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Narrazione anticomunista e “identità europea”

La risoluzione adottata dal Parlamento Europeo il 19 settembre 2019 sull’ “importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa” dichiara esplicitamente, nella sua stessa intestazione, di rappresentare il tentativo di costruire una memoria pubblica, cioè l’elemento chiave di un’identità collettiva (o almeno l’egemonia di un certo modo di concepire e definire una tale identità).

Senza per ora approfondire il problematico rapporto tra l’idea di Europa e un’entità geopolitica dai confini tanto efficaci quanto incerti come l’Unione Europea di oggi, è importante osservare intanto che in tale ambizioso progetto di costruzione di un’identità collettiva l’anticomunismo è chiamato ad assumere un ruolo costitutivo: impresa non facile, che costringe ad alterare i fatti in modo particolarmente vistoso.

L’abbattimento di monumenti all’Armata Rossa in Lituania e in Lettonia, lo scorso anno, è già una coerente applicazione di quel testo, che in effetti vi allude (sebbene si possa presumere che entrambi quei governi avrebbero proceduto comunque prima o poi).

Finora, ciò non ha toccato per esempio la toponomastica italiana, giacché Corso Unione Sovietica a Torino e Via Stalingrado a Bologna continuano a farne parte; mentre, del resto, il monumento ai caduti sovietici a Tiergarten non solo resta addirittura una delle attrazioni turistiche celebrate della città di Berlino, ma inoltre (cosa più importante) si trova in quella che era Berlino-Ovest (essendo stato costruito pochi mesi dopo la comune vittoria), e proprio lungo una strada denominata “Via del 17 giugno” in memoria di una rivolta che ebbe poi luogo in quella data a Berlino-Est.

Accostare tra loro questi fatti può servire a dare il segno della complessità che la famosa risoluzione cerca di risolvere a colpi d’accetta, e fortunatamente sembra opporre ancora, in quanto tale, una dura resistenza a tentativi del genere.

Le memorie pubbliche, naturalmente, sono sempre costruite come marcate stilizzazioni della complessità del reale, effettuate come aspetto chiave di ogni costruzione di egemonia. Altro, però, è stilizzare, selezionando elementi e omettendone altri, onde dare un senso forte alla memoria da condividere, altro deformare tutto, ossia (per dirla semplicemente) narrare cose totalmente diverse da quelle accadute. Per quanto il ruolo del primo genere di operazione sia da riconoscere, è compito degli storici professionali vegliare affinché non degeneri mai nel secondo.

Ma la seconda cosa è proprio ciò che la famosa risoluzione fa. Lo fa quando sostiene che la seconda guerra mondiale fu resa possibile, ossia originata, dal patto di non aggressione tedesco-sovietico del 23 agosto 1939. Ciò significa sostenere la stravagante teoria che, senza quel patto, Hitler sarebbe stato fermo e in pace.

In realtà, la sola cosa che avrebbe potuto costringerlo a stare fermo sarebbe stata un patto militare di sicurezza tra Gran Bretagna, Francia e Unione Sovietica, lungamente auspicato da Mosca e finalmente discusso durante i primi mesi di quell’anno senza molta voglia di concludere da parte di Parigi e di Londra, essendo anche noto il rifiuto di ogni possibile aiuto sovietico da parte di Varsavia (al cui governo di estrema destra Ribbentrop aveva fatto visita in gennaio, del resto, recando per il momento proposte che poteva giudicare possibilmente gradite a quelle orecchie).

Ciò che la Germania nazista decise di fare dopo l’estate di quell’anno febbrile e incerto fu ritagliarsi comunque con le armi il “grande spazio” che la rendesse potenza imperiale di pari rango con la Gran Bretagna, onde rinegoziare in termini più favorevoli a sé la complementarità originaria tra il suo regime e la City di Londra.

Anche su ciò, vi erano elementi per ritenere che a questa conclusione si potesse arrivare: bastava fare un giro per molti salotti buoni di Londra all’ora del tè.

