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Dall’austerity al whatever it take. Draghi sempre e comunque nemico del popolo

È completamente fuorviante cercare di rappresentare come due personalità diverse quella di Draghi privatizzatore, ex-banchiere, falco dell’austerity contro Grecia e Italia, contrapposta al Draghi del ‘Whatever it takes’ e delle politiche monetarie espansive, perché svolgono entrambi la stessa funzione. Infatti, con lucido pragmatismo Draghi porta avanti le necessità della borghesia europea a seconda di come queste si presentano nel tempo. Nel 2011-2012, c’era bisogno di salvare il sistema finanziario europeo e l’eurozona scaricandone i costi sulla classe lavoratrice? E così ha fatto, piegando a questo scopo tutti i trattati necessari. Non pensiamo che il Whatever it takes abbia portato benessere alla collettività, perché ha di fatto solo regalato alle banche miliardi di miliardi che non hanno mai avuto un riflesso nell’economia reale, sulla quale invece si è scagliata la scure di tagli, privatizzazioni e aziendalizzazioni.
Oggi serve la politica fiscale per salvare le industrie europee? E allora via al “debito buono”, in barba a fiscal compact e pareggio di bilancio. Anche qui, non crediamo che questo debito sarà speso per il benessere collettivo.

Nella famosa intervista al Financial Times è Draghi stesso ad essere chiaro: bisogna salvare il settore privato cancellandone il debito o assorbendolo con i bilanci pubblici. Nel fare ciò vanno abbandonate le imprese zombie (piccole e medie imprese che non potrebbero reggere lo scontro interimperialista) e bisogna puntare sui campioni europei (come ad esempio Stellantis, fusione di FCA e Peugeot). Questo significa scaricare nuovamente la crisi sui lavoratori autonomi e dipendenti, sui giovani e sulle donne, acuendo la polarizzazione del mercato del lavoro, le differenze tra aree geografiche e la disoccupazione. Il nuovo mantra sarà “più Stato per il mercato”. Whatever it takes.
Non che il governo Conte non avesse in testa lo stesso progetto (e il programma Next Generation EU ne è la dimostrazione lampante), ma anche il solo tentativo di provare a mediare con alcuni settori perdenti della borghesia era inaccettabile. Una dimostrazione ulteriore che il sistema non è riformabile dall’interno.
Magari qualcuno ha il tempo per dire “lasciamo lavorare Draghi per vedere cosa fa”, “le sfumature sono più importanti”, “è onesto e preparato”, “magari piove qualche briciola in più” ecc, ma per una generazione devastata dalle politiche europee non c’è un secondo da perdere per costruire l’opposizione e la controffensiva.
Si parte da Roma, sabato ore 11:00, presidio in Piazza San Silvestro.

#romperelagabbiaUE

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