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Monicelli: un Maestro che non ha mai nascosto le sue convinzioni

Il 29 novembre 2010 moriva Mario Monicelli, regista italiano, antifascista, protagonista della commedia all’italiana, autore di film impegnati come La grande guerra (1959), I compagni (1963), Vogliamo i colonnelli (1973), Un borghese piccolo piccolo (1977).

Tra i suoi tanti capolavori, altre straordinarie pellicole come Guardie e ladri (1951), Padri e figli (1957), I soliti ignoti (1958), Amici miei (1975), Amici miei – Atto II (1982), Caro Michele (1976), Parenti Serpenti (1992) e, soprattutto, la dissacrante rappresentazione del Medioevo e della Chiesa Cattolica fatta in L’Armata Brancaleone (1966) e il successivo Brancaleone alle crociate (1970), l’altrettanto irriverente ed esilarante denuncia della nobiltà romana in Il Marchese del Grillo (1981).

Artista impegnato, le sue opere sono sempre state caratterizzate da una denuncia di fondo della società borghese, dei suoi soprusi e ipocrisie. Non nascose mai le sue convinzioni: “Senza Stalin, eravamo tutti nazisti, questa è la realtà. Non come quella mascalzonata di Benigni in “La vita è bella”, quando alla fine fa entrare un carro armato con la bandiera americana. Quel campo, quel pezzo d’Europa la liberarono i russi, ma… l’Oscar si vince con la bandiera a stelle e strisce, cambiando la realtà”.

Prima di morire, nella sua ultima intervista dichiarò: “La speranza di cui parlate è una trappola, una brutta parola, non si deve usare. La speranza è una trappola inventata dai padroni. La speranza è quella di quelli che ti dicono che Dio…state buoni, state zitti, pregate che avrete il vostro riscatto, la vostra ricompensa nell’aldilà (..) Sì siete dei precari, ma tanto fra 2 o 3 mesi vi riassumiamo ancora, vi daremo il posto. State buoni, andate a casa e…stanno tutti buoni. Mai avere speranza! la speranza è una trappola, una cosa infame inventata da chi comanda. Io spero che finisca in una specie di…quello che in Italia non c’è mai stato: una bella botta, una rivoluzione che non c’è mai stata in Italia”.

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1 Commento


  • Alessandro

    Mi ricordo quell’intervista. Una delle poche , ma ricca di significato.

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