Ciò che Stalin decise allora di fare era assicurarsi che la prevista e ormai inevitabile avanzata verso Oriente della Wehrmacht si sarebbe intanto fermata senza oltrepassare una certa linea. La “spartizione” della Polonia (nei termini letterali dell’accordo) stava tutta qui. E l’ingresso dell’Armata rossa nei territori ad Est di quella linea dopo la rapida disfatta polacca, abitati da una popolazione plurietnica e appartenenti alla Polonia in seguito a una guerra iniziata da Varsavia con obiettivi molto più ampi diciannove anni prima, assicurava che le cose andassero per il momento in quel modo.

Si può anche notare che Londra e Parigi, dopo avere dichiarato guerra alla Germania molto di malavoglia, si astenevano intanto da ogni mossa militare, salvo piani concepiti in Francia per un’offensiva nientemeno che nel Caucaso, mentre il suo Primo ministro dichiarava alla Camera che la guerra aveva per oggetto soltanto la difesa dell’equilibrio di potenza in Europa (senza rivestire alcun significato ideologico); e mentre Hitler da parte sua arringava ciò che restava del Reichstag offrendo una pace che garantisse non certo l’integrità territoriale, ma almeno la formale indipendenza di una Polonia compatibile e antisemita, come in parte già era (esattamente, cioè, la sola cosa per cui Londra si era ufficialmente impegnata pochi mesi prima; e se l’offerta fosse stata accolta, si può presumere che il prezzo di una tirata di freni alla feccia scatenata dei seguaci dell’ideologia antislava nella Polonia occupata sarebbe stato accettabile).

Tutto, per quasi due anni, avrebbe potuto accadere. Risolta con una fulminea e vittoriosa campagna militare la controversia interna francese tra convinti e dubbiosi circa la preferenza da accordare a Hitler piuttosto che a Léon Blum, Hitler pensava di fare più o meno altrettanto circa un più o meno analogo problema interno britannico: cosa che l’eroismo della RAF, ma soprattutto il generoso aiuto proveniente da un’America completamente diversa da quella che oggi conosciamo da tempo (dove certamente alcuni quasi preferivano Hitler a Roosevelt, ma per il momento contavano poco) gli impedì di ottenere.

Restava la sfinge sovietica, che Ribbentrop andò a sondare sul finire del cupo 1940 invitandola a decidersi (chiaramente con, o infine contro?) cercando di vendere la pelle di un orso britannico ancora vivo e vegeto, e ottenendo abili risposte da sfinge: fu quello il prodromo dell’”operazione Barbarossa” che, insieme con il rifiuto americano di consegnare la Cina all’Impero del Sol Levante, segnò il vero inizio della vera e propria seconda guerra mondiale, dei suoi veri e propri schieramenti e delle sue vere e decisive poste.

Queste poste furono solennemente e definitivamente sancite il 1° gennaio1942 a Washington nella Dichiarazione delle Nazioni Unite, che recepiva i princìpi della Carta Atlantica già sostanzialmente ed energicamente suggerita come scopo di guerra sedici mesi prima, da Roosevelt, a un recalcitrante Primo ministro britannico in tema di cambiamenti nell’ordine sociale ed economico globale in un senso che rispondesse alle aspirazioni di progresso e di giustizia ormai mature tra i popoli.

La bandiera rossa infine issata a Berlino il 9 maggio del 1945 fu issata anche in nome di quella Dichiarazione, e di quelle speranze. Venne poi, certo, la guerra fredda, che fu innanzitutto una guerra civile interna transnazionale nella quale elementi del vecchio ordine, tendenti a permanere e riaffermarsi, ebbero un ruolo scatenante e sempre più esplicito – suscitando contraccolpi in cui il peggio di ogni parte coinvolta ebbe modo di riprendere vita – fino a trionfare durante gli ultimi due decenni del Novecento.

Un trionfo che il Parlamento europeo ha pensato bene di celebrare circa tre anni fa.

