Pena di morte a go-go, detenzione preventiva fino a 120 giorni, minimo di 10 anni per criticare la integrità dei signori sauditi
Chi sono i nemici più accaniti della «primavera araba»? La comunità internazionale, l’occidente e la Nato hanno subito individuato i cattivi e si sono mossi per castigarli, anche se in grado diverso. In un caso con le «bombe umanitarie» (il libico Gheddafi), in un altro con le sanzioni economiche (il siriano Assad), in altri casi con qualche larvata critica e fraterna esortazione (lo yemenita Saleh, il bahrenita al Khalifa). Ma in un caso con il silenzio-assenso più assoluto, quello sull’Arabia saudita, vero bastione del fondamentalismo islamico e della subalternità filo-occidentale. Le autorità saudite stanno mettendo a punto una nuova legge segreta «contro il terrorismo» che secondo Amnesty (che ha potuto leggerne una copia) «strangolerebbe le proteste pacifiche» e «colpirebbe duramente i diritti umani». I sospetti di «terrorismo» ( meglio, di «dissenso») potrebbero essere detenuti fino a 120 giorni (prolungabili su decisione del tribunale), in isolamento e senza accesso alla difesa legale. La definizione dei reati di terrorismo ne uscirebbe dilatata a dismisura: dal «danneggiare la reputazione dello stato» al «mettere a rischio l’unità nazionale». Le pene previste sarebbero pesantissime con l’impiego più ampio della pena di morte. Mettere in dubbio «l’integrità» della allargata (5000 persone) famiglia reale saudita (per esempio dire che il tal principe è un ubriacone) porterebbe a condanne come minimo di 10 anni di carcere. Il governo saudita ha rifiutato finora di commentare la notizia, ma la posizione ufficiale è che la legge è diretta «contro i terroristi e non contro i dissidenti». L’addetto stampa di A.i. per il Medio Oriente, James Lynch, ha però affermato che il progetto di legge cerca di dare copertura legale ad «alcune delle pratiche più repressive che Amnesty ha documentato per anni». Una volta legge, sarebbe «una seria minaccia alla libertà d’espressione» e «aprirebbe la strada per perseguire come terrorismo anche il più piccolo atto di dissenso».
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