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Turchia condannata dalla Corte Europea per il trattamento di Ocalan

Due giorni fa, la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo ha condannato la Turchia  per il trattamento inumano riservato al leader curdo Abdullah Öcalan, seppellito vivo nell’isola-carcere di Imrali,  condannato alla pena di morte nel 1999 per attività separatista armata equiparata dalla Turchia al reato di terrorismo. La pena è stata poi commutata all’ergastolo nel 2002 quando la pena di morte è stata abolita nel paese. La condanna di Öcalan non prevede la possibilità di ricorrere a sconti di pena o alla libertà vigilata: Öcalan è tuttora l’unico detenuto del carcere di massima sicurezza sull’isola di Imrali, nel mar di Marmara. Secondo la corte di Strasburgo, Ankara dovrebbe concedere la libertà vigilata all’ex leader del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk).

Il ricorso alla corte è stato presentato dallo stesso Öcalan che ha denunciato le condizioni della sua detenzione nella prigione turca sull’isola di Imrali, nel mar di Marmara, dove sconta una condanna a vita per tradimento. Nella sentenza Strasburgo cita Dante Alighieri e afferma che “le prigioni non si devono trasformare nella porta dell’inferno: lasciate ogni speranza voi che entrate”.

I giudici europei hanno stabilito all’unanimità che la sentenza inflitta a Öcalan viola l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che sancisce che nessuno può essere sottoposto a tortura o trattamenti degradanti.

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