* da https://perilpartitonuovo.blog/

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2 Commenti


  • marat

    in un racconto veloce e sintetico, mentre si può forse sorvolare sul patto di Locarno, che già dal 1925 “invitava” la Germania pre-hitleriana a volgersi verso est, non sembra il caso di non fare cenno ai rapporti tedesco-polacchi dopo il 1934 e, soprattutto, al patto di Monaco del 30 settembre 1938.
    Addirittura Winston Churchill aveva dichiarato: «Lo smembramento della Cecoslovacchia, sotto le pressioni di Inghilterra e Francia, equivale alla completa capitolazione delle democrazie occidentali di fronte alla minaccia nazista dell’uso della forza. Questo, non porterà pace o sicurezza né all’Inghilterra né alla Francia». Churchill si dichiarava sorpreso che fosse stata ignorata la dichiarazione del Commissario del popolo agli affari esteri sovietico, Maksim Litvinov, secondo cui l’URSS era pronta a venire militarmente in aiuto alla Cecoslovacchia. Le proposte sovietiche, disse Churchill, «non sono state utilizzate per far pressione su Hitler, sono state trattate con un’indifferenza, per non dire con un disprezzo, di cui Stalin si ricorderà. Gli eventi seguirono il loro corso come se la Russia sovietica non esistesse. Dopo, abbiamo pagato caro per questo».
    E, comunque, gli storici sovietici e (una parte dei) russi affermano che porre la data di inizio della Seconda guerra mondiale al 1939, risponde a una logica eurocentrica e in particolare anti-sovietica.
    Artur Artuzov scrive di «una massa dei più svariati dati, che parlano dell’esistenza di un accordo segreto polacco-tedesco». «”Ci sono molte voci e supposizioni su accordi segreti polacco-tedeschi, conclusi al di fuori dei documenti pubblicati”, diceva il Commissario del popolo agli esteri sovietico Maksim Litvinov all’ambasciatore francese a Mosca, Charles Alphand, il 20 aprile 1934; “Siamo molto cauti con informazioni simili; tuttavia, abbiamo ricevuto un messaggio che merita di essere preso sul serio. In esso si parla di un accordo polacco-tedesco di lunga portata”»,
    Nel 2019, Vladislav Grosul ricordava: «Già il mio insegnante (ho terminato gli studi nel 1956), veterano della Grande Guerra Patriottica, considerava quale inizio della seconda guerra mondiale l’attacco italiano all’Etiopia (Abissinia) e sottolineava che a quel tempo la guerra era già in corso in tre continenti». Nel 2002 Grosul scriveva che la Seconda guerra mondiale era iniziata con l’attacco giapponese alla Cina del 1931, mentre la data del 1 settembre 1939 «ci è stata imposta per dimostrare che l’URSS è colpevole al pari della Germania fascista per lo scatenamento della Seconda guerra mondiale». Nel 2019 Grosul ricordava come, già nel 1946, l’allora capo-delegazione britannico all’ultima sessione della Società delle Nazioni, Philip Noel-Baker, avesse dichiarato: “Sappiamo che la guerra mondiale è iniziata in Manciuria 15 anni fa”, vale a dire nel 1931».


  • giorgino

    l’america appoggio le “democrazie” perchè le loro coste erano le prime che si presentavano alle navi che giungevano dalle altro lato dell’atlantico, se gli usa si fossero alleati con la germania le stesse navi cariche di aiuti sarebbero giunte alle coste del nord della germania dopo aver subito i cannoneggiamenti anglofrancesi

    Hitler uso gli u boote , ma i colpi anglofrancesi sarebbero stati molto ma molto peggio

    Non è solo dopo la guerra che gli usa si attestano sul tipo di politica espressa dalla cordata ( per quanto riguarda l’Italia) cordata Usa Kissinger Gelli Gladio Andreotti Mafia Piero Inchino.

    Per il resto sublime articolo, in ispecie riguardo patto stalin ribentropp che aveva la sua ratio nel salvare mezza polonia da hitler ( polacchi o russi gli operai sono classe operaia e basta, il resto è propaganda borghese)

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