Man mano che passano i giorni della guerra in Ucraina si moltiplicano i sondaggi trasmessi dalle varie reti televisive per rilevare l’opinione pubblica su quanto sta accadendo.
Il risultato è che cresce la divaricazione tra ciò che quelle reti cercano di accreditare con le proprie trasmissioni e ciò che “la gente” comincia a pensare con la propria testa.
Questi media, pubblici o privati che siano, fanno a gara per dimostrare che Putin è pazzo, ma “la gente” comincia a pensare che sarà pure pazzo, ma di sicuro non è scemo.
Questi media gareggiano nell’accreditare un’immagine salvifica degli Stati Uniti, ma “la gente” comincia a pensare che l’America sarà pure esportatrice di democrazia, ma i suoi interessi non coincidono con quelli europei.
Questi media gareggiano nell’insinuare che in Russia monta un’ondata di dissenso per rovesciare Putin, ma “la gente” comincia a capire che la stragrande maggioranza dei russi concorda pienamente con le strategie belliche dello zar.
Questi media gareggiano nel tranquillizzare i consumatori sulla disponibilità di fonti energetiche anche per il prossimo futuro, ma “la gente” è sempre più convinta che il petrolio e il gas raccattato presso altri dittatori comunque non ci affrancherà dalle forniture russe.
Da cosa dipende la sfasatura tra l’informazione fornita dagli anchor men dei media e l’opinione pubblica dei cittadini?
A mio avviso dipende dall’abuso di potere esercitato dai primi, sottovalutando la qualità intellettiva dei secondi. Inoltre, gli anchor men soffrono di autoreferenzialità come ogni circolo chiuso in cui poche diecine di privilegiati fanno da guardiani al pensiero unico, mentre i cittadini comunque esprimono una pluralità di vedute garantita dall’essere milioni di teste disparate, appartenenti a classi diverse.
In 24 mesi, tra la realtà incombente della pandemia e della guerra e l’idea che ce ne siamo fatta, si è interposto il filtro distorcente di una ventina di anchor men, oligarchi nostrani dell’informazione che, armati di talk show, hanno imposto il loro punto di vista basandolo sulla propria cultura generica e sull’interesse dei loro padroni.
Il metodo manipolatorio è semplice: ogni trasmissione viene articolata in uno o più panel di cosiddetti “esperti” scelti alla rinfusa in un mazzo consueto di giornalisti e politici.
Il numero dei partecipanti a ciascun panel deve essere esuberante rispetto al tempo disponibile, in modo che ognuno degli interpellati abbia pochi secondi per esprimere giudizi su questioni cosmiche. Prima che l’interpellato di turno riesca a completare un pensiero, viene interrotto dal conduttore o viene contraddetto da altri partecipanti che sovrappongono il loro dissenso, spesso in tono forsennato, a ciò che si stava dicendo.
Essenziale è che, alla fine della messinscena, tutti abbiano parlato senza nulla dire e resti salva solo la tesi che stava a cuore al conduttore, cioè al suo datore di lavoro
Il sotterfugio sempre più frequentato sta nell’esibire giornalisti in veste di esperti.
Quella del giornalista è una rispettabile professione che consiste nella capacità scientifica di raccogliere, vagliare e trasmettere notizie su una vasta gamma di accadimenti.
L’esperto, invece, è colui che ha dedicato una vita intera ad approfondire una sola disciplina con qualche necessaria scorribanda nelle discipline confinanti.
Ma ora vige il vezzo di promuovere al rango di storico o di geopolitologo o di virologo o di sociologo qualunque giornalista che sia stato impunemente intervistato un paio di volte su questioni di storia o di geopolitica o di virologia o di sociologia.
Tuttavia, quando gli eventi comunicati sono complessi e gravi come quelli attuali, si mette in moto tra “la gente” un meccanismo di autonoma elaborazione delle informazioni per cui l’ignoranza sapiente dell’opinione pubblica travalica la sapienza ignorante degli anchor men.
Un aspetto particolarmente grave dell’attuale patologia informativa consiste nell’occultamento sia delle cause che hanno portato alla situazione presente, sia dei disastri cui stimo andando incontro e dei rimedi sbilenchi che gli stiamo opponendo.
La carenza congiunta di grano e di fonti energetiche promette a tutto l’Occidente un prossimo futuro di fame per molti e di impoverimento per quasi tutti. Ciò comporta che masse pauperizzate accumuleranno un rancore esplosivo traducibile in sovversione autoritaria o in incremento democratico a seconda del colore delle forze politiche capaci di egemonizzarle e convogliarle.
* da Il Fatto Quotidiano, 19 aprile 2022
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Francesco Cocozza
Da condividere, dalla prima parola all’ultima.
Bruno Aquila
È e sarà sempre così.
Le notizie che ci arrivano sono sempre a senso unico, e nell’articolo precedente viene dimostrato come l’informazione pubblica le manipola ad arte.
Come dice De Masi, il giornalista vaglia, raccoglie e trasmette notizie su una vasta gamma di accadiment, mentre l’esperto è colui che ha dedicato una vita intera ad approfondire una sola disciplina, con qualche sconfinamento nelle discipline sconfinati.
Da leggere e valutare con la propria testa ciò che De Masi ci trasmette.
Ho sempre pensato che questa situazione del grano, e di fonti energetiche, ci porterà ad una situazione economica ( per il ceto medio – basso ) veramente disastrosa.
Pasquale
Gli esperti che nei talk show parlavano di pandemia prima, sono gli stessi che parlano di guerra adesso. L’informazione, non lo scopriamo noi, è da sempre pilotata dal regime. Bisogna avere filtri potenti e discernimento. Il giornalismo libero è merce rara. Sui media ufficiali ciò che conta è l’audience. Se smettessimo di fare i tifosi e spegnessimo tutti il televisore, la pace potrebbe avvicinarsi.
Ernesto Pace
Io penso che con l’estradazione di Assange nelle carceri americane (cronaca di una morte annunciata) la menzogna sara’ l’unica informazione che da Oriente ed Occidente riempira’ le nostre menti sempre piu’ confuse.
marcella mariani
Da condividere parola per parola, purtroppo