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La peggiore giustizia di classe per Mimmo Lucano

Ero a Ravenna sotto il cippo che ricorda i caduti del lavoro e tra questi i 13 operai della Mecnavi uccisi nel 1987. Per quella strage dovuta al mancato rispetto delle più elementari norme di sicurezza, il padrone dell’azienda alla fine ha avuto una condanna a 4 anni con la condizionale. Meno di tre mesi per morto. Commentavo le enormi complicità dello stato, nel massacro dei lavoratori ieri e oggi, assieme ai compagni di Potere al Popolo , candidati nelle elezioni comunali.

Poi mi è arrivata la notizia della condanna di Mimmo Lucano a 13 anni e 2 mesi in primo luogo per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Ho pensato alle condanne nettamente più lievi ed in via di prescrizione per la strage di Viareggio. A quelle inferiori e in parte neppure eseguite per la Tyssen Krupp di Torino. Alle assoluzioni per l’amianto. Al Ponte Morandi, al Mottarone, al massacro infinito sul lavoro, dove non solo ancora non si svolgono i processi, ma neppure è chiaro se ci siamo degli incriminati.

Ho pensato a tutto questo e ho capito che la sproporzione allucinante della condanna a Lucano, anche se davvero avesse violato la legge per aiutare delle persone in difficoltà, è voluta.

L’ex sindaco di Riace ha ricevuto una condanna enormemente superiore a quelle per gli omicidi sul lavoro e per tanti reati infami, perché i giudici hanno voluto chiarire cosa deve essere la “legalità” nell’Italia di oggi: la legalità del potere politico ed economico deve venire prima dei diritti e della stessa vita delle persone.

Luca Traini che ai migranti ha sparato, ha avuto un anno in meno di Mimmo Lucano. Per la giustizia italiana è più grave aiutare un migrante che tentare di ucciderlo.

Con questa sentenza vergognosa i giudici hanno voluto chiarire che la solidarietà, quella che personalmente visto a Riace, può essere reato gravissimo, mentre il profitto giustifica sempre. È la più brutale giustizia di classe quella a cui si è riconvertito il corpo della magistratura italiana.

Dopo anni di conflitti , il potere economico e politico ha vinto: come prima degli anni 70 del secolo scorso la magistratura è tornata ad essere il più feroce cane da guardia del sistema. Anche questa restaurazione è giunta al traguardo. Solidarietà totale a Mimmo.

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2 Commenti


  • Pasquale

    Il modello Riace, paradigma dell’accoglienza, è stato affossato perché funzionava. Mimmo Lucano è stato arrestato perché non ha rubato, perché non è un trafficante, perchè è riuscito a far ripopolare il suo paese, la cui sorte dell’oblìo, al pari di quella di tanti altri sembrava segnata. Mimì è stato messo fuori perché si è permesso di portare solidarietà e speranza di futuro a donne e uomini che sono arrivati da terre lontane, che sono fuggiti dalla guerra, dalla fame e dalla carestia. Ora che il passato governo giallo-verde in Italia, ha messo al bando l’accoglienza, senza volerlo ci si scopre un po’ fascisti e un po’ razzisti. In questa terra bella e dannata dove la ndrangheta spadroneggia, dove tanti politici fanno la fila per essere ricevuti dai capibastone, dove altri politici rubano soldi pubblici anche fino a 49 milioni di euro, dove la sanità pur tra qualche eccellenza è al collasso e in ospedale si può morire per un guasto all’ascensore, dove i ponti crollano e nessuno li sistema, dove il territorio frana per mancanza di manutenzione, dove si lasciano donne e bambini profughi in mezzo al mare, o li si mandano per strada chiudendo i centri, in questa terra alla deriva dove pezzi importanti delle istituzioni vanno a braccetto con la massoneria. In questa terra dove nonostante tutto affiorano anche momenti di bellezza, attrazione e fascino, riuscendo perfino a sedurre, non si trova di meglio che perseguire un uomo che ha fatto della solidarietà l’inno della ‘sua’ politica, e dell’accoglienza e il bene comune le ragioni della sua vita.
    E’ proprio vero, è un arresto che non riesci a vederlo ‘normale’.
    Pasquale Aiello


  • giampaolo

    Lucano è stato condannato dal tribunale di Locri, dopo anni di indagini approfondite e capillari a 360 gradi, che hanno richiesto al già scarso organico una full immersion investigativa. Ma d’altra parte la Locride è un posticino socialmente tranquillo, tutto casette linde e colorate, governato da galantuomini, con servizi efficienti e sanità di avanguardia, disoccupazione assente. E che doveva fare la procura, praticamente inutile in un tale paradiso sociale, se non indagare sull’unica persona che metteva in cattiva luce questa isola felice?

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