Lo Stato guatemalteco dovrà “chiedere perdono” al popolo Maya Ixil, vittima di genocidio e crimini di lesa umanità durante la guerra civile (1960-1996), come stabilito dalla storica sentenza con cui l’ex dittatore José Efraín Ríos Montt (1982-1983) è stato condannato venerdì scorso a 80 anni di carcere. A disporlo è stato lo stesso tribunale che ha condannato l’ex generale, presieduto dalla giudice Yasmín Barrios, in un’udienza celebrata presso la Corte Suprema, a cui Ríos Montt, 87 anni, non era presente per presunti problemi di salute.
Il Tribunale ha fissato 12 forme di riparazione nei confronti delle vittime del genocidio stabilendo innanzitutto che i dirigenti del governo, il Parlamento e il sistema giudiziario, così come i ministri di Interni e Difesa, “dovranno chiedere perdono di fronte al popolo”, e in modo particolare alle donne, vittime di stupri. Lo dovranno fare in cerimonie distinte, nei comuni di Chajul, Cotzal e Nebaj, nel dipartimento nord-occidentale del Quiché, dove fu perpetrato il massacro dei 1771 indigeni di cui Ríos Montt è stato riconosciuto responsabile, mentre è stato invece assolto il suo capo dell’intelligence militare, José Rodríguez. Nei tre centri, il governo dovrà depositare un atto formale di scuse – ha stabilito la corte – e costruire un monumento alla memoria delle vittime; negli stessi tre comuni dovrà inoltre essere garantita l’istruzione, dalla scuola primaria all’università, con corsi che includano anche lo studio del diritto umanitario.
Dichiarando il 23 marzo “Giornata contro il genocidio” – il 23 marzo 1982 Ríos Montt prese il potere rovesciando il generale Fernando Romeo Lucas García – il tribunale ha anche deciso che il governo dovrà inserire la parola “genocidio” nel Programma nazionale di risarcimento delle vittime della guerra civile, conclusa con almeno 200.000 morti e 45.000 ‘desaparecidos’.
La sentenza a carico di Ríos Montt, che sarà pubblicata integralmente il 17 maggio – la difesa dell’ex generale ha già annunciato ricorso in appello – dovrà essere inoltre diffusa al livello ufficiale dal governo, a cui è chiesto anche di creare un museo itinerante sui diritti dei popoli indigeni e di impegnarsi per il rispetto della diversità culturale, in un paese in cui i nativi sono almeno il 40% dei circa 14 milioni di abitanti, ma restano ai margini della società.
La giudice Barrios ha chiarito che le 12 forme di riparazione non rappresentano una condanna nei confronti dello Stato ma costituiscono le misure necessarie per una “riparazione dignitosa” nei confronti delle vittime del genocidio.
Il presidente Otto Pérez, generale a riposo dell’esercito in servizio fra il 1966 e il 2000, nonché il primo militare ad aver assunto il potere dalla fine del conflitto, ha sempre sostenuto, finanche in occasione del verdetto contro Ríos Montt, che non c’è stato alcun genocidio in Guatemala. Nel corso del processo è stato citato da un testimone, anch’egli militare all’epoca dei fatti, che lo ha accusato direttamente di responsabilità nelle stragi di civili compiute nella regione di Nebaj.
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