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SINDACATO. SI E’ CHIUSA UNA FASE

Questo forse potrebbe aiutare quelli che hanno “chiesto” (ma uno sciopero si chiede o si organizza?) lo sciopero a fare qualche riflessione in più che vada oltre il ristretto orizzonte del tatticismo sfrenato. Il voto della ex Bertone, infine, chiarisce che le ambiguità tenute in questi mesi dalla FIOM non possono che portare a sconfitte non solo sindacali, queste sono prevedibili negli attuali rapporti di forza, ma anche politiche che pesano su tutto il movimento di classe.

Sul cosiddetto sciopero generale in realtà c’è poco da dire se non che questo ha nulla a che fare con i lavoratori ma è un contributo all’affannata alleanza antiberlusconiana sperando che la modifica degli equilibri politici contribuisca a far ritrovare alla CGIL un qualche ruolo dentro una ritrovata concertazione. Ben più significativo è invece il voto dato dai lavoratori di Grugliasco a favore del piano Marchionne che ha visto la segreteria nazionale della FIOM dare ai lavoratori l’indicazione di voto per il SI pur mantenendo la posizione di non voler firmare come sindacato nazionale, come afferma chiaramente Giorgio Cremaschi in una intervista fatta ad “Affaritaliani.it”

Airaudo, segretario nazionale della FIOM auto, in merito al voto ha detto che la scelta è stata “una vera e propria genialità operaia” per far saltare il ricatto della FIAT votando SI in quanto la situazione della ex Bertone è diversa dalle altre fabbriche FIAT perché, ha detto, tornerebbe alla procedura concorsuale e dunque ai licenziamenti. Siamo di fronte ad una giustificazione insostenibile, infatti a Pomigliano ed a Mirafiori il rischio di licenziamenti era esattamente lo stesso anche perché non si capirebbe perché anche in quelle fabbriche abbia vinto il SI. Insomma erano SI sotto ricatto anche quelli o erano invece SI convinti? Qualcuno ha parlato della “mossa del cavallo” in realtà sembra essere più una “mossa dell’asino tra i suoni” in quanto la contraddizione della FIOM è palese e nessun artificio logico può nascondere questo fatto, come hanno tutti rilevato da sinistra a destra ed a cominciare dalla segretaria generale della CGIL Camusso.

Il feroce attacco della FIAT naturalmente trova buon gioco negli attuali rapporti di forza tra le classi e le sconfitte vanno messe nel conto ma in questa vicenda c’è stato un “più” politico che non può essere dimenticato. La FIOM non solo ha fatto le battaglie sindacali, condivisibili e condivise come lo sciopero del 28 gennaio, ma ha anche evocato un movimento politico che sembrava volesse riaffermare una visione politica conflittuale. Chiedendo lo sciopero generale e generalizzato, mobilitandosi per spingere sulla CGIL su varie questioni come quella del precariato, ad esempio con la manifestazione del 9 Aprile, insomma riproponendo l’orizzonte della CGIL a tutta l’opposizione politica e sociale che ha “attraversato” tutte le iniziative della Confederazione.

Che cosa è concretamente accaduto? Gli effetti reali e non quelli agognati sono sotto gli occhi di tutti, è ancora una volta evidente che la sinistra sindacale ha fatto, fa e, probabilmente, continuerà a fare il paracarro della CGIL e, diciamolo chiaramente, del centrosinistra. Non è mai inutile ricordare il referendum sull’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori nel 1995 che ha lasciato, su iniziativa della sinistra sindacale, come unico criterio della rappresentanza sindacale i famigerati “firmatari di contratto”. Dentro questa dinamica non sono invisibili le suggestioni vendoliane che nell’alleanza con il PD promettono di trovare risposte ad un ceto politico di partito e di movimento in asfissia fuori dagli assetti istituzionali.

Quello che però ci interessa mettere in evidenza non è l’invettiva contro una certa sinistra, cosa che purtroppo sorge spontanea, ma cercare di capire quali sono i nodi strutturali che determinano questo continuo macerare della politica e dei movimenti in quanto la questione principale che va affrontata è quella di ritrovare prospettive politiche e progetti di ricomposizione. C’è dunque bisogno di una riconversione della cultura politica che riesca di nuovo a dare una corretta lettura dei processi complessivi che attraversano il nostro paese e che sappia affrontare la questione sindacale, certamente centrale per ogni ripresa politica, con gli occhi della realtà.

Quello che bisogna chiedersi è, prima di tutto, come va collocata la questione operaia nel nostro paese e nell’Europa intesa come polo imperialista? La vicenda FIOM dimostra che la dimensione categoriale è strutturalmente inadeguata e dunque si pone inevitabilmente il problema della confederalità, su questo possiamo continuare a sostenere realisticamente che la CGIL può svolgere questo ruolo? Le realtà del sindacalismo indipendente sono certamente inadeguate al livello dello scontro imposto dai padroni ma sono anche un tentativo di uscire da una condizione di impotenza che oggi ci si ripresenta con le contraddizioni della FIOM.

Detto ciò si pone comunque non solo il problema di continuare a costruire una confederalità indipendente e conflittuale ma anche di capire quale confederalità è possibile nel nostro paese con le sue determinate condizioni economiche e produttive, quanto di questa è praticabile nei posti di lavoro “tradizionali” e quanto lo sia nella dimensione “sociale” della produzione.

In conclusione non si esce da questa condizione di debolezza nel rapporto tra le classi se si continua con l’usuale politicismo e tatticismo ma non si fanno i conti direttamente con una realtà certamente dura ma che potenzialmente ripropone la necessità del conflitto di classe sindacale, sociale e politico.

* Rete dei Comunisti

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