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Il grido della Generazione Precaria

Non studio non lavoro non guardo la TV

non vado al cinema non faccio sport

io sto bene io sto male io non so cosa fare

Io sto bene,

dall’album 1964-1985 Affinità-divergenze fra il compagno Togliatti e noi del conseguimento della maggiore età,

CCCP fedeli alla linea

A meta degli anni ‘80 e fino a poco tempo fa, l’incipit della canzone del gruppo punk CCCP rappresentava in pieno una tendenza che investiva il mondo giovanile, l’apatia, provocata dalla società del benessere relativo, la presunta fine dell’antagonismo sociale. Si rivendicava una certa forma di nichilismo di fronte alla presunta fine della storia.

Oggi quel brano ritrova una completa attualità se si pensa ai NEET (Not Employment, Education and Training), ma dove questa dimensione è subita da una generazione, dove la crisi aumenta i margini di esclusione sociale.

Usciamo da questa estate con ancora negli occhi le immagini dei riot scoppiati in Gran Bretagna, saccheggi e proteste che ricordano per contenuti e dinamiche la rivolte scoppiate nelle banlieue francesi. E’ interessante notare come la scintilla dell’incendio sia stata l’uccisone da parte della polizia di un giovane, dinamica che innescò anche in Francia una simile sviluppo degli eventi. Ma allargando ancor più la visuale notiamo che è la stessa molla della prima grande ondata di protesta generalizzata che investì la Grecia, dopo l’uccisione da parte delle polizia di un giovane compagno anarchico. Questi epifenomeni nascondono un malessere ben più profondo, il solo che può spiegare la rapidità dell’incendio sviluppatosi. Dove la mera categoria generazionale o anche quella di sotto-proletariato, di emarginati, non è in grado di spiegare e leggere un fenomeno così vasto.

Esiste una intera nuova generazione contraddistinta dalla precarietà e dall’esclusione sociale, questi nuovi dannati della metropoli, sono dentro gli attuali processi di crisi privati di ogni possibile miraggio di scalata sociale, destinati a sopravvivere dentro le attuali dinamiche dell’accumulazione flessibile. Un accumulazione flessibile che porta ad una maggiore estensione dell’esercito industriale di riserva, tanto che se è esistito un ‘48 per la classe operaia nel 800, con le barricate francesi, anticipazione di quello che fu lo sviluppo rivoluzionario, oggi in linea di tendenza si può parlare di un nuovo ‘48 dell’esercito industriale di riserva che sta investendo il mediterraneo e le aree metropolitane del centro Europa.

Le risposte che questo “esercito” si è dato sono radicali, di fronte ad un meccanismo sociale che in modo radicale li esclude, dove la guerra è elemento che attraversa il centro cosi come la periferia. Questa radicalità è indirettamente politica, proprio perché è un fenomeno generalizzato e di massa, tuttavia questa radicalità racchiude il pregio e il difetto di una simile manifestazione di dissenso.

Pregio nella furia iconoclasta che questi settori esercitano contro un mondo inaccessibile, i furti, il teppismo in questo senso hanno una connotazione positiva perché sono manifestazione di indipendenza, difetto perché privi di un programma d’azione e quindi violenza e rabbia sono cieche, mentre avremmo bisogno di occhi…

Occhi per scorgere un programma che metta in discussione gli attuali assetti della società, con adeguate parole d’ordine capaci di coagulare tale forza in obiettivi precisi, come ad esempio la messa in discussione della UE e dei suoi dettami. E questo non può avvenire assecondando il presente, e neppure confidando che il conflitto provochi di per sé programma. Se il conflitto è la base per lo sviluppo di un programma, è lo sviluppo di un programma che rompe in modo radicale il presente, ossia la capacità di darsi un piano d’azione indipendente e collettivo.

Sappiamo di dire cose banali, ma fintanto che non esiste un programma di azione collettivo per questa generazione precaria, la sua reazione al presente sarà sempre dettata da un meccanismo che li relega alla dimensione istintiva di azione/reazione, incapace quindi di distruggere non solo vetrine, macchine, ecc… ma la stessa dinamica sociale di passività che li relega all’esclusione sociale.

L’indignazione precaria che sta attraversando il mediterraneo è il primo gradino verso un possibile nuovo assalto al cielo. Si pone quindi oggi il compito per tutti coloro che vogliono provare a superare lo schema azione-reazione, di interrogarsi su cosa è oggi la generazione precaria, da dove proviene un simile blocco sociale-generazionale, e quali forme d’azione collettiva e di programma si deve dare.

Esistono nuovi scenari provocati dagli attuali meccanismi di competizione globale, una nuova suddivisone del mondo, gli stessi insiemi si stanno riposizionando rispetto a nuove scale gerarchiche e di comando come nel caso della UE e del rapporto con l’area mediterranea, poiché l’attuale accumulazione flessibile disegna nuove mappe geografiche. Tutto questo dentro scenari di crisi che aumentano la competizione globale e dove la guerra diventa elemento sistemico del presente, sia guerreggiato o di bassa intensità, nel centro come nella periferia.

Dentro la generazione precaria si affacciano nuovi soggetti come l’immigrazione di seconda generazione, fenomeni inediti per l’Italia che portano a nuove dinamiche sociali e comportamenti su cui occorre investigare e capire come farla diventare elemento di rottura.

In questo senso mettere a fuoco le categorie di esclusione sociale e del rapporto tra capitale e lavoro diventa imprescindibile, per muoversi dentro un contesto dove le dinamiche sono sempre più accelerate e dove si rischia di analizzare solo superficialmente il presente. Analisi e inchiesta quindi, ma sempre per individuare gli antagonismi di classe, la contraddizione insita dentro il capitalismo, e ricerca di un piano di rottura che permetta alla generazione precaria di trovare la sua indipendenza.

GENERAZIONE PRECARIA, è un laboratorio collettivo di precari e studenti che vogliono provare a collegare e dare forme organizzata a questa nuova generazione. Se il nemico oggi si pensa su un piano generale, occorre avere la stessa capacità, ogni particolarismo se non inserito dentro un dimensione collettiva è inadeguato di fronte allo scontro in atto. Esistono differenze tra uno studente, uno studente-precario e un precario, tuttavia se non si coglie la dimensione della generalizzazione della precarietà saremo sempre un gradino sotto a chi oggi vogliamo combattere. Tutti hanno in bocca la parola precario, ma poco si è detto e fatto per organizzare questa porzione, che trova nelle nuove generazioni uno stato di generalizzazione.

Lo sforzo è quello di sviluppare una teoria e una prassi adeguata nel presente, e per fare ciò abbiamo bisogno del contributo di tutti coloro che oggi si pongono queste domande.

Il nostro contributo, cosi come pensiamo di molti altri, va verso la creazione di un rete di collegamento per tutti quei compagni e compagne della generazione precaria. Già oggi ci potete trovate nei collettivi studenteschi, nei movimenti x il bene comune e del sindacalismo conflittuale.

Buona lettura e utilizzo vivo dei materiali qui prodotti.

Laboratorio della Generazione Precaria

 

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