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Marcegaglia minaccia anche quando fa gli auguri

Papà Marcegaglia striglia la Fiom
Luca Fazio

Mirco Rota (Fiom Lombardia): «Stanno spaventando gli operai per metterli sotto ricatto»
MILANO
Il cavalier Steno, classe 1930, anche se è a capo di un’azienda che dà lavoro a 7 mila persone nel mondo – con un fatturato di 3,6 miliardi di euro e una crescita stimata a 6 miliardi entro il 2013 – sotto le feste sa comportarsi ancora come i padroni di una volta. Come un padre, buono ma severo. La vigilia scende tra i dipendenti come fosse Babbo Natale e fa gli auguri a nome della famiglia, famiglia Marcegaglia, la più importante realtà italiana nella produzione di tubi trafilati in acciaio e carbonio. Questa volta però il papà di Emma, la presidente di Confindustria che predica sacrifici alle vite degli altri, non si è palesato ai suoi operai solo per il salutino di rito e la fetta di penettone ma anche per attaccare la Fiom che si ostina a non firmare l’accordo sul salario d’ingresso.
E’ un suo vecchio cavallo di battaglia il salario d’ingresso, tanto che Steno Marcegalia da un anno e mezzo ha aperto un contenzioso in tutti i suoi stabilimenti sulla base di una falsa promessa: la presunta assunzione di 250 persone (finora ne ha assunte solo 100) a patto che accettino una riduzione secca dello stipendio. Proprio per questo il tribunale di Ravenna, dove ha sede una delle fabbriche più importanti, lo ha già condannato per attività anti sindacale (aveva utilizzato 40 lavoratori in modo scorretto utilizzando il salario d’ingresso).
La comparsata del cavalier Steno, nello stabilimento di Contino e nella sede di Gazoldo degli Ippoliti, nel mantovano, ieri si è trasformata in un surreale set fantozziano, con tutti i lavoratori obbligati ad ascoltare la predica contro la Fiom senza poter nemmeno fiatare (più della metà degli abitanti di Gazoldo, tanto per intenderci, lavora alla Marcegaglia, compreso il sindaco…). Il predicozzo natalizio non è stato uno sfogo ma un’autentica minaccia. Il messaggio, reiterato in più di mezz’ora di intervento, è stato piuttosto esplicito: se la Fiom si ostina a non firmare l’accordo sul salario d’ingresso, lui potrebbe essere costretto a disinvestire, ad esternalizzare e un giorno, perché no?, magari anche a licenziare. E non si tratta di un’ipotesi tanto remota. Negli stabilimenti, per esempio, attualmente ci sono quaranta lavoratori interinali con il contratto in scadenza, e giusto perché il cavalier Steno, bontà sua, non vuole lasciarli a casa durante le feste natalizie il contratto è stato rinnovato, ma di un solo mese, «visto che non accettate le assunzioni col salario d’ingresso…».
Questo è il clima che si respira nelle fabbriche, non in crisi, del gruppo della presidente di Confindustria (anche se dal 2008 sembra che le cose non stiano girando proprio per il verso giusto). «L’azienda – spiega Mirco Rota, segretario generale della Fiom Lombardia – sta cercando di dipingere la Fiom come il sindacato che è contro le assunzioni, quando siamo proprio noi ad aver chiesto l’assunzione dei quaranta lavoratori interinali sotto ricatto. Il gruppo Marcegaglia, invece, è disposto ad assumere solo imponendo una diminuzione secca dello stipendio che può arrivare fino a 400 euro in meno in busta paga. L’incredibile assemblea di ieri lo dimostra: con la logica del ricatto e della minaccia vogliono spaventare i lavoratori e metterli contro i nostri delegati. Steno Marcegaglia però si è dimenticato di dire che le assunzioni non ci saranno più non certo per colpa del salario d’ingresso ma per la difficile situazione in cui si trovano molti stabilimenti del gruppo».

da “il manifesto”

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