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“Kiev deve vincere ed entrare nella Nato”. Parla Draghi, il guerrafondaio

Le gravi parole pronunciate da Mario Draghi negli Stati Uniti, sulle quali già ieri abbiamo commentato sul nostro giornale, hanno visto pervenire altri contributi di analisi e discussione.

Qui di seguito un intervento di Paolo Ferrero della Direzione del Partito della Rifondazione Comunista e del nostro direttore Sergio Cararo. Buona lettura.

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Per Draghi sull’Ucraina gli interessi Ue coincidono con quelli Usa. Io penso non sia vero

di Paolo Ferrero *

Draghi ha detto in modo chiaro che per l’occidente non c’è alternativa alla vittoria dell’Ucraina in questa guerra. Si tratta di una affermazione non isolata, con l’ex segretario generale Rasmussen che propone di inviare truppe Nato in Ucraina e con i fascisti nostrani che propongono di ripristinare l’esercito di leva per avere anche noi un po di carne da cannone da mandare in giro a farsi ammazzare come succede al popolo ucraino oggi.

Si tratta di posizioni criminali, che debbono essere sconfitte con la mobilitazione popolare in quanto l’alternativa non è tra vincere e perdere ma tra la trattativa, la tregua, il cessate il fuoco e la terza guerra mondiale.

Affermo questo perché:

1) La vittoria dell’Ucraina, se l’italiano non è un’opinione, presuppone la sconfitta della Russia. Visto che l’economia russa regge bene alle sanzioni e che il consenso in Russia alla guerra non è in calo, l’unica sconfitta possibile è quella militare.

Vorrei che qualcuno mi spiegasse perché una potenza nucleare come la Russia dovrebbe accettare di essere sconfitta militarmente senza far ricorso alle armi nucleari. Si badi che gli esempi dell’Afghanistan o del Vietnam non hanno nessuna attinenza. Anche l’Unione Sovietica si è ritirata dall’Afghanistan, ma qui la Russia sta combattendo per quelle che considera la difesa dei suoi confini e del suo popolo.

Si può ovviamente discutere a lungo su quanto questi argomenti siano fondati o meno, ma non è questo il punto. Il nodo è che mentre il Vietnam e l’Afghanistan erano territori lontani dagli Usa e non strategici, qui la Russia combatte quella che considera una battaglia essenziale per la propria vita e la propria sicurezza.

Il parallelo non è con il Vietnam o l’Afghanistan, ma con la crisi dei missili a Cuba del 62. Lì dove Kennedy riteneva che fossero in gioco gli interessi fondamentali degli Stati Uniti, si è arrivati ad un passo dalla catastrofe nucleare. In quel caso gli Usa non si sono ritirati.

Oggi, nel Donbass e in Crimea, siamo nella stessa situazione e la crisi va risolta con la trattativa e non con la terza guerra mondiale. Come nel ‘62 Kennedy e Krusciov trattarono, così occorre fare oggi. Chi parla di vittoria – sia esso Zelensky, Draghi o Meloni – politicamente è un pazzo criminale e non uno statista.

2) Gli interessi dell’Europa secondo Draghi coincidono con quelli degli Stati Uniti. Io penso che non sia vero. Come si evince dagli effetti delle sanzioni, l’Europa – e segnatamente la Germania e l’Italia, che hanno i più grandi apparati industriali – ha tutto da perderci da una rottura verticale delle relazioni economiche con la Russia.

Parallelamente gli Stati Uniti hanno tutto da guadagnare da una rottura delle relazioni economiche tra Russia ed Europa perché da un lato sostituiscono – a prezzi altissimi – la Russia nella fornitura di materie prime ed energetiche e, conseguentemente, indeboliscono il concorrente europeo nella sua capacità produttiva. Ricordiamoci le sanzioni degli Usa nei confronti dell’industria automobilistica europea…

Al contrario di cosa di dicono le élite dominanti vendute agli Usa – una sorta di borghesia compradora che prolifera nelle colonie – l’Europa ha tutto l’interesse a non diventare il teatro di guerra della terza guerra mondiale ricercando la vittoria – una specie di grande Donbass – e invece a ricercare la pace, la trattativa, il cessate il fuoco, come propone il Papa.

