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Ecuador: Correa lancia una campagna contro la Chevron

“Quello che ha fatto Chevron in Ecuador è inqualificabile. Negli Stati Uniti non sarebbe mai successo”. E’ duro il presidente Rafael Correa nelle sue dichiarazione ai giornalisti prima di imbarcarsi per l’Amazzonia dove oggi inaugurerà una campagna contro il colosso petrolifero statunitense che si rifiuta di pagare una multa di 19 miliardi di dollari per gravi danni ambientali.

“La mano negra de Chevron” (la mano sporca della Chevron) – questo il nome della campagna – partirà dal pozzo Aguarico 4, nella regione di Sucumbíos, una delle aree fortemente contaminate tra il 1972 e il 1990 dalla Texaco, acquisita a partire nel 2001 dalla multinazionale statunitense Chevron che ha scaricato tutte le responsabilità sull’azienda statale ecuadoriana Petroecuador. Per questo Correa ha deciso di visitare Aguarico 4, “un pozzo dove operò solo la Texaco, abbandonato definitivamente nel 1992” e dove “se si mette una mano nella terra la si ritrae piena di petrolio perché mai è stata fatta una bonifica”. Già nel 2007, Correa aveva visitato lo stesso pozzo: è lì che ha deciso di tornare “per mostrare al mondo che Chevron sta mentendo”.

Il governo punta a una campagna prolungata con la partecipazione anche di personalità di caratura internazionale, come il sindaco di Richmond, California, dove la Chevron è stata accusata di aver contaminato la popolazione locale a seguito di un incendio in una raffineria.

Chevron è stata condannata nel febbraio 2011 da un tribunale di Sucumbíos che ha convalidato le denunce presentate dai legali di 30.000 abitanti della regione amazzonica; la stessa corte ha inizialmente fissato a 9,5 miliardi di dollari la multa ponendo delle condizioni, come l’obbligo di porgere “pubbliche scuse alle vittime”, pena l’aumento della sanzione. Il colosso nordamericano ha opposto, invano, svariati ricorsi – uno dei quali respinto dalla stessa Corte superma statunitense – e anche negli ultimi giorni ha presentato alla procura di Quito nuove accuse di corruzione a carico dei giudici che l’hanno condannato.

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