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Roma Bene Comune. Non basta usurpare un nome

L’esperienza di Roma Bene Comune ha attraversato questa città a lungo, producendo percorsi condivisi di conflitto che hanno spesso impattato con l’amministrazione di Alemanno, rivendicando con forza il diritto alla casa, al reddito, a decidere delle sorti urbanistiche, sociali, culturali e ambientali di Roma. Affermando in forma indipendente una forte distanza dalle forze politiche che affollano i palazzi del potere.

Roma Bene Comune ha rappresentato per i movimenti e per il sindacalismo conflittuale un importante spazio di confronto e di mobilitazione.

Lo sciopero metropolitano del 30 maggio 2011 è ancora negli occhi di chi vi ha partecipato, convinte/i che ci fossero le condizioni per imporre tutela dei diritti e un diverso modello di sviluppo. La composizione sociale che si è espressa in quel percorso di lotta è stata il prodotto di un’articolazione ricchissima di rivendicazioni: dal no alla privatizzazione dell’acqua, dei nidi e della sanità, alle lotte degli operatori sociali contro i tagli al welfare e contro il ricatto dei licenziamenti, dall’affermazione di esperienze culturali autogestite alle mobilitazioni per un reddito di cittadinanza, dalle battaglie contro i rincari delle tariffe alla difesa del trasporto pubblico.

L’esperienza di cui parliamo non ha mai confuso la sostanza con la forma e non ha mai pensato che il conflitto si potesse simulare, si è opposta alla messa in vendita della città e non ha mai lavorato ad ipotesi di riduzione del danno. Ha affermato la necessità che bisognava farla finita con il cemento, ha combattuto la rendita insieme alle precarie e ai precari che abitano Roma, in forma meticcia. Occupando spazi abitativi e non, ha sostenuto l’idea che contro i signori del mattone ci si batte sottraendo territorio alla speculazione ed esercitando contropotere.

Soprattutto Roma Bene Comune non si è percepita mai come un contenitore, come un’esperienza che potesse avere uno sbocco elettorale, delegando a qualcuno/a una funzione che pensiamo debba essere collettiva ed autorganizzata.

Ora assistiamo ad una degenerazione dell’utilizzo di un nome, perché la coalizione che se ne sta appropriando per gestirlo nelle prossime elezioni comunali è quanto di più lontano dall’esperienza che abbiamo sostenuto.

Chi ha deciso di utilizzare il logo Roma Bene Comune, mischiando opportunismo e fascinazione, potrà soltanto recuperare un nome buono per sostenere Marino e con esso difendere e consolidare un sistema di potere di cui ci dovremmo liberare.

Che se ne vadano tutti e che non ne resti nessuno.

Ci vediamo in città!

Blocchi Precari Metropolitani

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