3) In terzo luogo la guerra tende a consolidare una divisione in due del mondo: da un lato Usa, Europa, Giappone ed ex impero inglese, dall’altra Cina, Russia e larga parte del sud del mondo. Questo mondo bipolare è meglio di un mondo unipolare, ma non è un bel mondo….

E’ un mondo di odio, sempre sull’orlo della terza guerra mondiale. Un mondo in cui la democrazia e la verità tendono a scomparire perché sarebbe un mondo in guerra nei fatti, un mondo fatto da due grandi trincee. La riduzione del mondo a tante trincee è una prospettiva degradante e suicida prima ancora che criminale.

L’Europa ha tutto l’interesse ad un mondo multipolare e non ad un mondo bipolare. L’Europa ha interesse a svilupparsi nelle sue caratteristiche proprie, nella capacità di costruire legami pacifici e di cooperazione ad est come a sud e ovest.

Gli interessi dell’Europa non coincidono quindi con quelli della Nato, non coincidono con la logica della guerra permanente, perché i propri interessi sono quelli di sviluppare un mondo multipolare fondato sulla cooperazione.

Non proseguo oltre, ma il punto è semplice: chi parla di vittoria in Ucraina sta lavorando a convincere le opinioni pubbliche per avere il consenso a determinare una escalation che ci porterà alla terza guerra mondiale e trasformerà l’Europa in un immenso campo di battaglia. Bisogna fermarli prima che sia troppo tardi: che si chiamino Draghi, Meloni, Biden o Schlein.

  * Partito della Rifondazione Comunista

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Draghi. “L’Ucraina deve vincere ed entrare nella Nato”. Prepariamoci agli shock nell’economia

di Sergio Cararo

 

Negli Stati Uniti per ricevere un premio al MIT di Boston, l’ex premier Mario Draghi ha illustrato la linea di condotta del partito della guerra e della miseria per i popoli oggi al comando in Europa e negli Stati Uniti. E’ vero che non ha più incarichi di governo o istituzionali, ma è un “influencer” assai pesante e le sue parole pesano come piombo.

E’ utile leggere bene le parole di Mario Draghi, perché in esse è chiarissimo sia il ruolino di marcia dell’escalation militare sia gli scenari economici di quella che si va ormai configurando come una economia di guerra nel mondo occidentale.

In un ampio e articolato intervento, Draghi si è concentrato su due eventi che, insieme alle tensioni crescenti con la Cina, “hanno dominato le relazioni internazionali e l’economia globale nell’ultimo anno e mezzo: la guerra in Ucraina e il ritorno dell’inflazione”.

Le sfide aperte sono piuttosto “una conseguenza di un cambiamento di paradigma che negli ultimi 25 anni ha visto la geopolitica globale slittare dalla competizione al conflitto”. Un paradigma che “potrebbe portare a tassi di crescita potenziale più bassi e richiederebbe politiche che portino a deficit di bilancio e tassi di interesse più elevati” (….) non c’è alternativa per gli Stati Uniti, l’Europa e i loro alleati ad assicurare che l’Ucraina vinca questa guerra. Solo un cambiamento di politica interna a Mosca vedrebbe la Russia abbandonare i suoi obiettivi, ma non vi è alcun segno che un tale cambiamento si verificherà”. Draghi prevede dunque “conseguenze geopolitiche di un conflitto prolungato al confine orientale dell’Europa”.

Tra queste conseguenze, invitando a prepararsi per affrontarle, Draghi ritiene che “E’ essenziale per aiutare l’Ucraina per tutto il tempo necessario e per fornire una deterrenza significativa contro la Russia. Poi dobbiamo essere pronti a iniziare un viaggio con l’Ucraina che porti alla sua adesione alla Nato. Infine, dobbiamo prepararci a un periodo prolungato in cui l’economia globale si comporterà in modo molto diverso dal recente passato”.

