Le bugie americane in Medio Oriente
Dopo le ultime rivelazioni, tirate fuori da giornali poco compiacenti e rigorosi think tank, i sospetti cominciano a diventare certezze: l’Amministrazione Biden sulla Siria ha mentito. “Il 19 dicembre scorso – afferma Real Clear Politics – il Dipartimento della Difesa Usa ha annunciato che ci sono circa 2.000 soldati di stanza in Siria, 1.100 in più rispetto a quanto precedentemente comunicato al pubblico.
Il portavoce del Pentagono, il maggior generale Patrick Ryder, ha divulgato il nuovo numero quasi distrattamente, senza spiegare la notizia scioccante, mentre la Siria vive un momento delicato dopo il crollo del regime dell’ex Presidente Bashar al-Assad l’8 dicembre.
L’annuncio – prosegue RCP – personifica il continuo e diffuso disprezzo dei leader politici e militari americani per la trasparenza sulle operazioni militari all’estero”.
Defense Priorities
L’analisi proposta, che è di Alexander Langlois (uno specialista del Defense Priorities), non appare solo chiara, netta e circoscritta, ma è soprattutto eloquente. Perché utilizza il modello siriano, per spiegare dettagliatamente (e far capire) le vere strategie della politica estera americana e, soprattutto, i meccanismi decisionali del suo frequente interventismo, quasi sempre accompagnato dall’uso della forza.
D’altro canto, scrive il prestigioso think tank americano, proprio il maldestro tentativo del generale Ryder di ‘correggere’ al rialzo le cifre delle truppe Usa in Siria, giustificandolo come ‘rotazione’, è un altro segnale che il potere esecutivo cerca di rendere digeribili le sue politiche fallimentari e prevaricatrici delle regole fondamentali del sistema democratico.
Costituzione Usa e Partito della guerra
In sostanza, secondo l’analisi di RealClearPolitics, Joe Biden ha leso la Costituzione. Né può essere considerato una giustificazione il rischio di una ripresa delle attività terroristiche dell’Isis che, per la verità, sono già abbondantemente ridotte ai minimi termini.
E allora? I motivi sono senz’altro diversi e vanno sicuramente ricercati nella forza di quel “partito della guerra” che sostiene, trasversalmente, tutto il gigantesco e stramiliardario complesso militare-industriale americano.
“Piuttosto – sentenzia duramente Langlois – l’Amministrazione Biden si sente autorizzata ad ampliare quella missione e a mentire al popolo americano su cosa esattamente stia facendo in Siria. Un simile risultato deriva dal potere esecutivo incontrollato del governo degli Stati Uniti e dalla riluttanza del Congresso a mettere in discussione qualsiasi cosa sia etichettata come Operazione antiterrorismo (CO)“.
Potere decisionale delle guerre
Paradossalmente, dunque, il processo decisionale riguardante le guerre, cacciato dalla porta nei regimi autoritari, talvolta viene pure gettato via dalle finestre nelle democrazie. Il potere esecutivo, si impossessa (indirettamente) degli strumenti di controllo costituzionale e tira dritto per la sua strada. Che, però, non è la strada di tutti, ma solo quella di una élite o di gruppi di pressione particolari.
“La scomoda verità per i consiglieri di Biden è semplice – scrive ancora RCP – e cioè le forze statunitensi continuano a operare in un Paese che non le ha invitate a stabilire una presenza e senza alcuna autorizzazione all’uso della forza militare costituzionalmente obbligatoria.
Un atto che sarebbe necessario per rendere queste operazioni legali secondo la legge statunitense. Solo il Congresso può approvare una ‘Authorization for Use of Military Force’ (una AUMF), mentre il Presidente non può dichiararne una, unilateralmente”.
Regola Usa sul mondo violate in casa
Eppure, aggiungiamo noi, la storia americana, non solo quella recente, è piena di forzature che ben poco hanno a che fare con una linea strategica che sia frutto di un confronto, rispettoso del corretto gioco istituzionale. In definitiva, conclude Alexander Langlois, l’importanza del caso siriano è quella di essere efficace metafora della strategia di “unipolarità” Usa, il cui primo obiettivo è l’egemonia geopolitica (e soprattutto geoeconomica) planetaria.
Una supremazia assoluta da imporre, a tutte le nazioni, anche come modello di riferimento “di sistema”. Per ottenere tutto questo, Washington è disponibile a usare la forza e intanto la prepara.
“Per due decenni i funzionari Usa – afferma ancora RealClearPolitics – hanno lavorato per espandere il potere militare globale in un diluvio di sovraestensione insostenibile che prosciugava le risorse. Lo stesso giorno dell’annuncio di Ryder, il Senato degli Stati Uniti ha approvato il National Defense Authorization Act, il principale pacchetto di stanziamenti per la Difesa, per un importo di 895 miliardi di dollari. Tutto questo, mentre il debito statunitense si avvicina ai 37 trilioni di dollari”.
Uno schiacciante eccesso di potere militare Usa
Insomma, la conclusione è che c’è uno schiacciante eccesso di potere militare Usa. Al netto delle favole che ci vengono raccontate, almeno dieci volte più della Russia e quattro o cinque volte quello della Cina.
Ci vuole la laurea in logica-matematica, per capire chi abbia più interesse a soffiare sul fuoco della guerra?
* da RemoContro
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