Gli Stati Uniti – ufficialmente per rafforzare la sicurezza negli aeroporti internazionali stranieri, con l’obiettivo di rendere più forti le linee di difesa nella guerra al terrorismo – intendono piazzare agenti americani in paesi stranieri, allargando di fatto i confini americani a migliaia di chilometri dalle coste statunitensi.
Gli ufficiali americani – riporta il New York Times – acquistano così maggiore controllo sulla sicurezza e identificano meglio chi è su un determinato volo prima che questo decolli, invece di entrare in gioco quando una catastrofe è accaduta. Il piano segue gli sforzi dell’amministrazione Obama verso una sicurezza, soprattutto aeroportuale, più stringente in seguito ai ripetuti tentativi di Al-Qaida e altri gruppi di colpire aerei diretti negli Stati Uniti imbarcandosi da aeroporti stranieri.
Nel programma sono al momento coinvolti 14 scali: un’operazione non facile perchè i paesi stranieri devono accordare agli ufficiali americani il diritto di essere nel cuore dei loro aeroporti, indossando armi e potendo decidere di non far partire alcuni passeggeri sospetti. Una cessione di sovranità sul proprio territorio, con una presenza armata numericamente dilatabile secondo le decisioni del Pentagono o della Cia.
Il piano costa circa 115 milioni all’anno agli Stati Uniti e la sua applicazione è stata velocizzata dal tentativo di attentato del dicembre 2009 su un volo proveniente da Amsterdam.
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