È qui che, secondo Draghi i cambiamenti geopolitici e le dinamiche dell’inflazione si intersecano. “La guerra in Ucraina ha contribuito all’aumento delle pressioni inflazionistiche a breve termine, ma è anche probabile che inneschi cambiamenti duraturi che preannunciano un aumento dell’inflazione in futuro. L’inflazione si sta dimostrando più resiliente di quanto inizialmente ipotizzato dalle banche centrali. E la lotta per domarla «non è finita e richiederà probabilmente una cauta continuazione della stretta monetaria”.

Draghi prevede anche che i governi registrino deficit di bilancio permanentemente più elevati in nome di un ventaglio di questioni da affrontare: dalla crisi climatica, alla necessità di puntellare le nostre catene critiche di approvvigionamenti, alla difesa, soprattutto nell’Ue. Queste richiederanno investimenti pubblici sostanziali che non possono essere finanziati solo attraverso aumenti delle imposte”. E un impatto da simili impegni ci sarà anche sul carovita: “Questi livelli più elevati di spesa pubblica eserciteranno ulteriore pressione sull’inflazione, accanto ad altri possibili shock”.

In sostanza Draghi ha affermato che il conflitto in Ucraina sarà lungo, che Kiev deve vincere la guerra e poi entrare nella Nato, mentre sul piano economico le società dovranno fare i conti con “possibili shock”,  tassi di interesse elevati, inflazione, bassa crescita economica e spostamento prioritario degli investimenti pubblici verso le necessità delle filiere produttive, dell’industria tecnologica e degli armamenti.

Mettere in crisi il partito della guerra su cui oggi si regge il “nostro” imperialismo europeo non è solo un dovere, è una necessità di sopravvivenza.

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6 Commenti


  • Pasquale

    Perché questi signori della guerra, visto che tengono così tanto a vincerla, non mandano anche i loro figli a combattere a fianco degli Ucraini? Un fucile in mano non ci vuole così tanto a imparare a tenerlo.


  • Gennaro tessitore

    Draghi a nome di chi parla?


  • Andrea

    siamo tutti convinti all’Interno della sinistra di classe che ci sia una volontà di spingere sulla guerra che sarebbe un vantaggio per le elite finanziari e governo di destra. Draghi è un ingranaggio importante di questo mondo che gode di credito non solo all’estero ma anche da noi che parla nelle università e nei circoli esclusivi e che influenza il dibattito. Ancora non si riesce a dare una il giusto impulso al movimento che chieda un cessate il fuoco per tante ragioni sulle quali si è già scritto.Mi preme solo dire che almeno quando è possibile cerchiamo di impedire a questi satrapi come Draghi di parlare, violare i loro santuari, il loro convegni. Debbono sentire il fiato sul collo. Sarebbe un messaggio per loro di sfratto poco tollerabile un segno di vitalità per noi


  • Pelullo Francesco

    Sono d’accordo, per Mattarella era l’uomo della provvidenza, osannato, corteggiato,
    dalla finanza internazionale, (visto il suo curriculum). ha le sembianze di un rapace
    può sempre mandare i suoi figli, visto che vivono a Londra … altro governo bellistista
    È necessario fermare questi criminali, prima. he sia troppo tardi.


  • Mara

    Mai come in questi momenti è importante battersi per un salario dignitoso, per le cure sanitarie e perché il governo affronti seriamente i disastri ecologici per la manutenzione del territorio cosa che non sta facendo. Se non si lotta per tutto questo si lascia spazio agli investimenti per le armi invece che a questo. Ogni conquista per salario sanita territorio ecologia e un aiuto per la pace


  • Bruno Tartaglione

    draghi e’ la longa manus degli interessi USA non di quelli europei. e vaneggia di una vittoria sulla Russia forse non capendo che questa può ottenersi solo con una guerra nucleare

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