.
Il nuovo presidente e la sua amministrazione sembrerebbero determinati a tornare all’accordo sul nucleare iraniano e prevenire azioni unilaterali contro i palestinesi. Con questa determinazione, la luna di miele quadriennale tra Israele, Netanyahu e l’amministrazione Trump sarebbe ufficialmente terminata.
Secondo varie fonti israeliane, il governo israeliano ha già preparato una serie di richieste dirette all’amministrazione del nuovo presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che riguardano in particolare l’Iran e la questione palestinese.
Ron Ben Yishai, analista di intelligence e degli affari militari del sito web “Yediot Aharonot”, ha sottolineato che le future mosse americane sulla questione palestinese e sul conflitto israelo-palestinese non sono considerate una questione urgente per il governo israeliano.
“Perché è meno influente e non costituisce una minaccia agli interessi degli Stati Uniti e dei loro alleati nella regione, e perché Trump ha già regalato a Israele un dono importante in questo campo: il superamento del veto palestinese sulla normalizzazione delle relazioni tra i paesi arabi e Israele“, riferendosi al bypass dei palestinesi nella normalizzazione delle relazioni tra Israele e paesi arabi.
Gli alti funzionari dell’amministrazione Biden hanno affermato di vedere “la soluzione dei due stati come l’unica e possibile soluzione, che non soddisferà le aspirazioni palestinesi all’autodeterminazione, ma eviterà anche a Israele il rischio di uno stato bi-nazionale in cui gli ebrei diventeranno una minoranza”. Cioè la purezza dello stato ebraico è intoccabile.
E fanno intendere che le richieste degli Stati Uniti alla parte israeliana al riguardo sarebbero limitate alla richiesta di astenersi dall’adottare misure unilaterali che minerebbero qualsiasi “possibile futuro negoziato israelo-palestinese”, compreso l’arresto dell’espansione degli insediamenti e la legittimazione di avamposti di insediamento casuali.
Secondo l’analista Ron Ben Yishai, l’élite della leadership politica e militare israeliana, durante l’ultimo periodo, ha rivolto una serie di richieste alla nuova amministrazione statunitense, per raggiungere i propri interessi alla luce di qualsiasi mossa futura che gli Stati Uniti possano adottare sulla questione iraniana.
La prima richiesta israeliana è che l’amministrazione Biden non rinunci alle “sanzioni economiche” imposte nei confronti della Repubblica Islamica dell’Iran, alla luce della convinzione israeliana che “le dure sanzioni economiche sulle esportazioni di petrolio e l’impedimento della partecipazione dell’Iran al sistema finanziario internazionale erano e sono ancora il principale o forse l’unico mezzo di pressione. Ciò potrebbe persuadere gli iraniani ad avviare negoziati e dimostrare la volontà di fare concessioni “.
La seconda richiesta israeliana è la necessità di continuare le consultazioni preliminari e il coordinamento congiunto tra la parte statunitense e quella israeliana sulla questione iraniana.
La terza richiesta israeliana è che gli Stati Uniti d’America non siano soddisfatti del ritorno dell’Iran ai suoi impegni nell’ambito del programma nucleare firmato nel 2015 (ufficialmente noto come “Joint Comprehensive Plan of Action”), e di impedire che il progetto nucleare militare iraniano torni alla posizione in cui si trovava prima del ritiro dell’amministrazione Trump.
I funzionari israeliani insistono sulla necessità di perseguire un nuovo accordo nucleare che includa il programma missilistico balistico dell’Iran, tutti i tipi di missili in grado di trasportare testate nucleari e “le attività destabilizzanti dell’Iran” in Medio Oriente.
In quarto luogo, Israele chiede che la nuova amministrazione statunitense lavori per preservare il “campo filo-occidentale e anti-Iran che sta prendendo forma in Medio Oriente dopo la firma degli “Accordi di Abraham””, mediato dall’amministrazione Trump, per normalizzare le relazioni tra Israele e Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Sudan e Marocco.
Israele sta cercando di imporre un programma politico e nuovi fatti che Biden non può superare. Come è successo tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti e nella normalizzazione delle relazioni con altri paesi. Anche sulla questione dell’Iran, Israele ribadisce che non ammetterà e non accetta alcuna intesa iraniano-statunitense che violi i suoi interessi e non sia collegata a ciò che vuole. Stabilisce fatti (possibile base militare) con alcuni paesi arabi del golfo, per circondare l’Iran.
Teheran ancora non è in grado di compiere nuovi passi. Come con Trump, così è con Biden: non è in grado di mettere in atto le sue risposte, minacce e promesse di vendetta contro gli interessi statunitensi e israeliani, in risposta ai colpi subiti.
Gli stati del Golfo, in particolare l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, stanno lavorando per eventuali negoziati iraniano-statunitensi. In questo contesto, il Qatar, (che ha mantenuto buone relazioni con l’Iran, a dispetto dell’Arabia Saudita, e dell’asse sunnita, fino all’ultima riconciliazione e la ripresa delle relazioni diplomatiche con gli altri paesi del golfo e con l’Egitto), per bocca del ministro degli esteri ha sollecitato l’apertura di dialogo con l’Iran. Il suo obiettivo è quello di creare e imporre una nuova realtà a qualsiasi negoziato iraniano-americano, in modo che non si ripeta la politica di Barack Obama, che è andato a un accordo nucleare con l’Iran senza coinvolgere gli Stati del Golfo, intenzionati ad essere parte attiva al tavolo di eventuali nuovi negoziati.
La posizione dell’Amministrazione Biden, sull’Iran e il nucleare iraniano, è stata espressa da due ministri, difesa e interni, e non dista molto dalla posizione del ex presidente Trump, soprattutto sul nucleare e balistico, anzi, gli Stati Uniti eserciteranno maggiori pressioni. Pertanto, il punto di partenza della politica di Biden potrebbe essere ciò che Trump ha stabilito e consacrato.
Tutti attendono, e tutti vorrebbero conoscere quali saranno le nuove mosse del nuovo presidente, dalla Russia alla Turchia, dalla Siria al Libano, tutti in stato di attesa, e dimenticano che il serpente rimane tale pur cambiando la pelle. Nel frattempo, la guerra continua in Siria, nello Yemen, in Libia, e la colonizzazione israeliana vola oltre i confini della geopolitica.
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