Yvan Colonna è morto. Yvan Colonna è stato ucciso dallo Stato.
Finisce cosi la lunga tortura perpetrata dalla repressione francese nei confronti di uno delle più conosciute personalità dell’indipendentismo corso.
Sin da giovane attivamente impegnato nella lotta per l’indipendenza della Corsica, Yvan Colonna venne arrestato e condannato per l’omicidio del prefetto Érignac, avvenuto ad Ajaccio nel 1998.
Sostenuto da tutto il movimento indipendentista con imponenti manifestazioni, Colonna rivendicò sempre la sua innocenza ma a seguito di un processo farsa venne condannato all’ergastolo.
Ma lo Stato, anche non avendo individuato il responsabile, non poteva permettersi di lasciare impunito l’omicidio di un suo prefetto, ad ogni costo. Perciò la vendetta contro Yvan Colonna diviene un modo per la Francia per dimostrare la forza repressiva nei confronti di chiunque osi rivendicare i diritti del proprio popolo, primo fra tutti quello all’autodeterminazione.
Una vendetta di Stato pianificata e portata a termine fino alle estreme conseguenze. Sin da subito deportato in Francia, viene sottoposto ad un regime carcerario durissimo: pochissime visite di parenti, ostacolati anche dalla distanza geografica, nessuna possibilità di ricevere pacchi, limiti nella disponibilità di denaro, nessuna possibilità di accedere a strumenti di comunicazione digitale. Tutte le richiesta di trasferimento per l’avvicinamento alla propria terra sono state sistematicamente negate in tutti questi anni.
La vendetta si è consumata con l’attentato del 2 marzo.
Lo Stato ha pianificato con freddezza l’omicidio di Yvan Colonna, utilizzando per l’attentato la manovalanza di un estremista islamico camerunense, per cercare di nascondere la propria responsabilità e sviarla magari cercando di innescare uno scontro etnico religioso.
L’intero movimento indipendentista e la migliore gioventù corsa hanno risposto con grande coraggio e determinazione a questa provocazione, difendendo con tutta la loro forza Yvan Colonna ed accusando apertamente la Francia dell’omicidio.
La morte di Yvan e la lotta del popolo corso rilanciano le ragioni che sono alla base di un conflitto che può risolversi solo con una trattativa politica su prigionieri politici, lingua e cultura, difesa dell’ambiente e dei diritti economici, sociali e nazionali del popolo corso, fino al diritto all’indipendenza.
Davanti all’ingiustizia di questo omicidio di Stato condanniamo con forza la repressione francese e ci stringiamo fraternamente al fianco del popolo corso, incoraggiandolo a proseguire con determinazione, anche nel nome di Yvan, la strada verso la libertà e la giustizia.
Yvan vive!
À pòpulu fattu, bisogna à marchjà!
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