Confusione massima, combattimenti e violenze in diverse zone dello Yemen rendono dopo la fuga e il ricovero in Arabia saudita del presidente Ali Abdullah Saleh, ferito venerdì scorso nell’assalto al palazzo presidenziale da parte di elementi tribali. Le sue condizioni sarebbero molto più gravi dell’annunciato: «ustioni sul 40% del corpo e un polmone collassato». Ma la proposta dei partiti d’opposizione di avviare negoziati con il vice-presidente Abed Rabbo Mansur Hadi, è stata respinta da quest’ultimo in quanto «il presidente è sempre Saleh». Ieri sera di fronte all’ipotesi che Saleh possa tornare «entro pochi giorni», decine di migliaia di giovani manifestanti sono nuovamente scesi nelle strade di Sanaa per chiedere la costituzione di un consiglio presidenziale transitorio. Il vice-presidente Mansur Hadi è sempre più sotto pressione anche da parte di Usa e Gran Bretagna, Hillary Clinton nonostante il macello che si sta producendo in Yemen continua serafica a chiedere «una transizione pacifica e ordinata». Intanto si combatte a Taiz, città a 270 km da Sanaa, controllata ora da un capo tribale, e a Zinjibar, città portuale a est di Sanaa, in mano a formazioni integraliste d’opposizione, dove secondo il governo «sono stati uccisi 30 miliziani di al Qaeda».
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