Menu

Sulla manifestazione di Tel Aviv

Ci raccontano che Israele si sia risvegliato, che finalmente gli israeliani abbiano capito l’orrore della guerra. “Vedete – titolano i giornali – gli israeliani vogliono la pace.” Una formula che suona bene, quasi edificante.

Peccato che sia una mezza verità, e come tutte le mezze verità serve a coprire la parte che brucia di più.

Domenica sera, 17 agosto, le strade di Israele sono state il teatro della più grande manifestazione dal 7 ottobre. Nella sola Tel Aviv mezzo milione di persone, forse un milione, hanno invaso le vie fino alla cosiddetta “Piazza degli Ostaggi”. Hanno gridato “Basta guerra, riportate gli ostaggi a casa”. Già, gli ostaggi: ne restano una cinquantina, forse venti ancora vivi.

«Non possiamo vincere una guerra sui cadaveri dei sequestrati».

Sembra una svolta storica, la presa di coscienza di un popolo. Ma fermiamoci un momento. Andiamo a leggere l’appello allo sciopero generale emesso dal The October Council insieme al Hostages and Missing Families Forum.

Il documento è chiarissimo. Testuale. Scopo: «protestare contro l’espansione militare del governo — inclusi i piani di occupare Gaza City — perché mette in pericolo la vita degli ostaggi e dei soldati, e fare pressione per un accordo complessivo che garantisca il ritorno degli ostaggi».

Tutto qui.

Una parola sui palestinesi, sulla carneficina quotidiana, sul genocidio che va avanti da mesi? Nemmeno una riga. Non una volta il popolo palestinese è stato nominato. Non un accenno alle migliaia di morti, agli ospedali sventrati, ai campi profughi bombardati, ai bambini sotterrati dalle macerie, alla fame. Silenzio totale.

Non è una rivolta pacifista, non è un moto di coscienza universale. È l’ansia, tutta interna, di un paese che sente i propri figli in pericolo. Non è un grido contro l’occupazione, ma contro la gestione fallimentare del governo Netanyahu.

Non è solidarietà con chi muore sotto le bombe a Gaza: è paura di chi rischia di morire “dalla parte giusta”.

Che in tutto questo panorama vi siano anche minoranze, voci isolate che parlano di Palestina, di giustizia e non solo di ostaggi, è vero. Ma sono minoranze. La piazza di Tel Aviv è stata la piazza delle famiglie che vogliono i loro cari indietro. Punto.

Chi oggi spaccia questa mobilitazione come la prova che “gli israeliani vogliono la pace” mente. È propaganda travestita da coscienza civile. Israele non ha fatto i conti con il genocidio che porta avanti, e la piazza lo conferma: il palestinese rimane invisibile.

E allora la verità è semplice, netta: non c’è alcun risveglio collettivo. C’è la paura di perdere i propri figli. Tutto il resto, Gaza, i suoi morti, la sua sopravvivenza, rimane sprofondato nell’abisso.

* da Facebook

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

2 Commenti


  • antonio D.

    Possono fare tutte le manifestazioni che vogliono o scioperi possibili …ormai questo “pezzo di società” – che definirei: “subumana” – credo sia letteralmente perduta (non s-perduta) col suo …”errare” astruso; astratto e razzista-supremo”!
    Penso ci sia ben poco da fare o pensare oltre ad augurarsene la “sparizione” da una realtà altra e meno “suprematista elettiva:”.
    Restare umani a volte comporta alcune rinunce.
    Rinunciare al suprematismo razzista, sionista e isterico, messianico e colonialista credo rappresenti il “minimo sindacale” per un orizzonte migliore! …auguri a chi potrà – o saprà – sopravvivere a ciò!


  • Giorgio

    tutti loro che credono nel talmud credono che tutti noi “gentili” siamo bestie senz’anima e che dobbiamo solo servire loro e morire… finchè questa mentalità saraà diffusa e insegnata ai loro figli, il male del mondo ci sarà sempre…
    questi sono fanatici religiosi pericolosissimi e vanno fermati immediatamente. boicottati, sanzionati, processati… sono dei pazzi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *